Sicurezza sul lavoro. Ma per il Governo è veramente una priorità?
09 MAG -
Gentile Direttore,come succede ad ogni infortunio mortale un faro si accende sul tema della sicurezza sul lavoro. Faro che torna lumino fioco in ventiquattr’ore. Eppure in queste settimane, comprensive della Giornata internazionale della sicurezza sul lavoro il 28 aprile, sono accaduti alcuni fatti che tanto fanno pensare allo stato dell’arte per la nostra figura professionale, per il concetto di prevenzione e per quello di salute del lavoratore.
Il 21 aprile è stata pubblicata la relazione intermedia della Commissione parlamentare su condizioni di lavoro, sfruttamento e sicurezza nei luoghi di lavoro. Il testo è frutto di un’analisi e ricognizione che ha visto coinvolti diversi portatori d’interesse attraverso delle audizioni parlamentari. Chi è stato audito? I ministri del Lavoro e dell’Agricoltura; il Procuratore generale della Cassazione; il capo dell’Ispettorato nazionale del lavoro (INL); i presidenti di INAIL, CNEL, Assologistica, ANMIL e dei costruttori edili.
Lampante è l’assenza del Ministro della Salute, pur essendo la sicurezza sul lavoro competenza anche del suo dicastero, tramite l’articolo 21 della L. 833/78.
Concentriamoci su alcuni passaggi delle audizioni del Ministro Orlando (6 luglio) e del capo INL Giordano (22 luglio).
“Dobbiamo tornare – spiega Orlando –, dopo gli anni dei tagli anche in questo settore, ad investire di più in prevenzione, informazione, formazione, assistenza e vigilanza, soprattutto in quella primaria (…). Come ormai dimostrato da diversi studi per ogni euro investito in prevenzione vi sono 4 euro di guadagno in salute. È anche per questi motivi che la riforma sanitaria, con lungimiranza, ha inserito le funzioni di prevenzione nel Servizio sanitario nazionale, demandandole ai servizi ispettivi delle ASL, a cui è attribuita – e va mantenuta – la principale attività di prevenzione e vigilanza”. Non si può che essere d'accordo con le sue parole. È l’ultimo passaggio a suscitare perplessità: le dichiarazioni sono del 6 luglio, da lì a qualche mese sarà varata la mini-riforma della vigilanza con l'equiparazione dell'INL alle ASL.
E ancora: “Sono diminuiti del 50 % in dieci anni gli ispettori ASL; sono sempre troppi gli organi di vigilanza che non riescono a coordinarsi: ogni regione e le due province autonome adottano una propria politica di prevenzione, con diverse sensibilità rispetto alle imprese”. E anche qui non può che esserci accordo. Ciò non toglie che, anche se il decentramento amministrativo in materia di sanità pubblica sia passato alle Regioni, le politiche di indirizzo e coordinamento centrale potevano essere esercitate a pieno diritto, pur rimanendo le ASL capofila nelle attività di prevenzione sui luoghi di lavoro.
Il 22 luglio Bruno Giordano, capo INL, afferma: “Abbiamo una realtà in materia di sicurezza del lavoro affidata in via generale alle Regioni e quindi alle ASL, e una competenza statale affidata all’INL solo in alcune materie. Sembra paradossale, ma in Italia abbiamo circa 2.500 ispettori delle ASL che si occupano di tutta la sicurezza in generale, mentre gli ispettori del lavoro, che sono più del doppio, si occupano soltanto dell’edilizia e di altri campi relativamente al rapporto di lavoro. Questo sistema non è previsto dalla Costituzione e quindi può essere modificato più agevolmente, ferma restando la competenza in materia sanitaria delle ASL”.
Sembra che sia una passeggiata controllare le misure per salute e sicurezza in un luogo di lavoro (DVR, requisiti igienico-strutturali, attrezzature, DPI, agenti fisici, chimici, ecc.).
Che il controllo sulla SSL non sia un gioco da ragazzi è stato compreso dagli stessi dipendenti INL. Il 29 aprile scorso Il Fatto riporta alcune prese di posizione: “L'idea dell'ispettore unico e onnisciente è semplicemente impossibile, e la transizione non sta funzionando”. Un dipendente INAIL rincara: “Dopo anni di affiancamenti e formazione, ancora non conosco un ispettore INL davvero autonomo nella nostra materia”. Il collega INL, in riferimento al bando di concorso per l'Ispettorato che prevede l'accesso tramite una qualsiasi triennale: “Un laureato in filosofia che azzecca il test a crocette entrerà nei ruoli tecnici: siamo all'improvvisazione, e si rischiano danni enormi”. Un rischio di danni enormi non solo ad imprese e lavoratori, ma anche agli stessi ispettori che, con una sospensione o sanzione mal impostata, possono essere facile oggetto di contestazione, con ricorsi e risarcimenti.
Agli allarmi lanciati Orlando replica con la formazione degli ispettori neo-assunti, facendo supporre che una semplice formazione aziendale è equiparabile ad almeno tre anni di studi universitari, tralasciando magistrale, specializzazioni e master.
Mai avremmo pensato di trovare tanta non curanza verso una figura professionale formata a livello universitario sui fattori di rischio nei luoghi di vita e di lavoro. Non curanza che a tratti diviene disprezzo (vedasi il bando di concorso aperto a tutti per l’INL ed il bando INAIL per consulenti per la prevenzione e la valutazione dei rischi ove non rientra la nostra laurea).
Fare prevenzione non significa fare multe. Valutare i rischi non è una passeggiata: può valere anche una vita umana. Una tale indifferenza verso i TdP, oltre a fornire il segno di una mancanza di visione sconcertante, chiarisce un punto: gli infortuni potranno essere ridotti a trafiletti sul giornale per una mossa comunicativa, ma non scompariranno, a conferma che la prevenzione resta la cenerentola della sanità italiana. La questione finale è una e si ricollega a queste righe: ma i controlli nei luoghi di lavoro sono tesi a tutelare la salute dei lavoratori, prevenendo infortuni e malattie professionali, o hanno solo fini repressivi che si esauriscono con una semplice sanzione?
Alfredo Gabriele Di Placido Tecnico della Prevenzione nell’Ambiente e nei Luoghi di Lavoro, ATS UNPISIMaurizio MartinelliTecnico della Prevenzione nell’Ambiente e nei Luoghi di Lavoro, ATS UNPISI
09 maggio 2022
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