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Cure palliative. Giantin (San Bassiano): “Manca la cultura, giusta scelta istituire corsi di specializzazione”

Con l’istituzione dei nuovi corsi di specializzazione sulle cure palliative, fra qualche anno avremo nel Ssn i primi medici specializzati in terapia del dolore. Questo dovrebbe colmare quella carenza di cultura che c’è oggi, che ha portato spesso ad applicare queste terapie troppo ritardo. “Si spende molto per allungare la vita alle persone, ma non ancora abbastanza per accompagnarle dignitosamente nell’ultima fase dell’esistenza”, dice il direttore dell’Uoc Geriatria di Bassano del Grappa.

di Endrius Salvalaggio  
03 FEB - L’argomento delle cure palliative è tanto delicato quanto quello della cura stessa. Con l’istituzione dei nuovi corsi in medicina e cure palliative negli atenei italiani, fra qualche anno avremo nel Ssn i primi medici specializzati in terapia del dolore. Una buona notizia per Valter Giantin, presidente dei comitati etici AltaVita-IRA e CS-GAlvan-CRAUP, e direttore dell’Uoc di Geriatria dell’ospedale San Bassiano di Bassano del Grappa, che sulla situazione attuale osserva: “Anche se in molti sanno che associare le cure palliative fin dall’inizio del trattamento farmacologico garantisce una migliore qualità della vita e spesso aumenta la sopravvivenza, ancora oggi queste cure vengono talvolta attivate in ritardo”.

Le cure palliative sono diventate oggi un fondamentale supporto al paziente che soffre di gravi malattie recidivanti o croniche e ai familiari dello stesso, coinvolti ogni giorno nella gestione di un malato che presenta una importante complessità clinica ed esistenziale. “Come spesso accade, però, le cure palliative – spiega Giantin– vengono prescritte e fatte dopo le cure attive. In realtà, la terapia del dolore deve essere precoce, simultanea e continuativa. Queste cure dovrebbero iniziare dal momento in cui non si è più in grado di tratre adeguatamente malattia e sofferenza. Un buon sviluppo delle cure palliative in un ammalato terminale riduce di molto, e dico molto, per dire del 70-80%, il ricorso a pratiche di suicidio assistito o di morte medicalmente assistita”.

Ma cosa succede oggi giorno se un paziente si trovava in una fase terminale con una sofferenza non più gestibile? “Succede ancora ora che per la maggior parte dei casi le cure palliative vengono attivate nell’ultima fase della malattia che è troppo a ridosso della morte e per un paziente questo comporta che la qualità della sua vita, volta al termine, diventi esigua. Si spende molto per allungare la vita alle persone, ma non ancora abbastanza per accompagnarle dignitosamente nell’ultima fase dell’esistenza”.

Il ritardo nello sviluppo di una rete e di un sistema di cure palliative efficaci, per il Direttore dell’Uoc di Geriatria dell’ospedale San Bassiano, “pone anche grandi problematiche di tipo bioetico perché, se le famiglie si trovano sole a vivere le difficoltà di accompagnare i propri cari, malati cronici e terminali, il rischio che si prefigurino scorciatoie atte non a lenire la sofferenza, ma ad eliminare il sofferente, diventa molto più concreto”.

Per Giantin, ora che è iniziata la nuova scuola di specializzazione in medicina e cure palliative, sicuramente ci sarà più presa di coscienza sulla terapia del dolore e soprattutto ci si aspetta che la richiesta di queste cure siano fatte dal momento in cui la malattia diventi invalidante e fonte di dolore non più gestibile adeguatamente.

Endrius Salvalaggio

03 febbraio 2023
© Riproduzione riservata

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