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Farmaci e farmacie. Catricalà (Antitrust): “Senza concorrenza non si esce dalla crisi”


Quasi uno slogan, che però riassume bene il senso della relazione annuale al Parlamento dell'Antitrust. E che si addice anche alle riflessioni sulla sanità. In particolare sulle parafarmacie e i farmaci equivalenti che, secondo il presidente Antonio Catricalà, sono vittime di "effetti distorivi della concorrenza" e di "difficoltà concorrenziali" che minano il loro sviluppo e le loro potenzialità.

21 GIU - “Il pregiudizio che il mercato unico costituisca una minaccia ai sistemi sociali nazionali è di ostacolo al conseguimento dell’obiettivo. Vanno quindi rimossi i vincoli normativi e culturali che impediscono il libero esercizio della concorrenza”. Così Antonio Catricalà, presidente dell’Autorità garante per la concorrenza e il mercato – l’Antitrust – ha aperto la relazione annuale al Parlamento sull’attività della stessa Authority, tenutasi questa mattina a Montecitorio.
Un incipit che sembra comprendere nel suo raggio d’azione anche la sanità che ha trovato spazio in più parti della relazione.
Tra i casi evidenziati, infatti, ci sono le segnalazioni presentate dall’Autorità al Parlamento e all’Agenzia italiana del farmaco, in ordine, rispettivamente, ai vincoli all’apertura delle parafarmacie e alla diffusione dei farmaci generici.
Nel primo caso l’Authority aveva sottolineato “gli effetti distorsivi della concorrenza” derivanti dall’eventuale approvazione di un disegno di legge che, appunto, prevedeva la sospensione dell’apertura di nuove parafarmacie in attesa della ridefinizione della disciplina relativa alla vendita dei farmaci e comunque una loro limitazione numerica, sulla base di criteri demografici per ciascun Comune. Queste norme – ha sottolineato Catricalà – appartengono a un “filone” da tempo contestato dall’Antitrust proprio perché “delineano un’inversione di tendenza rispetto all’auspicabile e avviato processo di liberalizzazione della distribuzione farmaceutica”. E le parafarmacie, in quel modo, non avrebbero più potuto esercitare “un’effettiva pressione concorrenziale nei confronti delle farmacie”.
Per quanto riguarda invece il mercato dei medicinali generici-equivalenti, la segnalazione riguardava le “difficoltà concorrenziali” derivanti “dalle procedure seguite in sede di rilascio delle autorizzazioni di immissione in commercio di medicinali generici di una specialità di riferimento”. Oggetto del contendere in quel caso erano state le controversie relative al rispetto delle norme in materia di proprietà industriale. Che, a detta dell’Antitrust, ostacolavano “il processo di apertura del mercato farmaceutico”. Pur rispettando il valore della tutela brevettuale per le imprese produttrici delle specialità di riferimento – “fondamentale per favorire la competizione fondata sull’innovazione di prodotto” – le “liti” potevano avere anche “la finalità strategica di ritardare o impedire l’ingresso dei concorrenti sul mercato”. L’Autorità, a quel proposito, aveva ritenuto che le sospensioni delle procedure di Aic a causa dell’eventuale contenzioso sulla violazione della proprietà industriale potessero risultare “pregiudizievoli” per l’ingresso di farmaci generici nel Prontuario. E aveva citato a sostegno di questa tesi la sentenza del Consiglio di Stato (3993/2004) che, interpretando l’articolo 10 del Dlgs 219/2006, portava a considerare i soggetti che concedono l’autorizzazione “esentati da qualsiasi indagine circa l’esistenza di una protezione brevettuale e commerciale”. In questo senso, dunque, è andato l’auspicio dell’Antitrust per uno svolgimento delle procedure di immissione in commercio di generici, “con modalità tali da consentire l’ingresso di imprese produttrici di farmaci generici in tempi utili per avviare un effettivo processo concorrenziale”.
 

21 giugno 2011
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