Hpv. Il 56% delle mamme poco informate sul vaccino
È quanto emerso da un’indagine di Onda. Il18,9% delle mamme di ragazze adolescenti ignora cosa sia il papilloma virus. E anche se sette donne su dieci ritengono di aver ricevuto informazioni chiare, rimangono interrogativi e timori. Per questo chiedono maggiore rassicurazioni su efficacia, sicurezza e costi della vaccinazione
27 GEN - Solo due mamme su dieci con figlie femmine tra gli 11 e i 18 anni sono pienamente consapevoli di che cosa sia il papilloma virus (Hpv), responsabile del carcinoma dell’utero. E poco più di due su dieci ritengono di avere ricevuto un’informazione chiara e completa. Le donne hanno un atteggiamento favorevole nei confronti dei vaccini in generale, anche se il 20% manifesta una posizione pregiudiziale. E così per quanto riguarda l’Hpv solo il 59% delle adolescenti nate nel 1997 è stata vaccinata con le tre dosi previste.
Insomma, la partita sulla campagna di prevenzione vaccinale del tumore al collo dell’utero è ancora aperta.
A fotografare lo stato dell’arte sulla conoscenza, sull’adesione o la resistenza verso la vaccinazione tra le donne italiane è una indagine di Onda, l’Osservatorio nazionale sulla salute della Donna. L’indagine condotta a distanza di due anni dal lancio della campagna di vaccinazione contro l’Hpv e presentata questa mattina in Campidoglio a Roma, è stata realizzata su un campione di 1.500 mamme intervistate on-line su tutto il territorio nazionale con figlie femmine tra gli 11 e i 18 anni.
“Ciò che chiedono le donne – ha spiegato Francesca Merzagora presidente di Onda – è una maggiore rassicurazione su efficacia, sicurezza e costi della vaccinazione da parte di pediatri, medici di famiglia e ginecologi. Rassicurazione che raramente ricevono”.
La conseguenza è un rallentamento delle adesioni dal momento che, ha aggiunto Francesca Merzagora:“Siamo lontani dai risultati attesi, tuttavia mancano ancora il 2011 e il 2012 e confidiamo che le valutazioni abbastanza positive sugli aspetti organizzativi possano spingere in futuro le mamme ad aderirvi”.
“La prevenzione del carcinoma della cervice dell’utero – ha detto Enrico Garaci, presidente dell’Iss – è l’obiettivo di numerose attività di sanità pubblica. Alle donne dai 25 anni di età, infatti, è raccomandato di sottoporsi allo screening in grado di evidenziare lesioni precancerose causate da vari tipi di virus papilloma (Hpv). Ma solo il 40% delle donne italiane lo effettua nell’ambito dei programmi pubblici (con ampie variazioni regionali e per livello sociale). Anche in questo caso, dunque, non bisogna allentare le campagne informative e di sensibilizzazione”.
I risultati dell’indagine
La consapevolezza delle donne. L’86% delle intervistate ha sentito parlare di qualche vaccino specifico per le donne; una quota che si riduce solo leggermente (82%) quando viene posta la domanda specifica sull’Hpv. Circa il 70% ritiene di aver ricevuto informazioni chiare e complete sul vaccino Hpv, ma emergono timori tra chi non è stata raggiunta da una specifica comunicazione. E così il 40% ha bisogno di rassicurazione su pericolosità e reale efficacia del vaccino (39%); e il 21% ha ancora dubbi sulla sua gratuità e sulle modalità di somministrazione (20%).
Quasi 3/4 del campione è a conoscenza della campagnadi prevenzione contro l’Hpv. Giovane età e condizione socio-economica delle madri condizionano il pieno successo dell’iniziativa.
Per quanto riguarda il grado di diffusione della conoscenza della campagna, le differenze a livello regionale sono minime. Tuttavia al Sud spicca la virtuosità della Puglia, mentre al Nord sorprende il dato della Lombardia, dove l’affollamento comunicazionale sembra rendere più difficoltoso il raggiungimento dei destinatari dell’iniziativa.
Sette donne su dieci sono state raggiunte da informazioni provenienti da più fonti. I mass media hanno svolto un’azione importante (31% articoli su giornali e riviste, 27% notizie/servizi su radio e Tv), a cui si è aggiunto il contributo delle figure di consiglio (medici di famiglia, pediatri, ginecologi).
Per quanto riguarda gli interventi di comunicazione ad hoc sviluppati sul territorio meno del 50% delle donne che ricorda almeno una delle attività promosse. Tuttavia nelle regioni del Nord la comunicazione è stata più incisiva (fatta eccezione per Lombardia e Friuli Venezia Giulia), mentre nel Centro-Sud solamente la Puglia si distingue per l’efficacia delle attività promosse.
Adesione o resistenza alla campagna vaccinale.Oltre il 60% delle madri con figlie di età compresa tra 11 e 14 anni ha deciso di aderire alla campagnadi vaccinazione. Il dato di copertura vaccinale diffuso dall’Iss è del 66%.
A livello regionale l’adesione alla vaccinazione è a macchia di leopardo. Ancora una volta è positivo risultato ottenuto in Puglia (78% di adesioni), mentre si confermano le difficoltà della Lombardia (54%); Nord est e Centro Italia non presentano criticità troppo pronunciate.
L’adesione o la resistenza alla campagna è condizionata da fattori ideologico-culturali, connessi alla comunicazione più che da aspetti meramente organizzativi.
Le donne hanno aderito soprattutto perché consapevoli dei rischi legati all’Hpv e da una fiducia di base nei confronti dei vaccini. I medici hanno giocato un ruolo importante per indirizzare le decisioni delle mamme. Laddove la comunicazione è apparsa meno convincente sono emersi dubbi e perplessità sull’affidabilità del nuovo vaccino.
Anche tra le donne che hanno deciso di vaccinare la propria figlia più di 1/4 segnala qualche lacunain merito alle modalità prescelte per diffondere le informazioni sulla campagna.
Le carenze si riferiscono soprattutto alla mancata segnalazione di possibili effetti collaterali e di eventuali controindicazioni (15%); in generale l’aspettativa è di un’informazione meno generica e più capillare (25%), da veicolare con maggiore intensità e prevedendo l’impiego di più mezzi.
È inoltre alta la confusione sul dosaggio: il 50% delle donne rischia di non portare a termine il ciclo completo di vaccinazione a causa di un difetto di conoscenza.
Comunque il 38% di donne che finora non hanno vaccinato le proprie figlie, soprattutto per un problema di inerzia, sono propense a farlo in futuro.
Il consiglio da parte dei medici potrebbe rivestire una funzione maggiormente incentivante: tra le donne che hanno ricevuto informazioni da parte dei medici la propensione è sensibilmente più alta della media (46%).
E.M.
27 gennaio 2011
© Riproduzione riservata
Altri articoli in Studi e Analisi