Bloccare il payback per gli anni 2019–2024 e cancellarlo definitivamente per il futuro, auspicabilmente già dal 2025. Identificare nuove forme di gestione e controllo della spesa e, nel frattempo, rimodulare i tetti di spesa dei dispositivi medici per allinearli alla reale domanda di salute e alla media europea del 7%. Mitigare l’impatto del payback 2015-2018 attraverso un ulteriore finanziamento statale, forme di rateizzazione e supporto con garanzia statale per l’accesso al credito. Posticipare di un anno i termini di pagamento della tassa dello 0,75% sul fatturato delle imprese dei dispositivi medici, oggi dovuta al 31 dicembre 2024. Queste le richieste del Presidente di Confindustria Dispositivi Medici, Nicola Barni, in audizione sulla manovra delle Commissioni riunite Bilancio di Camera e Senato, che ha sottolineato l’urgenza di iniziare a risolvere oggi questo vulnus del payback per il passato e per il futuro in modo da dare alle imprese del settore un segnale chiaro, che si avvii un percorso di collaborazione tra imprese e istituzioni per superare definitivamente la norma.
“Riteniamo auspicabile – ha spiegato il Presidente di Confindustria dispositivi medici in audizione - che si avvii un confronto permanente con le istituzioni per elaborare nuovi sistemi di governance del settore che permettano una programmazione virtuosa e accurata della spesa sanitaria in dispositivi medici, con meccanismi di controllo della spesa consapevoli e responsabili con l’obiettivo di un SSN sostenibile. Non possiamo scaricare sulle imprese, creando un danno collaterale per la filiera produttiva e distributiva, il fatto che la spesa non sia stata adeguata a coprire i reali fabbisogni di salute della popolazione, una popolazione che vive più a lungo ed è caratterizzata da un aumento progressivo delle patologie croniche”.
Qualora il payback non fosse immediatamente bloccato per il futuro e gli sforamenti richiesti alle imprese fossero confermati senza ulteriori interventi, gli effetti sulla filiera della salute all’interno degli ospedali e sull’intero servizio sanitario pubblico sarebbero disastrosi. La crisi e il blocco delle catene di produzione e distribuzione significherebbero una minore disponibilità di dispositivi medici nelle strutture sanitarie pubbliche, un livello di innovatività nei device significativamente inferiore a disposizione dei medici con impatto immediato sulla qualità del lavoro di coloro che operano in corsia e nelle sale operatorie, sulla capacità di diagnostica preventiva e sulla quantità di percorsi formativi per i clinici.
Per evidenziare a gran voce le irreversibili conseguenze causate da questa iniqua misura, Confindustria dispositivi medici ha lanciato nei giorni scorsi la campagna social #nopayback per la sanità del futuro.