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Case di comunità. Fnopi: “Deve essere nodo della rete territoriale, da sola non può garantire prossimità”


Deve essere legata a tutto quello che c'è sul territorio: gli studi dei medici di medicina generale se sono fuori la Casa di comunità, i pediatri, le farmacie, comunali o private, gli specialisti ambulatoriali, tutta la rete privata accreditata, tutta la rete socio assistenziale, tutta la rete dei comuni e del Terzo settore

13 SET - “Ogni volta che si affronta il tema delle Case di comunità la prima osservazione da parte della stampa è: se non c'è dentro un medico, a cosa servono? Credo sia il caso di provare a cambiare la narrazione, perché se pensiamo che la Casa di comunità sia un piccolo ospedale è ovvio che mi aspetto di trovare medici e infermieri, è un'evoluzione anche dal punto di vista semantico, dove c'è una collaborazione della 'community building' con la rete delle amministrazioni locali, con i comuni e con tutti quelli che sono fuori della Casa di comunità”. Lo ha detto la presidente nazionale Ordine degli infermieri (Fnopi), Barbara Mangiacavalli, in occasione della seconda edizione degli Stati Generali della comunicazione per la Salute, in corso a Roma presso l'Azienda Ospedaliera San Giovanni Addolorata.

“Ovvio- ha proseguito- che la Casa di comunità, ogni 50mila abitanti, non garantisce la prossimità, da sola. La garantisce se è in rete ed è un nodo della rete di tutto quello che c'è sul territorio: gli studi dei medici di medicina generale se sono fuori la Casa di comunità, i pediatri, le farmacie, comunali o private, gli specialisti ambulatoriali, tutta la rete privata accreditata, tutta la rete socio assistenziale, tutta la rete dei comuni e del Terzo settore. È così che la Casa di comunità garantisce prossimità. Per quanto riguarda la nostra professione- ha poi detto Mangiacavalli- noi abbiamo compreso, non condiviso, la retorica degli eroi. Quello che hanno fatto gli infermieri e tutti gli altri professionisti sanitari lo hanno sempre fatto prima e stanno continuando a farlo adesso. E mi viene da dire che lo stanno facendo alle stesse condizioni critiche. I giovani- ha informato la presidente Fnopi- scelgono la professione infermieristica, magari in misura minore. Il problema è che poi c'è una disaffezione rispetto alle condizioni di esercizio quotidiano e rispetto al fatto che un giovane sa che è una professione che stenta ancora a decollare come riconoscimento della competenza, dell'autonomia, della responsabilità e quindi, conseguentemente, di uno sviluppo di carriera non tanto sulla parte gestionale e organizzativa, quanto su un esercizio di competenze specialistiche che i nostri giovani colleghi hanno. La riprova è che noi abbiamo i laureati del terzo anno che vengono cercati dai Paesi che, insieme a noi, soffrono una carenza professionale importante. A questi colleghi stanno offrendo uno stipendio settimanale, l'equivalente, se non di più, di uno stipendio mensile italiano. Abbiamo bisogno di tenere nel nostro Paese i professionisti formati in Italia- ha affermato la presidente nazionale Ordine degli infermieri- perché ne stanno beneficiando altri Paesi. Noi intanto continuiamo a rincorrere surrogati e a procedure tampone. È come se avessimo regalato competenze e formazione ad altri Paesi- ha concluso- e poi per i nostri cittadini ci accontentiamo di soluzioni tampone”.

13 settembre 2023
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