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Comunicare ambiente e salute: rischi, salute e prevenzione nel SIN Valle del Sacco… e non solo

Il Programma di valutazione epidemiologica della popolazione residente nel Sito di Interesse Nazionale (SIN) Valle del Sacco - INDACO (Indagini epidemiologiche SIN Valle del Sacco) ha ripreso il via con una serie iniziative per fornire alle amministrazioni e alla popolazione residente informazioni sullo stato di salute, sui rischi ambientali e sui cambiamenti da mettere in atto

06 MAG -

“Il modo migliore di trattare le questioni ambientali è quello di assicurare la partecipazione di tutti i cittadini interessati, ai diversi livelli”: questa asserzione espressa in occasione di un incontro internazionale svolto ormai trent’anni fa è stata ripresa da una convenzione promossa da Unione europea e Nazioni unite, che ha sancito che la partecipazione del pubblico ai processi decisionali sia la premessa per riconoscere “il diritto di ogni persona, nelle generazioni presenti e future, a vivere in un ambiente che ne assicuri salute e benessere”. Ma, in concreto, com’è possibile sensibilizzare i cittadini riguardo le relazioni tra ambiente e salute, e promuovere la loro partecipazione?

Un esempio viene dal Programma di valutazione epidemiologica della popolazione residente nel Sito di Interesse Nazionale (SIN) Valle del Sacco - INDACO (Indagini epidemiologiche SIN Valle del Sacco) - che ha ripreso il via con una serie iniziative per fornire alle amministrazioni e alla popolazione residente informazioni sullo stato di salute, sui rischi ambientali e sui cambiamenti da mettere in atto. Coordinata dal Dipartimento di epidemiologia del SSR del Lazio (DEP Lazio) nel mese di aprile 2022 è partita infatti la nuova fase di sorveglianza epidemiologica e di misurazione dell’esposizione dei cittadini a sostanze chimiche e inquinanti, ovvero il biomonitoraggio umano, grazie a una intesa firmata da Regione Lazio e Ministero della transizione ecologica.

Questi temi sono stati dibattuti il 3 maggio in un webinar promosso dalla Biblioteca Alessandro Liberati, in collaborazione con il DEP Lazio e coordinato da Paola Michelozzi (Direttore U.O.C. Epidemiologia Ambientale, Occupazionale e Registro Tumori), dedicato al tema della comunicazione del rischio nei SIN (siti di interesse Nazionale per la bonifica) che inizia con il racconto dell’inquinamento della Valle del fiume Sacco, uno dei 42 Siti di interesse per la bonifica presenti in Italia. La storia viene ripercorsa a partire dagli inizi del ‘900 quando inizia l’attività nell’area industriale di Colleferro legata alla produzione di esplosivi e all’industria chimica. Nel 2005 viene dichiarato lo stato di emergenza, a causa della contaminazione da beta-esaclorocicloesano, un prodotto intermedio nella produzione del lindano, un pesticida la cui produzione è stata presente nell’area per decenni, con lo smaltimento dei rifiuti tossici nel fiume, il veicolo attraverso cui la sostanza si è propagata nel suolo ed in tutte le matrici ambientali, interessando soprattutto le aree ripariali, contaminando gli animali di allevamento e, attraverso la catena alimentare, i residenti nell’area.

Come sottolinea Liliana Cori (IFC CNR Pisa), in aree con contaminazioni ambientali la comunicazione alla popolazione riveste un ruolo fondamentale. “Durante le ricerche, che svolgiamo da anni come CNR e anche in collaborazione con il DEP Lazio nei SIN – afferma Cori-, abbiamo visto che senza una continua comunicazione e un contatto con le persone, ci siamo trovati in situazioni di grande difficoltà”.

“Sappiamo ancora poco – prosegue Liliana Cori - ma comunque abbastanza per poter dire che il β-esaclorocicloesano non deve essere presente nell’organismo e nel sangue delle persone”. E questo è un aspetto fondamentale quando si parla la comunicazione del rischio nel caso del biomonitoraggio umano: in questi casi la comunicazione deve essere di qualità e intensità diversa rispetto a quella che possiamo normalmente condurre. Fare l’esame del sangue delle persone, o analizzare il latte materno, per sapere quali inquinanti ci siano nel loro corpo è ben diverso dal fare monitoraggio dell’aria o dell’acqua; bisogna avere una cautela e una sensibilità maggiore e sapere che c’è bisogno di una comunicazione costante, informandosi sullo stato di salute e sulla percezione del rischio delle persone, restituendogli anche risultati intermedi, andandoli a tutelare e discutendo con loro, e infine realizzare questionari, riunioni, assemblee.

Quali sono dunque le questioni centrali occupandosi di comunicazione del rischio?
“La fiducia in chi si sta occupando della problematica – afferma ancora Liliana Cori – e poi il tema della responsabilità, ovvero definire bene chi deve fare cosa, quali strumenti hanno le persone per proteggersi”. E questo ci porta al tema della governance, il sistema di governo del rischio. Si è scritto tanto sulla governance, ed ha a che fare con la trasparenza, l’efficacia e la valutazione degli interventi. Nel libro “Comunicare ambiente e salute” di Liliana Cori, Simona Re, Fabrizio Bianchi e Luca Carra si evidenzia l’importanza di avere una governance forte, in grado di affrontare e avere gli strumenti per risolvere il problema.

Tema in parte ripreso anche dall’intervento di Fiorella Fantini, uno dei medici del Dipartimento di Prevenzione dell’ASL Roma5, che si è occupata del SIN Valle del Sacco sin dagli anni ’90.
“Quando si parla di comunicazione – dice Fantini - penso alla difficoltà che abbiamo noi operatori della sanità quando vorremmo farci ascoltare dai decisori politici”.

Anche comunicare l’incertezza non è stato facile. “Dovevamo convincere – prosegue ancora Fantini - la gente a sottoporsi a delle analisi, oltre a dover rispondere a domande lecite sullo stato di salute, con conoscenze parziali sugli effetti del beta-HCH, sui danni che l’esposizione cronica può determinare sull’organismo umano”.   Nonostante tutto però con la popolazione è sempre stato presente un rapporto di fiducia, soprattutto all’inizio quando la ASL ha predisposto depliant informativi inviati in tutte le abitazioni, con notizie essenziali su quello che si sapeva sul β-HCH, oltre a fornire alle famiglie contatti e i numeri di telefono, con gli operatori della ASL che si sono resi pienamente disponibili.

Un altro aspetto cruciale che emerge dalle parole di Fiorella Fantini è l’importanza dei medici di famiglia, quanto averli coinvolti abbia aiutato nella comunicazione, soprattutto in alcuni territori della regione, come quella della Valle del Sacco, dove il medico di medicina generale rappresenta il punto di riferimento cui la popolazione si rivolge e attraverso di loro si può migliorare la fiducia.

Daniela Porta, del DEP Lazio, sottolinea come la sorveglianza prevedesse non solo il prelievo del sangue ma anche un questionario approfondito e visite mediche. “Nel 2019 la Regione ha approvato un’estensione della Sorveglianza e del biomonitoraggio anche ad un campione di 1200 residenti nel SIN e in questa nuova fase – sottolinea Daniela Porta – sono previste interviste telefoniche, oltre a prelievi di sangue, gli esami di laboratorio per la funzionalità dei vari organi,  misurazioni antropometriche e della pressione. Contemporaneamente si è pensato di allargare l’indagine sugli stili di vita e sulla percezione del rischio, con una survey anonima online che sarà rivolta a tutta la popolazione del SIN”.

Anche Fabrizio Bianchi (IFC CNR Pisa) torna sul tema della fiducia da parte della popolazione, e di una comunicazione trasparente, poiché la mancata chiarezza si può trasformare in sfiducia verso le Istituzioni. “Si deve prevenire la sfiducia e quando questa è presente bisogna capirne il motivo e lavorare sulle cause”, afferma Bianchi.
Così come è fondamentale servirsi di una base scientifica per le decisioni, ed è pertanto necessario comprendere la definizione del territorio e della popolazione a più alto rischio, al fine di mettere in atto le misure di prevenzione e capire come indirizzare interventi verso chi ne ha più bisogno.
“Interventi di prevenzione, di risanamento, compensazione, risarcimento sono tutte attività gravate da responsabilità – prosegue Bianchi - perché distribuire secondo il principio di uguaglianza può anche accentuare iniquità di rischio ambientale e sanitario”. Sono tante le situazioni in cui è importante tener conto di questo principio, anche nella campagna di biomonitoraggio ad esempio è cruciale sapere quali siano le comunità più esposte e a chi fornire maggiori benefici.

Su questo problema e su quello della distanza delle Istituzioni torna ancora Luca Carra (direttore Scienza in rete), che a livello giornalistico si è occupato per anni di questi temi e che sottolinea come ha spesso visto “un forte coinvolgimento della parte di epidemiologia e di sanità pubblica, ma una maggiore distanza da parte delle Istituzioni”.
“È importante – afferma sempre Carra – il fatto che vengano realizzate delle survey, perché è fondamentale ascoltare la popolazione”. E soprattutto, come è emerso da questo BAL Talk, fornire una corretta informazione. Che si tratti di aree ad alto rischio ambientale, di cambiamenti climatici, di pandemia o altro, la comunicazione del rischio deve passare attraverso temi come fiducia, conoscenza, rispetto e ascolto delle persone, per aiutare anche le Istituzioni a prendere le decisioni migliori.

E ovviamente non può che riallacciarsi a questo tema Alberto Valleriani di Associazione cittadinanza RETUVASA, che ha seguito in prima persona la questione della Valle del Sacco e che sostiene come i problemi legati alla comunicazione nascono quando non manca la trasparenza da parte delle istituzioni sull’accaduto e sui possibili rischi, creando allarme nella popolazione. “È fondamentale – afferma Valleriani – condividere le informazioni scientifiche con i cittadini, perché questo porta alla conoscenza. E la conoscenza da parte dei cittadini permette partecipazione e collaborazione, lavorando di comune accordo in situazioni complesse come quelle della Valle del Sacco”.

A concludere il BAL Talk Francesco Forastiere (Direttore scientifico di Epidemiologia e Prevenzione), impegnato per anni nello studio della Valle del Sacco, che sottolinea come il lavoro nel SIN sia stato un importante laboratorio di ricerca epidemiologica  che ha dovuto affrontare molte criticità legate all’incertezza, alla mancanza di strumenti adeguati (es. nelle prime fasi non c’erano laboratori di analisi in Italia in grado analizzare i campioni di sangue), e conclude ricordando che nei siti contaminati il tema del risanamento ambientale e della bonifica rimangono le questioni cruciali da affrontare per riqualificare il territorio e promuovere lo sviluppo dell’economia locale.

Tiziano Costantini
Dipartimento di Epidemiologia SSR Lazio

 



06 maggio 2022
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