Dati clinici e privacy: quando il fenomeno è sommerso
di Enzo Chilelli
Pochi sanno che alcune aziende che producono stimolatori per l’attività cardiaca raccolgono i dati che questi registrano e li trasmettono a sistemi collocati presso l’azienda produttrice. Ancora più emblematico è il caso della diabetologia dove il sistema oggi più diffuso è di un soggetto privato che, insieme ad una società scientifica, gestisce di fatto i dati di milioni di pazienti. Quanto è a norma questo trattamento dati?
29 SET - La razionalizzazione della spesa e la sua riduzione sono una scelta strategica del Paese che si può realizzare solamente attraverso misurazioni puntuali e non attraverso tagli lineari. Negli ultimi tempi abbiamo assistito ad una maggiore attenzione sulla privacy dei dati clinici in seguito alla crescente diffusione delle cartelle cliniche elettroniche e alla consapevolezza sull’importanza della tutela alla riservatezza. Questo è certamente un fenomeno positivo se consideriamo la particolare sensibilità di talune informazioni.
I responsabili dei sistemi informativi e gli uffici legali delle aziende sanitarie sono quindi al lavoro, anche per le forti sollecitazioni che vengono dall’Autorità Garante della Privacy (che ha sanzionato alcune Asl e Regioni per inadempienze) per adeguare i sistemi informativi. Esiste però una zona che definirei “grigia” che sembra sfuggire all’analisi e al controllo di quanti sono chiamati a implementare le norme sulle privacy e che, per la verità, solleva molte perplessità anche dal punto di vista etico e di opportunità per il Servizio Sanitario Nazionale (Ssn). Mi riferisco alla diffusione di sistemi specialistici (come solo per esempio la cardiologia e la diabetologia, per citare due aree di grande rilevanza sanitaria) che raccolgono informazioni e le conservano in banche dati che sono presso soggetti privati, fuori quindi dal controllo e dalla disponibilità delle aziende sanitarie pubbliche.
Pochi sanno, ad esempio, che alcune aziende che producono stimolatori per l’attività cardiaca raccolgono i dati che questi registrano, per il monitoraggio e il controllo di tali dispositivi, e li trasmettono a sistemi collocati presso l’azienda produttrice. Ancora più emblematico è il caso della diabetologia dove il sistema oggi più diffuso è di un soggetto privato che, insieme ad una società scientifica, gestisce di fatto i dati di milioni di pazienti diabetici, informazioni che sono raccolte dal personale delle aziende sanitarie pubbliche e risiedono in un server centrale privato, fuori dalla disponibilità della sanità pubblica.
Questa situazione solleva non pochi interrogativi: quanto è a norma questo trattamento dati? Il paziente sottoscrive un adeguato consenso? È opportuno che dati clinici di patologie croniche siano gestiti e conservati da soggetti privati?
Questa situazione rende difficile misurare e valutare alcune patologie croniche e, talvolta, impossibile realizzare una gestione integrata tra medici di medicina generale e specialisti ospedalieri, se il soggetto privato non fornisce l’accesso ai dati che gestisce. Un simile potere di “interdizione” è compatibile con le finalità e i compiti della sanità pubblica? Inoltre bisogna considerare il fatto che la norma attuale non obbliga il privato, anche accreditato e convenzionato, a trasmettere i dati di diagnosi ai Fse. Questa situazione non consente al Ssn di programmare in maniera efficace.
Enzo Chilelli
Direttore Generale
Federsanità ANCI
Leggi la lettera Garante della Privacy in relazione a questo articolo
29 settembre 2015
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