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Medici sempre più all’angolo

di Giuseppe Belleri

28 APR -

Gentile Direttore,
anch'io come altri colleghi sono rimasto deluso dalla relazione al convegno romano sulla “questione medica” presentata del presidente Anelli, che ha compilato un cahiers de doléances di sintomi senza il tentativo di chiarire fisiopatologia ed eziologia per arrivare ad una diagnosi del morbo che contagia la categoria. Lo ha fatto invece senza eufemismi il presidente nazionale CNAI proponendo una diagnosi certa: la "lobby" medica si lagna per la perdita della storica centralità/dominanza sistemica – secondo altri di matrice corporativa - che garantiva privilegi di status e una rendita di posizione sociale, economica ed egemonica su mercato e professioni "ancillari", anacronistica ed ormai avviata sul viale del tramonto.

Ne consegue la svalutazione del malessere dei medici, rilevato dall’indagine presentata al convegno, a fronte dei bisogni dei malati, come se burn-out, abbandoni, organici carenti e disaffezione lavorativa - dei medici e degli stessi infermieri - non si potessero riverberare sulla qualità delle cure prestate ai pazienti. Peraltro la rivendicazione della “pratica infermieristica avanzata e autonoma con la prescrizione” fa il paio con la contestata promozione a infermiere generico degli OSS, proposta dalla regione Veneto e tacciata di usurpazione dalle organizzazioni infermieristiche.

In pratica i medici sono nell'angolo per aver approfittato di una delega in bianco concessa loro dalla società, via via revocata per fare spazio a interessi e professioni emergenti, in un mercato del lavoro dominato da una differenziazione tecno-scientifica inarrestabile. Insomma si tratterebbe dell’ultimo atto della parabola discendente di una dominanza elitaria, peraltro residuale e da tempo attestata ai soli piani alti della stratificazione professionale accademica e burocratico-manageriale, e non certo appannaggio dei peones della "lobby" generalista che annaspa nella palude territoriale.

Numerosi sono i sintomi di questa sorta di assedio sotto la spinta di crisi economiche ricorrenti e di una finanza pubblica in perenne affanno. Dietro il paravento retorico della piaggeria da "ruolo centrale" la politica ha da tempo eroso la presunta centralità con una collezione di inadempienze, disinteresse, incuria e sistematici rinvii di contratti e convenzioni, esternalizzazioni, precariato, ricorso alla concorrenza interna del quasi mercato, sottofinanziamenti e privatizzazioni striscianti i cui effetti sono emersi con la pandemia; l’accettazione passiva di questo stato di cose ha indebolito la tenuta di una rappresentanza sindacale sempre disponibile alla collaborazione per ottenere vantaggi marginali, pur a prezzo di subalternità culturale alle burocrazie politiche e manageriali.

Non è superfluo elencare gli effetti perversi dello sgretolamento della (fantomatica) dominanza medica, sotto i colpi congiunti provenienti dal mercato e dalla medicina amministrata: un accanimento burocratico che ha raggiunto l'acme con le ultime note Aifa corredate da Piani Terapeutici vessatori, una deprofessionalizzazione per l’imposizione di mansioni da impiegato esecutivo espletate su farraginose piattaforme informatiche a silos/monadi, una proletarizzazione per compiti routinari nelle catene di montaggio del business a beneficio degli azionisti delle aziende for profit. Il tutto a scapito del tempo, della personalizzazione e dell’empatia nella relazione di cura, a parole incentivata come priorità etica ma empiricamente negata.

Tuttavia non si può omettere il contributo dato dal circuito mediatico, accademico e industriale a quello che il compianto Gianfranco Domenighetti definiva il conflitto di interessi originario, a base di “aspettative verso l'efficacia dell’impresa medico-sanitaria che vanno al di là di ogni ragionevole evidenza scientifica” per via degli inevitabili limiti dalla “medicina impossibile” e insostenibile, come ammoniva a fine ‘900 Daniel Callahan, ma rilanciati da una diffusa medicalizzazione nonostante le esperienze dissonanti di medici e pazienti. Attese irrealistiche frutto di una definizione di salute positiva e troppo generosa, come quella del 1948 dell’Oms, che in sinergia con una malintesa cultura dei diritti ha legittimato bisogni soggettivi virtualmente illimitati, i cui nodi vengono al pettine principalmente nell'arena territoriale e trovano soddisfazione nell'ampia offerta esibita sugli scaffali del supermarket liberista.

Le "famigerate" note Aifa (copyright dell’ex ministro Umberto Veronesi) costituiscono un caso paradigmatico dei paradossi generati quotidianamente dalla discrasia tra attese e menù offerto dal convento: alla negazione del farmaco con Nota richiesto dall’“esigente” in modo sbrigativo, ma improprio rispetto ai vincoli prescrittivi, scatta di default la ricusazione dell’utente capriccioso e risentito. Così il MMG si trova stretto nel dilemma tra disciplina verso le norme di appropriatezza e il ricatto della revoca facile, disponibile anche on-line al primo diniego.

Ma alla controparte interessano poco o nulla queste insignificanti dinamiche ed altre consimili, ad esempio correlate ad accertamenti suggeriti in violazione dei Lea della diagnostica, salvo poi scoprire, magari con stupore, gli effetti controproducenti dello stillicidio quotidiano di tensioni, fino all’aperto conflitto non solo verbale: burn-out, insoddisfazione e stress generalizzato, defezioni da pensionamento anticipato, riparo all'estero o verso i lidi libero professionali dei diplomati al Corso di formazione in MG, zone carenti per anni con interi territori desertificati, pervasivi comportamenti difensivi, crisi vocazionale per scarso appeal della professione, dimissioni volontarie dagli ospedali ed infine trentenni desiderosi di quiescenza.

Di fronte alla platea impensierita il Ministro è stato tranquillizzante: questi esiti erano ampiamente attesi e solo in apparenza preoccupanti. I prossimi 2/3 anni di confusione, disagi, abbandoni di massa, frustrazioni per liste d'attesa infinite e deficit di offerta per carenza di medici ospedalieri e del territorio, erano messi in conto di una "fisiologica" transizione, in attesa dei risolutivi effetti delle contromisure adottate nell'ultimo periodo.

Come se da anni il ministero fosse stato retto da un alieno indifferente alle sorti della sanità italiana. Come se fosse tutto inevitabile e non rimediabile da una gestione oculata e previdente. Forse è il prezzo che la politica é disposta a pagare per mettere definitivamente in riga la fantomatica dominanza medica?

Dott. Giuseppe Belleri

MMG in pensione e animatore SIMG



28 aprile 2022
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