La salute degli immigrati in Italia. Inmp e Istat: “La sfida per il Ssn: curare patologie croniche e disuguaglianze, non solo malattie infettive e acute”. Lo studio
Prevenzione dei tumori femminili, discriminazione sui luoghi di lavoro, coperture vaccinali. Sono solo alcune delle tematiche affrontate dallo studio “Lo stato di salute della popolazione immigrata in Italia”. Dopo due anni di collaborazione tra Inmp e Istat, gli esperti hanno evidenziato la vera sfida per il Ssn: spostare l’attenzione dal tradizionale focus sulle malattie infettive e sulle condizioni acute, ai problemi che caratterizzano una popolazione stabilmente presente. LO STUDIO
31 OTT - “Il noto vantaggio di salute che gli immigrati posseggono al loro arrivo rispetto alla popolazione nativa, il cosiddetto ‘effetto migrante sano’, tende a ridursi nel tempo per l’esposizione a fattori di rischio e stili di vita acquisiti nel Paese ospite”. Queste le parole con cuì
Concetta Mirisola, direttore generale l’Istituto Nazionale per la promozione della salute delle popolazioni Migranti e per il contrasto delle malattie della Povertà (Inmp), sintetizza uno dei risultati emersi da “
Lo stato di salute della popolazione immigrata in Italia: evidenze dalle indagini multiscopo Istat”.
Lo studio è frutto di una collaborazione scientifica e interistituzionale, durata due anni, tra Inpm e Istat. I dati della ricerca, primo contributo sistematico prodotto in Italia sul tema della salute della popolazione immigrata, sono stati raccolti in una monografia e presentati sulla rivista dell’Associazione Italiana di Epidemiologia “
Epidemiologia & Prevenzione”.
I problemi degli immigrati, dall'arrivo alla permanenza
Lo studio ha evidenziato che nell’evoluzione dello stato di salute degli immigrati vanno distinte le condizioni immediatamente successive all’arrivo, che possono determinare condizioni di isolamento ed emarginazione a causa del “sentirsi” straniero, della separazione dalla famiglia, degli episodi di razzismo e discriminazione e dei problemi di lingua e comprensione, da quelle che continuano o insorgono quando la permanenza diventa stabile, spesso caratterizzata da condizioni di maggiore deprivazione.
“Tale osservazione – ha continuato Concetta Mirisola - viene evidenziata da quasi tutti i risultati presentati nella monografia, a partire dallo stato di salute percepito fisico e mentale, anche a causa dei fenomeni di discriminazione subiti, in particolare negli ambienti di lavoro. Questi importanti risultati costituiscono
una sfida per il Servizio sanitario nazionale, che deve essere in grado di spostare l’attenzione dal tradizionale focus sulle malattie infettive e sulle condizioni acute che eventualmente possono manifestarsi al momento dell’arrivo, ai problemi che caratterizzano una popolazione stabilmente presente, quindi maggiormente esposta ai problemi di salute cronici, ma anche correlati alle diseguaglianze socioeconomiche nella salute”.
La tutela della salute è un “fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività”. Lo dice l’articolo 32 della Costituzione italiana e lo ribadisce l’impegno sottoscritto nell’accordo Stato-Regioni 20 dicembre del 2012, nato per assicurare la parità di trattamento tra cittadini italiani e immigrati sotto il profilo dell’assistenza sanitaria e dell’accesso alle cure.
E nei luoghi in cui questo accordo viene mantenuto, la situazione migliora. “Dall’osservazione dell’andamento della copertura degli screening emerge che
laddove il sistema sanitario riesce a fornire un’offerta di assistenza attiva ed efficace per tutta la popolazione residente, italiana e straniera, le diseguaglianze tra i due gruppi si riducono. E’ evidente – ha specificato il direttore generale Inmp - che in tale scenario risulta cruciale l’attenzione alla prevenzione primaria”.
Un’indagine a tutto campo
Tra i molteplici e rilevanti aspetti sullo stato di salute della popolazione immigrata in Italia, studiosi e ricercatori hanno focalizzato la prevenzione dei tumori femminili nelle donne immigrate residenti in Italia. Hanno poi analizzato anche la discriminazione percepita sui luoghi di lavoro in quanto stranieri, con uno studio sulla salute mentale. Studiato pure il ruolo dei fattori associati al ricorso alla medicina di base o specialistica e ai servizi sanitari da parte della popolazione immigrata residente in Italia nella comparazione con i comportamenti della popolazione italiana (in relazione all’indagine Multiscopo Istat 2013 “Salute e ricorso ai servizi sanitari”). Infine setacciate le differenze nella copertura vaccinale antinfluenzale.
Mirisola ha sottolineato
un’ulteriore sfida per la ricerca epidemiologica, rappresentata dalle condizioni di salute dei migranti “irregolari”, spesso solo in transito nel nostro Paese. Nella monografia è presente un contributo specifico, che rileva l’assenza di particolari situazioni di allarme per la salute pubblica in termini di malattie trasmissibili, mettendo in evidenza al contempo i rischi per le condizioni di marginalità e vulnerabilità in cui spesso i migranti si trovano a vivere, e che sollecita un attento approfondimento per la valutazione della salute mentale dei richiedenti protezione internazionale. Un tema che, secondo gli studiosi Inmp-Istat, “rimane ancora oggi ampiamente sottaciuto, nonostante il carico di disagio psichico causato da traumi e violenze subite dai migranti nei Paesi di origine o durante il lungo viaggio”.
Ed è proprio per far luce su tutte queste diverse sfaccettature del fenomeno che Inmp e Istat hanno scelto un approccio globale al fenomeno della migrazione, dando vita ad
uno studio i cui risultati potessero a orientare e programmare politiche e interventi di sanità pubblica integrati e multifattoriali sul territorio nazionale.
I migranti irregolari
Una sezione della ricerca ha preso in esame il tema della salute degli immigrati irregolari in Italia, curata, tra gli altri, dall’epidemiologo Inmp
Giovanni Baglio, che ha sottolineato come “le caratteristiche di eterogeneità e diversificazione della presenza straniera in Italia, possano trasformare la nostra immigrazione in un fenomeno particolarmente complesso da inquadrare, anche dal punto di vista epidemiologico, all’interno di facili schematismi e approssimate categorizzazioni socio antropologiche”.
“Gli immigrati in Italia - ha continuato Baglio - rappresentano un insieme ‘sfocato’, difficilmente classificabile all’interno di categorie oppositive ‘regolari/irregolari’, ‘economici/forzati’, ecc., che possono anche mantenere una funzione di governamentalità, ma perdono cogenza e significato se applicate rigidamente alla comprensione dei fenomeni sanitari, dal momento che non tengono in nessun conto i percorsi di vita e le traiettorie della migrazione, che sono in genere i principali determinanti di salute”.
“Piuttosto – ha sottolineato Baglio -
il profilo epidemiologico di questa eterogenea popolazione dipende dal diverso peso che i determinanti di salute assumono nel life-course della migrazione. Il tema della salute degli stranieri deve adottare un approccio globale alle migrazioni, volto a cogliere gli elementi di continuità e la portata delle dinamiche epidemiologiche operanti trasversalmente alle diverse categorie di migranti. Appare così un quadro fortemente condizionato da fattori che operano in stretta sinergia: spinte selettive che agiscono soprattutto nelle fasi iniziali (“effetto migrante sano”) e finali (“effetto salmone”) del progetto migratorio, e che tendono a mantenere la popolazione in buona salute, si intrecciano con altre dinamiche riconducibili essenzialmente ai processi di integrazione sociale (“effetto migrante esausto”) e alla relazione con i servizi sanitari”.
L’impegno dell’Inmp
È su questi temi che si fonda anche la mission stessa dell’Inmp, Centro di riferimento della rete nazionale per le problematiche di assistenza in campo socio-sanitario legate alle popolazioni migranti e alla povertà, il cui cardine, oltre alla tradizionale attività di assistenza ambulatoriale a Roma e negli hotspot di Lampedusa e Trapani-Milo, dal 2013 è rappresentato delle attività di Osservatorio Epidemiologico Nazionale con progetti mirati sulla salute degli immigrati e sulle disuguaglianze sociali della salute, in collaborazione con i centri epidemiologici regionali. Un impegno a tutto campo, attraverso i quali l’Istituto intende attivare strumenti di valutazione e promozione dell’equità nella salute, che mai come in questa fase storica necessita di essere monitorata.
Le conclusioni dello studio
La presa in carico dei bisogni di salute della popolazione, dal quadro emerso dallo studio Inmp-Istat, è dunque particolarmente complessa, anche a causa delle differenze nell’attitudine a rapportarsi con il Sistema sanitario nazionale, non solo rispetto ai cittadini italiani, ma anche tra le singole comunità di provenienza degli immigrati, per aspetti culturali, religiosi, linguistici.
“Pur in presenza di un sistema sanitario di tipo universalistico, come quello italiano – ha osserva l’epidemiologo dell’Inmp
Alessio Petrelli, tra i curatori del volume –
le difficoltà culturali e linguistiche possono costituire barriere all’accesso ai servizi. La diversa o carente alfabetizzazione sanitaria possono influenzare negativamente la partecipazione alle attività di prevenzione primaria (come le vaccinazioni o l’adozione di stili di vita salubri) e secondaria (screening), che potrebbero agevolare la diagnosi precoce delle malattie”.
“Pertanto – ha aggiunto Petrelli -
eventuali barriere che influenzano un accesso equo all’assistenza sanitaria devono essere rimosse, tenendo conto delle esperienze dei Paesi europei di più consolidata tradizione migratoria e dell’eterogeneità delle popolazioni immigrate, caratterizzate da specificità culturali e orientamenti diversi anche nei confronti del sistema sanitario. La salute è un pilastro indiscutibile da garantire indiscriminatamente, come ricorda l’Organizzazione mondiale della sanità a fronte dei consistenti flussi migratori che stanno interessando negli ultimi anni il continente europeo”.
“Il risultati dello studio evidenziano che
laddove i sistemi sanitari regionali riescono a proporsi in modo proattivo, come ad esempio nelle campagne di screening femminili, le differenze di accesso tra italiani e immigrati si riducono in modo significativo, a vantaggio – ha concluso l’epidemiologo - della salute di tutti e dell’economicità del Sistema”.
Uno sguardo all’Europa
Nelle considerazioni conclusive di questo lavoro scientifico, che rappresenta il primo importante passo conoscitivo-programmatico sul tema, gli esperti evidenziano che “i servizi sanitari europei si stanno solo lentamente adattando al fabbisogno assistenziale dei migranti, essendo stati a lungo focalizzati principalmente sulle malattie infettive, alle quali indubbiamente i migranti possono essere stati esposti durante il percorso migratorio, ma che costituiscono una questione del tutto residuale in termini complessivi di sanità pubblica”.
31 ottobre 2017
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