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Morte Morosini. Causa morte incerta. Ma sui defibrillatori in campo la parola spetta alle Regioni

di Giovanni Rodriquez

Nel DM del 18 marzo 2011 che fa riferimento alle legge n. 191/2009, viene infatti demandata alle Regioni la valutazione circa "l'opportunità di dotare di defibrillatori" i luoghi in cui si pratica attività sportiva. In assenza di obbligo, da anni la vicenda pare essersi arenata a livello territoriale.

16 APR - Un ragazzo con la maglia amaranto che corre dietro al pallone. Le gambe che cedono e il corpo che crolla, incontrollato, sotto il suo stesso peso. Si rialza ma cade nuovamente, tre volte, prima di accasciarsi definitivamente su quel prato verde che lo aveva visto protagonista di tante corse. I primi soccorsi, il massaggio cardiaco, l’arrivo dell’ambulanza e le lacrime dei compagni in campo. Nulla è servito.
Piermario Morosini si è spento così, sul suo amato campo di calcio, per un arresto cardiaco sul quale oggi l’autopsia tenterà di fare luce.
 Forse non è tempo per le polemiche, come ricordato dal suo amico e procuratore, Ernesto Randazzo, che conosceva il calciatore da 13 anni.

Ma, al di là delle cause specifiche che hanno provocato la morte del calciatore (la prima autopsia non ha ancora chiarito le cause) un dato è certo: il Decreto ministerale del 18 marzo 2011, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 129 del 6 giugno 2011, che fa riferimento alla legge n. 191/2009 (articolo 2, comma 46), in materia di utilizzo dei defibrillatori semiautomatici e automatici in ambiente extraospedaliero, sancisce che "va valutata sulla base dell'afflusso di utenti e di dati epidemiologici, l'opportunità di dotare di defibrillatori semiautomatici esterni luoghi in cui si pratica attività sportiva agonistica e non agonistica, anche a livello dilettantistico". Nella legge Finanziaria (191/2009), in base all'Accordo Stato-Regioni del febbraio 2003, sono stati stanziati complessivamente fondi per 8 mln di euro, destinati alle Regioni, per l'attuazione di programmi finalizzati alla diffusione dei defibrillatori semiautomatici. La palla è dunque passata dal Governo alle Regioni. Fatto sta che, in assenza di obbligo, la vicenda negli ultimi anni sembra essersi arenata a livello territoriale.


La presenza di un defibrillatore a bordo campo probabilmente non avrebbe cambiato il destino di Morosini ma, in ogni caso, è una sicurezza in più che permette, nell’eventualità di incidenti di questo genere, un intervento tempestivo che può salvare la vita. Intervento tempestivo che non può essere assicurato dalla sola presenza del defibrillatore ‘imprigionato’ all’interno di ambulanze non sempre presenti al di fuori delle strutture sportive. I primi minuti sono essenziali, al punto che in Paesi come l’Inghilterra è prevista la presenza obbligatoria di 4 postazioni per i defibrillatori ai 4 angoli del campo di gioco in tutte le categorie del campionato di calcio, in modo da dover coprire una superficie di intervento non superiore ai 40 metri per soccorrere l’atleta che potrebbe trovarsi in difficoltà.

"In mancanza di un’organizzazione adeguata per la gestione di urgenze sanitarie - ci ha detto Sandro Petrolati, cardiologo romano e direttore dei corsi di rianimazione cardiopolmonare avanzata per Italian Resuscitation Council -  lo svolgimento di eventi sportivi dovrebbe essere impedito". "Pensiamo - aggiunge - forse che i Vigili del Fuoco possano dare il nulla osta ad una partita di calcio, con presenza di pubblico, all’interno di una struttura giudicata non adeguata o non sicura? certamente no, e lo steso dovrebbe accadere in quei casi dove la salute degli atleti in campo non sia doverosamente garantita".
 
Giovanni Rodriquez

16 aprile 2012
© Riproduzione riservata

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