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Liste d’attesa. Regione Veneto a Ulss: “Aumentare il numero di prenotazioni nello stesso slot”. È polemica

L’obiettivo è abbattere le liste d’attesa (macinando più visite riducendone la durata probabilmente, oppure contando che qualche cittadino possa non presentarsi ). Ma per Leoni (Cimo Fesmed) è “una disposizione in contrasto con la dignità del cittadino, la sicurezza delle cure e con il codice di deontologia medica”. Il Pd chiede al Dg Annicchiaro di riferire in commissione. Intanto l’Aiop ricorda che le strutture accreditate sono disponibili aiutare ma sottolinea: “Abbiamo il limite invalicabile dei budget economici”.


12 MAG - Per smaltire le liste d’attesa la Regione Veneto ha deciso di ricorrere agli overbooking strutturati, cioè di aumentare il numero delle prenotazioni che di solito vengono effettuati in un dato lasso di tempo. In pratica, che in un’ora si prenotavano 6 pazienti, ora se ne prenoteranno di più. Forse le visite saranno più brevi (e forse si mette in conto che qualche paziente non si presenterà alla visita), fatto sta che l’indicazione alle Ulss e alle Aziende ospedaliere da parte del nuovo Dg Salute, Massimo Annicchiarico, di cui sono stati pubblicati alcuni stralci sul Gazzettino, parla chiaro: “Si chiede di individuare specifici slot orari da utilizzare in overbooking strutturato, nei quali poter inserire le prestazioni che non trovano disponibilità nell’attuale configurazione dell’offerta ambulatoriale”. Nel caso in cui tali slot non saranno individuati, “le prestazioni saranno inserite d’ufficio in overbooking nei giorni e orari di apertura degli ambulatori”.

La Regione precisa il provvedimento riguarda solo le visite ambulatoriali e non gli esami diagnostici e che l’overbooking non è l’unico strumento attuato contro le liste d’attesa, ma “si aggiunge all’incremento di produzione”.

Il nuovo sistema, tuttavia, non convince. I primi a schierarsi contro, sono gli stessi medici: “Lo scienziato Newton attraverso la sua legge che chiama “Impenetrabilità dei corpi” enuncia che lo spazio occupato da un corpo non può essere, allo stesso tempo, occupato da un altro corpo”, scrive in una nota Giovanni Leoni, presidente della Federazione Cimo-Fesmed Veneto, che ricorda inoltre come il Codice di Deontologia Medica all’ articolo 7 reciti che “il medico nella relazione considera il tempo della comunicazione come tempo di cura“. Non funziona, insomma, come in campo alberghiero, dove “si accettano le prenotazioni di più persone rispetto a quelle che si possono davvero ospitare per essere sicuri di ottenere un guadagno completo senza perdite”, spiega Leoni.

Per la Cimo Fesmed Veneto, l’indicazione della Regione “nella oggettiva difficoltà del superamento della legge di Newton”, dispone “la riduzione del tempo di rapporto medico paziente, in contrasto con la dignità del cittadino, la sicurezza delle cure, e con il codice di deontologia medica”. Anche perché “è ben difficile che la logica commerciale dell’overbooking strutturato sia utile in sanità contando sull’assenza di pazienti che aspettano magari da molto tempo una visita medica per la loro salute: il contesto della malattia non segue la logica del turismo”.

Al contrario, secondo Leoni, la direttiva “pone le basi di contenziosi nelle sale di attesa, e scarica sulla responsabilità morale ed etica di medici, infermieri e segretarie la soluzione di un problema che nella pratica presenta come naturale conseguenza: lo sforamento dei tempi di apertura degli ambulatori con un lavoro non pagato; la riduzione dei tempi della visita medica; la potenziale delusione per i pazienti per il trattamento ricevuto; l’ulteriore stress per il personale sanitario residuo in servizio che penserà seriamente ad alternative ad un servizio pubblico che prevede una organizzazione di tale tipo”.

“Come Cimo-Fesmed Veneto – fa sapere Leoni - chiederemo in modo formale i dati delle specialità interessate e fin da subito ci dichiariamo profondamente preoccupati per la salvaguardia della qualità del servizio al cittadino, in particolare per le fasce più deboli, per gli esenti ticket per patologia e reddito che non hanno possibilità economiche per la sanità privata e devono attendere i tempi di quella pubblica.
Dichiariamo la massima fiducia sulla necessità delle richieste e della tempistica di evasione delle stesse da parte dei colleghi della medicina del territorio ricordando che una diagnosi passa attraverso una serie di accertamenti laboratoristici e strumentali anche per il medico specialista, ospedaliero o ambulatoriale”.

Come risolvere, tuttavia, il problema delle liste d’attesa? Le possibili soluzioni, per Leoni, “esistono e comprendono dei pacchetti prestazionali istituzionali aggiuntivi su base volontaria per tutto il personale con compensi da concordare nelle relative sedi”. E’ previsto un incontro a livello Regionale in data 15/05/2023. “Chiederemo preventivamene un punto specifico all’Ordine del Giorno” fa sapere il presidente del sindacato che si rivolge ai cittadini per evidenziare che “questa situazione è frutto di logiche economiche di risparmio sulla sanità pubblica sistematicamente denunciate da tutte le Organizzazioni Sindacali di categoria ormai da decenni e di cui adesso si vedono con rapida progressione gli effetti più devastanti. Meno posti letto, meno medici, meno tempo da dedicare all’utente esterno, aumento dell’età media dei cittadini e dei loro bisogni di salute = aumento delle liste di attesa”.

Contro le disposizioni si schiera anche il Pd Veneto, che chiede al DG Annichiarico di riferire con urgenza in commissione Salute “su quanto sta accadendo sul fronte delle liste d’attesa, con la grave decisione di chiedere ai medici di aumentare il numero delle visite, comprimendole nelle consuete finestre orarie. Occorre invece mettere in sicurezza il nostro personale, integrando le carenze e rivedendo gli incentivi. E se si vogliono ridurre le liste d’attesa, bisogna spendere bene le risorse a favore del sistema pubblico, pagando adeguatamente i nostri professionisti. Va in questo senso ancora ricordato che, sulla base del Decreto legge 124 e delle stesse delibere regionali, per chi non ottiene la visita nei tempi previsti ed indicati dai medici di famiglia, le Ulss hanno il dovere di garantirla attraverso prestazioni intramurarie senza oneri aggiuntivi a carico degli assistiti. La Regione faccia questo: paghi adeguatamente le prestazioni aggiuntive ai nostri medici ospedalieri”, scrivono in una nota le consigliere regionali e componenti della Commissione Sanità, Anna Maria Bigon e Francesca Zottis, assieme ai colleghi Giacomo Possamai, Vanessa Camani, Jonatan Montanariello e Andrea Zanoni.

“Con questa operazione – aggiungono i consiglieri Dem - si cerca di evitare ogni tipo di investimento sul pubblico, caricando ulteriormente di lavoro questi professionisti, con una qualità del servizio ovviamente più risicata per i cittadini, visto che diminuiranno i tempi concessi per ogni visita. Questo significa, di fatto, far scappare i già pochi medici a disposizione, svuotare la sanità pubblica e favorire ulteriormente il privato. L’overbooking farà scoppiare il sistema sanitario regionale, senza pensare che a rimetterci sono sempre i più deboli che continueranno a rinunciare alle cure”.

Sulla vicenda interviene anche Elena Ostanel, consigliera regionale del gruppo Il Veneto che Vogliamo. “Da una parte ci sono le cabine di regia, i tavoli di confronto interdisciplinari, i piani regionali per governare problemi che sembrano ingovernabili. Dall'altra ci sono le liste di attesa infinite, quelle di galleggiamento con oltre 200.000 persone che non sanno nemmeno quando verranno chiamate per effettuare le visite, l'overbooking per infilare dieci pazienti in una fascia oraria che prima ne teneva sei, la nemmeno tanto velata critica ai medici per la presunta inappropriatezza di tante prestazioni richieste nelle ricette. In mezzo ci stanno i cittadini, prostrati da un'evidente inefficienza strutturale del Sistema Sanitario pubblico veneto, costretti a rivolgersi al privato, pagando di tasca propria quello che ULSS e Aziende Sanitarie dovrebbero garantire, ma non fanno”, dichiara in una nota.

“Invece – prosegue Ostanel -, pur nella comprensibile difficoltà del dopo Covid, la situazione sembra andare fuori controllo e, dall'overbooking al galleggiamento, risulta lampante una carenza di risorse e di programmazione che porta al nefasto affidarsi, sempre di più, alla sanità privata. Chi ha i soldi può farlo. Chi fatica ad arrivare a fine mese, no”.

“Se una struttura non può garantire il rispetto dei tempi previsti – evidenzia la consigliera -, il d. lgs. 124 del 1998 prevede che l'Azienda sanitaria debba indicare al cittadino le strutture pubbliche o private convenzionate che li assicurano. Se non ce ne sono, l'Azienda sanitaria deve autorizzare la prestazione in regime di intramoenia invece mi giunge notizia che, per azzerare le liste di attesa, in alcune Ulss si mandino i pazienti direttamente nei centri privati, rinunciando all’attività intramoenia dei medici dipendenti. Perché mai? Perché i centri privati offrono un prezzo forfettario: circa 40-60 euro a paziente di costo per l'Ulss. Invece nell’intramoenia sarebbero almeno 120 euro. Quindi, visto che la Regione non mette i fondi e nemmeno autorizza questa spesa, l'Ulss dirotta i cittadini verso il lucroso mondo del privato”.

“Così facendo - conclude Ostanel - si innescano tre meccanismi deleteri. Si abdica al fulcro stesso della sanità pubblica, cioè assicurare l'assistenza senza differenze di reddito ai cittadini. Poi si allontanano ancora di più i medici dagli ospedali visto che, se ci fossero fondi, molti sarebbero incentivati a fare la loro attività intramoenia, senza scappare e diventare gettonisti. Infine, si finisce col rendere più ricchi e potenti i centri privati che, con le prestazioni "a forfait", guadagnano in un secondo momento, perché prendono i pazienti nella rete delle varie diagnostiche e visite di controllo, facendoli uscire dal circuito pubblico, quindi impoverendolo sempre più. Infatti, i bilanci delle Ulss venete sono in profondo rosso”.

E a proposito di provato, mercoledì scorso Aiop Veneto ha diramato una nota per esprimere la disponibilità delle strutture accreditate nella lotta contro le liste d’attesa. “23 associati per un controvalore di 3090 posti letto totali di cui 2874 accreditati e convenzionati con la propria ULSS, 6500 tra collaboratori e collaboratrici. Sono i numeri di Aiop Veneto, l’associazione che rappresenta il maggior numero di strutture sanitarie accreditate della regione, che operano cioè in nome e per conto del Servizio Sanitario Regionale. Aderiscono ad Aiop sia strutture ospedaliere che strutture sociosanitarie residenziali. In particolare, si tratta di 20 strutture ospedaliere convenzionate che erogano attività in area chirurgica, medica e riabilitativa, alcune delle quali dotate di Pronto Soccorso e servizi di emergenza ed urgenza, e di residenze sociosanitarie assistenziali con attività rivolta ad anziani non autosufficienti”, ricorda in premessa l’associazione.

Il presidente di Aiop Veneto, Giuseppe Puntin, dichiara, quindi, che “le nostre strutture e i nostri professionisti sono a disposizione per affrontare le criticità legate al comparto sanitario e dare risposte ai pazienti. Siamo al fianco delle istituzioni e pronti a fare la nostra parte. Va ricordato però – sottolinea Puntin - che rispetto all’attuale incremento della domanda di prestazioni, per il privato accreditato il limite invalicabile è costituito da budget economici fissati molti anni orsono in un contesto sanitario completamente diverso dall’attuale e soprattutto in un contesto assistenziale completamente differente dall’odierno, post Covid”.

Le strutture facenti capo ad Aiop Veneto operano secondo le disposizioni della programmazione sociosanitaria definita dalla Regione Veneto, con l’obiettivo di far sistema e integrarsi con i servizi e gli ospedali pubblici a diretta gestione del proprio comprensorio per assicurare l’assistenza sanitaria pubblica ai cittadini. In Veneto, spiega dunque l’Aiop, “il settore ospedaliero accreditato/convenzionato esprime un importante contributo al sistema sanitario perché con un costo del 10,5% della spesa ospedaliera effettua oltre il 19% dei ricoveri della regione ed attrae oltre il 50% di tutta la mobilità attiva (cittadini di altre regioni che decidono di rivolgersi agli ospedali Veneti). Stando ai dati relativi 2022 le strutture ospedaliere accreditate hanno garantito oltre 120mila ricoveri in un anno, di cui 30mila fatti a pazienti provenienti dalle altre regioni. A questi dati vanno aggiunti quelli relativi alle prestazioni di specialistica ambulatoriale che le strutture ospedaliere insieme ai poliambulatori accreditati garantiscono. Tra esami di laboratorio, visite, diagnostica per immagini, medicina fisica, riabilitazione e chirurgia ambulatoriale sono oltre 9 milioni e mezzo quelle effettuate, pari al 14,2% del totale”.

“I dati esemplificano in maniera certa l’importanza di questo comparto che offre un supporto determinante al Sistema Sanitario Regionale nel garantire un’assistenza sanitaria qualificata ai cittadini - afferma il residente di Aiop Veneto– il momento che stiamo attraversando è complicato perché usciamo da una pandemia che ha stravolto la programmazione sanitaria. Siamo a disposizione per continuare assieme agli ospedali pubblici a dare il nostro quotidiano contributo nell’affrontare le problematiche esistenti”.
“Dalle liste d’attesa alla carenza di personale medico e infermieristico – conclude Puntin – abbiamo la necessità di condividere un percorso certo nel dare risposte concrete ai bisogni dei pazienti”.

12 maggio 2023
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