Snami e Smi in sciopero informatico dal 16 febbraio
La misura è colma, fanno sapere i sindacati che ieri hanno lanciato uno sciopero che andrà ad oltranza se non saranno ascoltati dalla Regione Veneto. Molti i disappunti che sollevano al governo regionale, uno fra tutti l’impossibilità di fare di assistenza primaria. “I pazienti hanno bisogno di noi, fateci rimettere i camici e il fonendoscopio, non possiamo compensare le carenze di programmazione regionali di anni facendo i burocrati. Dobbiamo curare, prevenire, aiutare”
di Endrius Salvalaggio
27 GEN - Fateci fare i medici. E’ questo il titolo della nota inviata la scorsa settimana dalle OO.SS. dei medici di medicina generale, SNAMI e SMI del Veneto, al governatore
Luca Zaia e all’assessore alla sanità
Manuela Lanzarin. In occasione della conferenza stampa indetta ieri, 26 gennaio a Vicenza, si è messo il sigillo sulla prima giornata di sciopero informatico. “Per sciopero informatico intendiamo niente fascicolo sanitario elettronico, ricette dematerializzate e prescrizioni online – spiegano
Salvatore Cauchi, segretario regionale dello Snami e
Liliana Lora, segretaria regionale dello Smi - a cominciare dal giorno 16 febbraio e, se non verremo ascoltati, si ripeterà per tre giorni a settimana: lunedì- martedì- mercoledì, fino a fine marzo. Una serie di giornate di sciopero, finché sarà necessario, per far sì che la Regione torni a rivolgere l’attenzione alla medicina di territorio, sempre più ignorata ma continuamente oberata, arrivata al limite dopo due anni di pandemia”.
Secondo le due organizzazioni sindacali, i medici di medicina generale in questi due anni di emergenza hanno dato sempre la loro collaborazione lavorando tutti i giorni e senza mai guardare l’orologio. SNAMI e SMI ribadiscono però che ogni loro proposta è sempre stata ignorata.
“Carenze di medici, burocrazia sempre più elevata, nuove incombenze ed a volte scoordinate e contradditorie fra loro, – aggiungono Cauchi e Lora – ambulatori con 100-150 telefonate al giorno, tamponi, piani terapeutici e ospedali chiusi se non per impegnative U o B”. E ancora, “non tutela della maternità nelle dottoresse in gravidanza - come specifica
Elisabetta Drusian addetta stampa e consigliera SNAMI -. E’ ‘in questa la cornice che un mmg svolge il proprio lavoro dal mattino presto alla sera tarda”.
Nel dettaglio, le organizzazioni Sindacali SNAMI e SMI osservano:
- C’è un mancato recepimento delle proposte avanzate dalle OOSS in merito all'organizzazione della medicina territoriale, sia per la fase pandemica, sia per il futuro dell'assistenza territoriale.
- C’è una gestione sempre di fase emergenziale, verso prestazioni dell'immediato, che non tiene in alcun conto dei continui segnali di allarme sollevati dai professionisti del settore in merito alle carenze di personale, ormai croniche, ed esasperate dalla fase critica attuale.
- Vi è un mancato rinforzo degli organi dei dipartimenti di assistenza territoriale, e dei SISP in particolare, già sottodimensionati in periodo pre Covid.
- C’è un mancato riconoscimento dell'attività svolta dai MMG e PLS nella gestione dei pazienti COVID sul territorio e della moltiplicazione di inappropriati carichi di lavoro con conseguente rischio di contagio dei medici, non adeguatamente integrati nei servizi e protetti, in violazione della legge 66/2003 e 161/2014 e 81/2008 ed un atteggiamento costantemente impositivo, di controllo costante di natura inquisitoria.
- La mancata messa in sicurezza delle sedi di continuità assistenziale con soluzioni approssimative di accorpamenti ed accentramento delle sedi in ambienti satelliti agli ospedali, togliendo ai cittadini il LEA della prossimità e capillarità del servizio.
- La distrazione di forze professionali indispensabili alla Continuità Assistenziale, sottopagata, per assegnare incarichi di attuazione per Codici Bianchi di Pronto Soccorso, con pagamento di ticket da parte dei cittadini.
- La sempre più frequente, ingiusta ed immotivata denigrazione, sostenuta da organi istituzionali, da parte dei mass-media nei confronti dei medici, con conseguente compromissione del rapporto di fiducia fra cittadino e medico.
E chiedono:
- Il riconoscimento, valorizzazione e difesa del ruolo svolto dai mmg, che in questa pandemia hanno lasciato sul campo più di 300 colleghi, anche con prese di posizione aperte verso le denigrazioni ormai quotidiane.
- La semplificazione delle procedure e dei percorsi con sgravio della parte burocratica che sta soffocando la professione e provocando l'abbandono anticipato di numerosi medici e il viraggio di giovani colleghi ad altre branche.
- L’abolizione delle incompatibilità, con conseguente riconoscimento delle ore come formative per i colleghi in corso di formazione in Medicina Generale, così da renderli inseribili nei percorsi professionali con maggiori carenze.
- L’aumento del numero di borse per il corso di formazione in Medicina Generale e specialistiche.
I dottori chiedono investimenti sulla sanità, nuove assunzioni, più tutele e, soprattutto, una maggiore considerazione. Chiedono aiuto a istituzioni e mass media affinché spieghino ai cittadini che qualsiasi servizio non implementato e usato in maniera impropria, rischia di implodere.
“I pazienti devono essere informati del fatto che rischiano di non avere più un quel Ssr pubblico che danno per scontato e che da più di 40 anni è stato di esempio. I medici di medicina generale chiedono di poter tronare ad essere medici della persona, della famiglia e della comunità. La medicina del territorio è in ginocchio e urla il proprio grido di dolore per non poter seguire i propri assistiti al meglio delle loro potenzialità facendo ciò per cui hanno studiato, si sono formati e ci mettono il cuore. I pazienti hanno bisogno di noi e a noi, fateci rimettere i camici e il fonendoscopio, non possiamo compensare le carenze di programmazione regionali di anni, facendo i burocrati. Dobbiamo curare, prevenire, aiutare”, concludono Salvatore Cauchi, Elisabetta Drusian e Liliana Lora.
Endrius Salvalaggio
27 gennaio 2022
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