Malattie rare. Più di tre famiglie su dieci in ginocchio per sostenere i costi
È quanto emerso da uno studio pilota condotto dall’Istituto per gli Affari Sociali con la collaborazione di Uniamo, Orphanet e Farmindustria che ha calcolato costi sociali e bisogni assistenziali nelle malattie rare. Il 16% delle famiglie con malati rari sono al di sotto della soglia di povertà, più della media italiana stimata dall’Istat (2009).
15 DIC - Più di una famiglia su dieci è al di sotto della soglia di povertà e altre due sono a forte rischio di povertà a causa dei costi legati alla gestione della malattia rara. In altri termini, le precarie condizioni economiche di base espongono tre famiglie su dieci a concrete difficoltà economiche e psicologiche. Una famiglia su quattro spende più di 500 euro al mese per la cura e l’assistenza della patologia, una cifra che può anche raddoppiare se si è costretti a spostarsi dalla propria città per ricevere le cure. E il 20% si indebita per sostenere le spese.
È questa la fotografia sulle malattie rare e i suoi costi scattata dallo studio pilota condotto dall’Istituto per gli Affari Sociali con la collaborazione di Uniamo-Fimr Onlus che rappresenta oltre ottantacinque associazioni di pazienti, Orphanet-Italia, Farmindustria e l’Irccs Istituto Neurologico Carlo Besta di Milano, presentato dall’Isfols oggi a Roma.
Lo studio ha selezionato, tra le moltissime, undici malattie rare considerate rappresentative dell’universo di queste patologie (l’assenza di dati esaustivi sulla popolazione dei malati rari e delle loro famiglie non consente, infatti, di individuare e analizzare un campione rappresentativo) e ha coinvolto le rispettive Associazioni di pazienti. Hanno risposto a questionari malati di tutte le fasce di età e i loro familiari, equamente distribuiti. Più della metà residenti nel Nord Italia.
“L’indagine ha evidenziato molte criticità attorno al tema delle malattie rare - ha sottolineato Bruno Dallapiccola, coordinatore del progetto Orphanet-Italia e direttore scientifico dell’Ospedale Bambino Gesù di Roma – in particolare ha fotografato alcune delle più significative problematiche sociali che sono costretti ad affrontare i malati rari e le loro famiglie, ponendo l’accento su una serie di domande che ancora attendono di ricevere risposte puntuali”.
Soprattutto i risultati emersi dallo studio potranno essere utili per la redazione dei Piani nazionali delle malattie rare. “Per rispondere al bisogno globale del malato raro e della sua famiglia – ha spiegato il presidente di Uniamo, Renza Barbon Galluppi
- è necessario identificarlo e riconoscerlo per sviluppare un approccio omogeneo e coordinato che renda più facile e funzionale l’accesso di questi pazienti e delle loro famiglie agli interventi da parte del sistema sociale.”
“I risultati dell’analisi – ha affermato Massimo Boriero, presidente Gruppo Biotecnologie di Farmindustria – sottolineano l’utilità della rete tra tutti gli stakeholder per creare sinergie e offrire risposte ai bisogni non ancora soddisfatti. L’industria, grazie alla ricerca e alle nuove tecnologie, contribuisce al miglioramento della qualità di vita dei pazienti con terapie innovative per un numero crescente di queste patologie. Dal 2000 a oggi, sono 795 le designazioni di farmaco orfano rilasciate dall’Agenzia europea per i medicinali. Secondo i dati dell’Osservatorio nazionale sulla sperimentazione clinica dell’Aifa, le sperimentazioni cliniche in Italia con almeno un farmaco orfano sono più che triplicate negli ultimi 5 anni, passando da 17 nel 2004 a 62 nel 2009. E da ottobre 2009 sono 7 le aziende italiane con prodotti che hanno ottenuto la designazione di farmaco orfano a livello europeo”.
Ma vediamo in sintesi quali sono i risultati emersi dallo studio.
Costi diretti … Dall’indagine è emerso che le famiglie da considerarsi sotto la soglia di povertà sono leggermente più numerose della media italiana stimata dall’Istatnel 2009; se a queste poi aggiungiamo le famiglie che possono essere considerate a forte rischio di povertà arriviamo ad una percentuale molto alta, il 35%. Numeri alla mano, circa 16% delle famiglie sono sotto la soglia di povertà e un altro 19% è comunque sulla soglia di povertà, quindi in una posizione socioeconomica a rischio: queste famiglie, sottolinnea lo Studio, sono particolarmente fragili da un punto di vista reddituale, esposte quindi all’impossibilità del sostenimento dei compiti economici legati alla patologia, compresi quelli indispensabili. Una famiglia su quattro spende più (a volte anche molto di più) di 500 euro mensili per la cura e l’assistenza della patologia. E le spese aumentano considerevolmente se per curarsi occorre spostarsi dal proprio luogo di residenza:il 44% spende mediamente 500 euro per ogni trasferta, ma il 19% spende tra le 500 e i mille euro, e l’8% addirittura supera i milleeuro. Ovviamente più è distante il Centro clinico da raggiungere e maggiori i giorni di permanenza, tanto più le spese si ampliano. Così quasi il 20% delle famiglie dichiara di aver avuto bisogno di aiuti finanziari. Inoltre, molti genitori (per il 40% dei pazienti in età pediatrica addirittura entrambi i genitori), per far fronte ai bisogni assistenziali, peggiorano la propria condizione lavorativa, quando non sono costretti addirittura ad interromperla.
… e costi indiretti. Più dei costi diretti a pesare sulle famiglie sono quelli “indiretti” il cui carico a volte può essere molto più alto. Un elemento importante di costo indiretto è quello legato alla distanza dai centri dove si fa terapia. Quasi il 20% di pazienti che fanno terapia farmacologica deve raggiungere un centro (farmacia, ospedali, ecc) localizzato fuori dalla propria città (o paese) di residenza. Per quelli sottoposti a terapia riabilitativa ben il 37% deve spostarsi dalla propria città di residenza per raggiungere il centro e per loro il costo (non solo di natura economica) aumenta in quanto il 73% deve effettuare la terapia più di due volte a settimana.
Il 22% dei pazienti ha bisogno di un’assistenza domiciliare (medica, assistenziale, riabilitativa, e ultimamente anche progetti di terapia farmaceutica domiciliare per terapie farmacologiche che prima venivano effettuate solo in ospedale). Circa il 30% di quelli che necessitano, o possono permettersi un’assistenza domiciliare ne hanno bisogno in maniera praticamente costante, per oltre 12 ore a giorno, ma il 16.22% ne ha bisogno più di 84 ore alla settimana.
L’identikit delle malattie rare. Nella Comunità Europea il limite di prevalenza è stato stabilito a meno di 1 caso ogni 2mila abitanti. Ma essendo molto ampia la quantità di patologie definibili come rare sono di fatto molti i malati rari: nella Ce le stime sono aggirano intorno ai 30 milioni, mentre solo in Italia, nel 2004, erano 1milione e 500mila; una stima oggi ulteriormente salita.
Dallo studio è emerso che oltre la metà dei pazienti (52,60%) sviluppa la malattia e i suoi sintomi durante l’età pediatrica, e in particolare il 37% durante la prima infanzia. Di più, il 22% dei pazienti nasce già con una più o meno grave sintomatologia. Uno scenario che comporta esigenze specifiche sia rispetto allo sviluppo del paziente, sia rispetto alla sua gestione da parte dei genitori.
Le criticità. Le maggiori criticità nelle malattie rare sono il ritardo diagnostico e la correttezza della diagnosi. Anche se nel corso degli anni i tempi per ricevere una diagnosi si sono ridotti grazie all’avanzamento della tecnica medica, alla sensibilizzazione e alla diffusione della conoscenza su queste malattie, circa la metà dei pazienti hanno ricevuto una diagnosi dopo oltre un anno dall’inizio della sintomatologia, e nel 18% dei casi si è arrivati addirittura a più di dieci anni. Il 35% dei pazienti ha inoltre ricevuto in precedenza altre diagnosi prima di arrivare a quella definitiva e ben il 37% ne ha ricevute più di dieci.
Per il 43% dei pazienti è stato necessario un ricovero. Più della metà (54,6%) è rimasta in ospedale per oltre un mese. Nel 97% dei casi il costo è a carico del Ssn, ma per le famiglie il carico emotivo è devastante. Il 40% dei pazienti ha subito interventi chirurgici (oltre il 60% anche più interventi chirurgici, il 5% addirittura più di dieci).
Per il 20% dei pazienti al momento non esiste, oppure non gli è stata proposta, una terapia specifica per il trattamento della loro patologia. Un paziente su cinque dichiara di non effettuare una terapia specifica. Inoltre la patologia rara è spesso associata (35% dei casi) da patologie secondarie. Su 600 pazienti, la metà fa terapia farmacologica, ma evidentemente un 12% di questi utilizza farmaci che non sono né in esenzione, né in convenzione, con la conseguenza che il costo è totalmente a loro carico. Per 1/3 dei pazienti, il trattamento della patologia rende necessaria una terapia riabilitativa: il 24% tuttavia la paga di tasca propria.
Aspetti assistenziali . Competenze cliniche specialistiche decisamente esigue e dislocate nel territorio nazionale in maniera irregolare. Difficoltà di orientamento nell’individuare i Centri clinici e gli specialisti idonei e competenti. Centri molto distanti rispetto a quelli di residenza degli utenti, e particolarmente nel Sud Italia dove la situazione è drammatica (il 77% per raggiungere i Centri clinici deve spostarsi extra-Regione). Difficile comunicazione della diagnosi.
Sono queste le problematiche emerse sul fronte assistenziale. Dallo studio è emerso in particolare che nonostante la loro scarsità, i Centri clinici sono gli unici punti di riferimento per i pazienti, tant’è che i medici di famiglia sono scarsamente persi in considerazione.
I pazienti sono inoltre soddisfatti dell’assistenza ricevuta dal Centro clinico di riferimento e dal referente territoriale. La comunicazione della diagnosi sembra essere invece particolarmente problematicae così tanto più aumenta l’insoddisfazione della comunicazione della diagnosi, tanto più aumenta il ricorso ad altri specialisti per la conferma diagnostica. La comunicazione della diagnosi sembra quindi molto importante per l’attivazione dei processi di accettazione della malattia e fiducia verso il medico, quindi molto probabilmente anche per la facilitazione dei processi di cambiamento progettuale da parte del paziente e dei suoi famigliari.
E.M.
15 dicembre 2010
© Riproduzione riservata
Altri articoli in Studi e Analisi