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Alcol. Dalla prevenzione alla terapia: l'importanza di un approccio integrato

di Gennaro Barbieri

Numerose questioni affrontate all'evento promosso dalla Fondazione Charta: dall'importanza di aumentare la consapevolezza verso un problema spesso 'sommerso' alla necessità di costruire reti sul territorio, dai costi economici e sociali delll'alcoldipendenza all'intreccio con la psichiatria.

23 GIU - In Italia circa 8 milioni di persone sono consumatori di alcol a rischio e circa 1 milione sono soggetti alcoldipendenti, con problemi di salute fisica e psichica. Tuttavia soltanto una minoranza fruisce di adeguati trattamenti, mentre la maggior parte non riceve aiuto dal Ssn e quindi non viene curata. Un problema che ha costituito l’argomento di dibattito e confronto del convegno ‘Dalla prevenzione alla terapia: un approccio integrato per combattere il fenomeno dell’alcoldipendenza’, svoltosi presso Palazzo Marini a Roma e promosso dalla Fondazione Charta.

"Quasi 17.000 decessi nel 2010 – ha osservato Emanuele Scafato, presidente della Società italiana di alcologia e vice presidente Eufas, European federation of addiction societies - sono dovute a cause totalmente o parzialmente attribuibili al consumo di alcol". Si stimano in 22 miliardi l'anno i costi sociali e sanitari causati dall'alcol in l'Italia. "Costi che paga la società – ha proseguito Scafato- e che potrebbero essere in gran parte risparmiati se si attivassero strategie e policy di valorizzazione dell'identificazione precoce e di intervento breve, ampliando contemporaneamente l'offerta di trattamenti adeguati sia in termini di qualità dell'assistenza che di obiettivi realistici, intermedi e di lungo termine, da concordare per ciascun caso, calibrandone tempi e modalità alla luce delle più recenti evidenze scientifiche. Il problema principale è che siamo in presenza di un fenomeno largamente sommerso”.

Nel 2012, solo poco più di 69mila persone, delle circa 850.000 che richiederebbero un intervento da parte di un medico, si sono rivolte alle oltre 450 strutture di cura e riabilitazione del Ssn presenti sul territorio. “Le ragioni di questo squilibrio – ha evidenziato Scafato - sono molteplici e spaziano dall'incapacità della persona e anche del medico di riconoscere il problema, alla difficoltà soggettiva di richiedere sostegno o indirizzare una richiesta d'aiuto, dall'influenza dello stigma che riguarda l'alcolista, all'esclusione sociale. Ma, spesso, anche la mancanza di valorizzazione e coordinamento delle risorse disponibili e di una rete formalizzata di competenze tra medicina di base, strutture specialistiche alcologiche e ospedale può essere discriminante".

Scafato ha poi lanciato un appello affinché in Italia “venga ripristinata la “Consulta nazionale alcol, poiché si tratta di un servizio utilissimo e a costo zero. Altro vettore su cui puntare con decisione è la prevenzione, che purtroppo vede il nostro Paese assai indietro. Solo un medico su tre, infatti, rivela di conoscere gli strumenti per effettuare screening verso i propri pazienti. Questo avviene perché scontiamo enormi lacune in termini di formazione, tema che ci vede fanalino di coda in Europa. Un’inversione di rotta su questi aspetti ci permetterebbe, invece, importanti risparmi: basti pensare che, a causa dell’alcoldipendenza, ogni anno bruciamo 7,8 milioni di euro per la sola spesa farmacologica. E, invece, a un aumento degli alcolisti che accedono ai servizi corrisponde una diminuzione del tasso di ospedalizzazione”.

Ma l’abuso di alcol tira in ballo una gamma di rischi e problemi enorme e multiforme. “Basti pensare ai pericoli legati alla violenza sessuale e alle gravidanze indesiderate. A ciò bisogna aggiungere che il 62% dei crimini coinvolge persone alterate dall’alcol – ha messo in guardia Claudio Mencacci, direttore di Neuroscienze al Fatebenefratelli di Milano e PastPresident della Società italiana di psichiatria – Il profilo dei soggetti dipendenti indica una prevalenza di uomini, che molto spesso manifestano una personalità fragile, scarsa autostima, difficoltà di integrazione e un’inclinazione a seguire passivamente le logiche di gruppo”. Ma a incidere fortemente sono in particolare “i fattori genetici e il contesto ambientale. In questo senso è essenziale il riconoscimento precoce di malattie psichiche che troppo spesso restano silenti”. E’ infatti assai frequente la concomitanza tra disturbi di natura psichiatrica e alcoldipendenza: come hanno messo in evidenza numerosi studi epidemiologici, la comorbidità tra alcol e patologie psichiatriche va dal 20 al 45%. E una persona alcoldipendente è 3,6 volte più esposta a sviluppare un disturbo dell’umore rispetto a una persona non alcoldipendente.

La percentuale di soggetti che chiede un trattamento è assai bassa e ciò deriva anche dalle molteplici lacune che caratterizzano la rete dei servizi. Un problema accentuato dalla comorbilità, cioè la coesistenza di due o più patologie diverse nello stesso individuo. “Si tratta di un aspetto più diffuso nelle aree urbane che in quelle rurali - ha spiegato Massimo Clerici, presidente della Società italiana di psichiatria delle dipendenze – La comorbilità è spesso la principale causa di errori diagnostici e rappresenta un fenomeno che impone una maggiore e migliore integrazione tra le varie tipologie di Dipartimenti di salute mentale. Servono infatti trattamenti integrati a più livelli, mentre allo stato attuale almeno la metà dei casi è gestita esclusivamente dai servizi di salute mentale. E questo è un aspetto da correggere assolutamente”.

Un ruolo fondamentale sui territori è svolto dai Sert, su cui “però c’è ancora pochissima informazione: si tratta di strutture di cui si sa poco e male – è l’amara constatazione di Fausto Pietro D’Egidio, presidente nazionale Federserd – Le rilevazioni sull’argomento sono carenti e anche le relazioni in Parlamento hanno spesso trascurato questo capitolo”. Il numero medio di utenti per Sert è 670, per un totale di oltre 277mila soggetti, di cui 70mila per alcoldipendenza. Il profilo medio mostra: età 43 anni, maschio nel 77% dei casi, nel 55% con occupazione, nel 51% con licenza media inferiore. La durata media del trattamento è di 342 giorni, quella dell’alcolismo pregresso è di 10 anni. Nel 30% dei casi si tratta di pazienti epotopatici e nel 16% sono stati inviati dai reparti ospedalieri. Interessante anche un’altra sfaccettatura del problema: sono abusatori di alcol il 37,8% dei giocatori d’azzardo patologici, il 43,6% dei cocainomani e il 29,1% degli eroinomani.

Le difformità geografiche che accompagnano l’assistenza sul territorio italiano “riguardano purtroppo anche l’organizzazione dei servizi per le dipendenze – ha ricordato Alfio Lucchini, segretario generale Assodip – A ciò si aggiunge un grosso gap medio tra la domanda di cura e l’effettiva erogazione dell’assistenza. Per migliorare l’accessibilità è fondamentale sottolineare e diffondere l’idea che l’alcolismo è una malattia come tutte le altre e, contestualmente, garantire un solido continuum ospedale-strutture intermedie-territorio”.

Sotto il profilo dell’intervento terapeutico, “una strategia efficace deve evitare di inseguire in eterno l’andamento della malattia che in genere è costituito dall’alternanza ciclica tra la fase di intossicazione e quella di disintossicazione – ha ragionato Icro Maremmani, presidente della Società italiana delle tossicodipendenze”. La frequente inefficacia è infatti “dimostrata dal fatto che i due terzi dei pazienti disintossicati non riescono a superare un anno senza tornare all’abuso. E i costi sociali di questo dramma sono enormi: in Italia si attestano a circa 22 miliardi l’anno. I soli soggetti alcoldipendenti in carico ai servizi pubblici sono circa 69mila”. Un’importante novità terapeutica può essere rappresentata “dalla riduzione del consumo di alcol, da intendersi come nuovo paradigma di trattamento. Riduzione e astensionismo non vanno, infatti, interpretati come due elementi in conflitto tra loro, ma possono essere entrambe parti di un continuum terapeutico, con la prima che funge da tappa intermedia verso il secondo. Questo dimostra l’importanza e la validità dell’approccio integrato”.
 
Gennaro Barbieri

23 giugno 2014
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