La difficile situazione in cui si trova la medicina di emergenza-urgenza oggi in Italia rappresenta la "punta dell'iceberg" e la conseguenza di problemi complessi, spesso inveterati, connessi gli uni con gli altri. Tra le cause principali: la carenza di personale medico e infermieristico, si stima che nel settore dell'emergenza-urgenza manchino oltre 4.500 medici e circa 10.000 infermieri; i tempi di attesa per il ricovero (boarding), stante la carenza di posti letto disponibili nei reparti di degenza causata dalla difficoltà a garantire un turnover adeguato; l'elevato numero di accessi impropri.
Ma anche il progressivo invecchiamento della popolazione; così come la disaffezione per la medicina di emergenza-urgenza, anche – ma non solo – da parte dei giovani medici, che sono sempre meno indotti a scegliere una specialità faticosa e con impatto negativo sulla qualità di vita, mal remunerata.
Questo quanto emerso dall'indagine avviata dalla commissione Affari Sociali della Camera con l'obiettivo di individuare delle soluzioni sostenibili a fronte della difficile situazione delineata, una volta messe a fuoco le cause principali, grazie al contributo degli esperti nei vari settori, intervenuti in audizione.
Alla luce delle valutazioni, queste le principali soluzioni delineate nel documento conclusivo approvato nella seduta di ieri.
1) Potenziamento della medicina del territorio. A conclusione dell'indagine, sembra non esserci dubbio sul fatto che, se si vuole provare a risolvere la situazione problematica in cui versa attualmente la medicina di emergenza-urgenza, sia fondamentale realizzare una vera e propria riforma del sistema nel suo complesso, potenziando la medicina territoriale. Solo agendo in questa direzione si potrebbero intercettare le richieste di salute non connotate da effettiva urgenza, che attualmente si concentrano impropriamente sul pronto soccorso, con gravi conseguenze sul piano del sovraffollamento.
2) Maggiore disponibilità di posti letto. Dalla riorganizzazione della medicina del territorio, dallo sviluppo delle strutture intermedie per le cure a bassa intensità, dalla maggiore integrazione ospedale-territorio, dovrebbe derivare una maggiore disponibilità di posti letto ospedalieri e il turnover di questi ultimi. Occorre, infatti, decongestionare il pronto soccorso sia in entrata che in uscita, attraverso l'allocazione appropriata delle basse priorità, da un lato, e assicurando le cure a elevata intensità ai pazienti che ne necessitano, dall'altro. L'approccio corretto al problema, dunque, passa sia attraverso l'erogazione di risorse che mediante la rimodulazione dei modelli organizzativi.
3) Riduzione delle liste di attesa. Il problema delle liste d'attesa rappresenta una delle cause principali del sovraffollamento dei pronto soccorso. Occorre, dunque, individuare una soluzione volta ad affrontare il problema in modo organico. In tal senso, oltre alle disposizioni recate dalla legge di bilancio per il 2024, che prevedono l'incremento delle tariffe orarie per tutte le prestazioni aggiuntive espletate dal personale medico e del comparto sanità, dal 2024 al 2026 (articolo 1, commi 218-221, della legge n. 213 del 2023) nonché la previsione per cui le regioni possono utilizzare una quota non superiore allo 0,4 per cento del livello di finanziamento indistinto del fabbisogno sanitario nazionale standard cui concorre lo Stato per l'anno 2024 per il recupero delle liste di attesa (comma 232 della medesima legge), presso il Ministero della salute è stato istituito il Tavolo tecnico per l'elaborazione e l'operatività del Piano nazionale di Governo delle liste d'attesa 2024-26, con l'obiettivo principale di innovare radicalmente gli strumenti di monitoraggio dei tempi di attesa al fine di renderli sempre più tempestivi e precisi, e prontamente disponibili per la programmazione.
Nell'ottica di un intervento innovativo, si dovrebbe puntare soprattutto su un'effettiva unificazione delle agende delle prenotazioni effettuate presso il soggetto pubblico e il privato accreditato. Altra esigenza è quella di realizzare un reale monitoraggio dei tempi delle singole aziende ospedaliere, in modo da erogare alle regioni finanziamenti mirati, non "a pioggi"». Un altro capitolo connesso riguarda il controllo sulle prescrizioni, che deve essere volto a contenere quelle concernenti prestazioni non realmente necessarie, che contribuiscono ad allungare le liste d'attesa.
4) Riorganizzazione del sistema dell'emergenza-urgenza. Occorre agire anche sul piano dei modelli organizzativi, in modo da rendere più efficiente il sistema dell'emergenza. Da più parti è stata sollevata, inoltre, l'esigenza di procedere alla revisione del decreto ministeriale n. 70 del 2015, in modo da realizzare compiutamente l'integrazione della rete dell'emergenza-urgenza nella rete ospedaliera. Tra le misure non procrastinabili, è stata individuata l'implementazione di percorsi alternativi per la presa in carico e la cura di situazioni classificabili come "urgenze minori", quali i percorsi a gestione infermieristica "see and treat" e i percorsi di presa in carico precoce "fast track", attivabili per codici a bassa e media complessità assistenziale. Di primaria importanza appare anche l'applicazione uniforme su tutto il territorio nazionale del Numero unico per le emergenze 112, nel quale viene convogliato, tra gli altri, il numero 118.
All'interno del pronto soccorso, particolare attenzione va assicurata al triage, che rappresenta lo snodo decisionale rispetto all'avvio dei pazienti verso il corretto percorso, alla distribuzione interna delle risorse (umane, strumentali, diagnostiche) e alla definizione delle interfacce in uscita (osservazione breve intensiva, ricovero ordinario, percorsi di presa in carico ambulatoriale, rete dei servizi territoriali). Al fine di provvedere alla copertura dei turni, stante la carenza di personale, è stata altresì avanzata la proposta di prevedere meccanismi di rotazione programmata di dirigenti aventi la specializzazione equipollente alla medicina di emergenza-urgenza, da preporre esclusivamente alla gestione dei codici 3-4-5, riservando ai medici specialisti in medicina d'emergenza-urgenza del pronto soccorso la gestione dei codici 1-2.
5) Potenziamento del personale. Non c'è soluzione indicata che non passi dal superamento dei tetti di spesa per consentire il reclutamento di nuovo personale sanitario. Per quanto concerne specificamente la medicina di emergenza-urgenza, il problema sembra essere legato anche alla scarsa attrattività del settore, per le ragioni che sono state più volte evidenziate. Uno degli strumenti ritenuti idonei ad attrarre il personale sanitario verso questo settore è la previsione di incentivi, non solo economici.
È emersa l'esigenza di abolire il fenomeno del ricorso alle cooperative per sopperire alla carenza di personale, ritenendosi che nel Servizio sanitario nazionale il rapporto tra datore di lavoro e professionista della salute debba essere individuale. La presenza dei cosiddetti "medici a gettone", inoltre, non contribuisce a mantenere un clima lavorativo sereno, stante soprattutto la differenza di trattamento economico tra costoro e i professionisti dipendenti dal Servizio sanitario nazionale.
6) Tutela del personale sanitario. È stata sollevata da più parti, da un lato, l'esigenza di tutelare il personale sanitario che opera nell'ambito della medicina dell'emergenza-urgenza contro le aggressioni fisiche e verbali, che colpiscono in modo particolare questa categoria di professionisti della sanità. La tutela passa dalla messa in sicurezza degli ambiti lavorativi, ad esempio attraverso la presenza di personale di polizia, ma soprattutto dalla formazione del personale sanitario sulle adeguate modalità di comunicazione con i pazienti e i loro parenti, nonché dal rafforzamento delle pene per chi aggredisce il personale o danneggia luoghi e attrezzature. Dall'altro lato, a fronte di un eccessivo contenzioso medico-legale, che costituisce un deterrente per lo svolgimento delle professioni sanitarie, soprattutto nell'ambito dell'emergenza-urgenza, è stata rappresentata più volte l'esigenza di depenalizzare l'atto medico.
7) Promozione della diffusione di corrette informazioni presso la popolazione. Un aspetto del problema è considerato la mancanza di una cultura sanitaria, per cui accade che i cittadini non riescano a valutare i propri bisogni, soprattutto per quanto riguarda l'accesso al sistema dell'emergenza, non riuscendo a distinguere un bisogno di assistenza sanitaria urgente da un sintomo che può essere affrontato in sede di medicina generale. A tal fine, occorrerebbero investimenti in tecnologia, affinché gli strumenti tecnologici possano essere considerati come la prima porta d'accesso al sistema sanitario. Lo scopo è quello di orientare la domanda di salute, di aumentare la consapevolezza dei cittadini, fornendo strumenti idonei e, al contempo, evitando di creare troppi canali, per scongiurare eventuali effetti distorsivi. È necessario che i cittadini siano responsabilizzati nelle loro richieste e che comprendano le difficoltà connesse al percorso assistenziale, facendosi carico anch'essi della funzionalità e della sostenibilità del Servizio sanitario nazionale.
G.R.