Dal 2008, con cadenza annuale, l’Istat diffonde la pubblicazione web Noi Italia che offre una selezione di oltre 100 indicatori statistici sulla realtà del nostro Paese, fornendo un quadro d’insieme dei diversi aspetti ambientali, demografici, economici e sociali dell’Italia, delle differenze regionali che la caratterizzano e della sua collocazione nel contesto europeo.
Si tratta di un prodotto articolato in 6 aree tematiche e 19 settori corredati da grafici, glossario, riferimenti a pubblicazioni e link utili, con possibilità di esportare l’intera base di dati.
Per ogni settore e contesto territoriale (Italia, Regioni, Europa), è possibile consultare la dashboard interattiva che consente la visualizzazione, la condivisione, il download di dati e grafici, nonché la personalizzazione delle tavole di dati e il relativo trasferimento sul proprio computer o dispositivo mobile in formato csv.
Di seguito la sintesi del capitolo dedicato alla sanità e di altri indicatori di interesse sociale.
Al 1° gennaio 2022, con il 13% dei 447 milioni di abitanti dell’Unione europea (Ue), l’Italia si conferma tra i primi Paesi per importanza demografica, dopo Germania (83 milioni) e Francia (68 milioni).
Nel 2021, in Italia, alle conseguenze dirette e indirette della pandemia da COVID-19 sulla dinamica demografica osservate nel 2020, si aggiungono gli effetti recessivi dovuti al calo delle nascite. Il decremento della popolazione residente (-0,3% rispetto all’anno precedente) è dovuto in larga misura alla dinamica naturale. Oltre un terzo dei residenti è concentrato in sole tre Regioni: Lombardia, Lazio e Campania. Il Mezzogiorno si conferma l’area più popolata del Paese. Il decremento di popolazione interessa soprattutto il Centro Italia (-0,5%) e l’Italia settentrionale (-0,4% sia per il Nord-Ovest, sia per il Nord-Est).
Non si ferma la crescita degli indici di vecchiaia e di dipendenza che, al 1° gennaio 2022, raggiungono, rispettivamente, quota 187,9 (anziani ogni cento giovani) e 57,5 (persone in età non lavorativa, ogni cento in età lavorativa). Tra le Regioni, è sempre la Liguria a detenere il valore più elevato dell’indice di vecchiaia (267,2), mentre la Campania (143,6) presenta il valore più basso. In ambito Ue, l’Italia è il Paese con il più alto indice di vecchiaia e fa parte del gruppo dei Paesi con indice di dipendenza più elevato della media europea (56,0).
Nel 2022, la speranza di vita alla nascita della popolazione residente italiana è di 80,5 anni per i maschi e di 84,8 per le femmine. Si vive mediamente più a lungo al Centro-Nord, soprattutto nella Provincia Autonoma di Trento, dove la speranza di vita è di 81,9 anni, per i maschi e 86,3, per le femmine. Il valore minimo della speranza di vita si ha in Campania, sia per i maschi (78,8 anni), sia per le femmine (83,1 anni). L’Italia è tra i Paesi europei con la speranza di vita alla nascita più elevata.
Nel 2021, il numero medio di figli per donna è pari a 1,25, valore di gran lunga inferiore alla soglia minima a garantire il ricambio generazionale (circa 2,1 figli). L’età media della madre al parto è di 32,4 anni e l’Italia è fra i Paesi europei con il calendario riproduttivo più posticipato. A livello regionale, i livelli più alti di fecondità sono nelle Province autonome di Bolzano/Bozen
Condizioni economiche delle famiglie
Nel 2020, il reddito familiare netto medio annuo è di 32.812 euro, ma la metà delle famiglie non supera i 26.597 euro. La distribuzione del reddito a livello regionale mostra forti differenze: Campania e Calabria sono le Regioni dove la diseguaglianza, misurata in termini di concentrazione del reddito, è più elevata, mentre nelle Regioni del Nord prevale una maggiore uniformità. La disuguaglianza nella distribuzione del reddito in Italia è superiore alla media Ue.
Nel 2021, la spesa media mensile delle famiglie residenti in Italia è pari a 2.437 euro, in marcata ripresa (+4,7%) rispetto al 2020, ma la metà delle famiglie spende meno di 2.048 euro al mese. Nelle Regioni del Nord, si spendono mediamente 689 euro in più, rispetto a quelle del Mezzogiorno.
Nel 2021, la povertà assoluta permane sugli elevati valori raggiunti nel 2020, anno di inizio della pandemia da COVID-19, coinvolgendo il 7,5% delle famiglie (1,9 milioni) e il 9,4% degli individui (circa 5,6 milioni) residenti. I minori colpiti dalla povertà assoluta sono 1 milione 382 mila, appartenenti a 762 mila famiglie. La situazione è particolarmente critica per chi vive in affitto: oltre 889 mila famiglie in povertà assoluta sono in affitto e rappresentano il 45,3% di tutte le famiglie povere.
La povertà relativa sale all’11,1%, coinvolgendo circa 2,9 milioni di famiglie (circa 8,8 milioni di individui) concentrate soprattutto nel Mezzogiorno (20,8%), con valori dell’incidenza che raggiungono il 27,5% in Puglia, il 22,8% in Campania e il 20,3% in Calabria.
Nel 2021, nel Mezzogiorno, il 10,0% della popolazione residente (più di 2 milioni di persone) vive in condizione di grave deprivazione materiale e sociale; nel Nord-Est, la quota è 1,9%.
Nel 2022, rispetto all’anno precedente, diminuisce la percentuale delle persone molto o abbastanza soddisfatte per la propria situazione economica (57,0%). Il Nord-Est resta l’area geografica in cui questa percentuale, seppur in diminuzione, è più elevata (61,8%).
Sanità e salute
In Italia, nel 2020, la spesa sanitaria pubblica è di gran lunga inferiore rispetto a quella di altri Paesi europei. A parità di potere di acquisto, a fronte di 3.747,2 dollari per abitante spesi in Italia nel 2020, Olanda, Belgio, Danimarca, Francia, Irlanda, Lussemburgo e Svezia superano i 5 mila dollari, mentre la Germania, con i suoi 6.939 dollari per abitante, si conferma al primo posto per spesa pro capite.
Il confronto europeo evidenzia che, in Italia, nel 2021, la quota di spesa sanitaria privata sulla spesa sanitaria complessiva (pubblica e privata) è uguale al 24,4%, vicina alla quota osservata per l’Austria (23,6%). Il Paese in cui i contributi della spesa privata sono maggiori è il Portogallo (36,0%); tutti gli altri Paesi dell’Ue presentano quote inferiori al 30% e i contributi minori si registrano per la Germania (14,0%).
L’offerta ospedaliera continua a ridursi nel tempo, con un conseguente risparmio di risorse economiche. La tendenza verso un modello di rete ospedaliera sempre più integrato con l’assistenza territoriale ha determinato una diminuzione del numero di ospedali (da 1.378, nel 2002, a 1.048, nel 2020) e della dotazione di posti letto che, negli stessi anni, è passata da 4,4 ogni mille abitanti a 3,1. I posti letto ospedalieri diminuiscono in tutte le Regioni italiane: Lazio, Toscana, Molise, Calabria, Friuli Venezia Giulia e Provincia Autonoma di Bolzano/ Bozen, registrano la riduzione maggiore. Nel 2020, si osserva un ampio divario tra le aree geografiche del Paese: il Mezzogiorno presenta valori al di sotto della media nazionale (2,8 per mille abitanti). In particolare, il valore più basso si registra in Campania e Calabria (2,6 posti letto per mille abitanti), mentre il valore più alto si osserva in Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste (3,9). L’Italia è tra i Paesi dell’Ue con i livelli più bassi di posti letto per mille abitanti.
Nel 2021, viene recuperato, anche se parzialmente, il decremento dell’attività ospedaliera registrato nel 2020, in conseguenza della pandemia da COVID-19. Nel 2021, i ricoveri ospedalieri per 100 mila abitanti, in regime ordinario, per le malattie del sistema circolatorio, sono il 15,4% in meno rispetto al 2019 (da 1.810 nel 2019 a 1.530 nel 2021); quelli per tumori il 7,2% in meno (da 1.102 a 1.023). La riduzione dei ricoveri per malattie del sistema circolatorio è stata più consistente per i maschi (il tasso nel 2021 ha avuto una variazione negativa del 13,7% rispetto al 2019),), mentre per i tumori è stata più forte per le femmine (il tasso nel 2021 ha avuto una variazione negativa del 5,5% rispetto al 2019).
Nel 2021, con il recupero di parte dell’attività ospedaliera dopo lo shock pandemico, rispetto al 2020, anche l’emigrazione ospedaliera è in aumento in tutte le Regioni, eccetto Provincia Autonoma di Trento, Lazio e Abruzzo, dove rimane ai livelli del 2020. L’indice di attrazione continua ad essere superiore a 1 in molte Regioni del Centro-Nord (per effetto di una mobilità in entrata, maggiore di quella in uscita), ma in diminuzione in Lombardia.
In Italia, nel 2020, il tasso di mortalità per le malattie del sistema circolatorio, principali cause di decesso insieme ai tumori, ridottosi negli ultimi 10 anni, ha subito una battuta d’arresto, tornando ai valori del 2018 (28,1 decessi per 10 mila abitanti). Si evidenzia uno svantaggio delle Regioni del Mezzogiorno, dove il tasso è uguale a 31,8 decessi per 10 mila abitanti, mentre, nelle ripartizioni del Centro-Nord, questo valore è di 26,5.
Continuano a diminuire, in Italia, anche la mortalità per tumori (23,9 decessi per 10 mila abitanti) e le differenze di genere in quest’ambito. I tassi più elevati si registrano nel Nord-Ovest (24,3 decessi per 10 mila abitanti), ma nel confronto tra le Regioni, Sardegna e Campania hanno i tassi più elevati per la componente maschile della popolazione (rispettivamente, 34,0 e 32,9).
In Italia, i maschi presentano livelli di mortalità superiori a quelli delle femmine, sia per malattie del sistema circolatorio, sia per tumori, dove il divario di genere diminuisce nel tempo. A livello europeo, i tassi di mortalità per tumori e per malattie del sistema circolatorio registrati in Italia sono entrambi inferiori a quelli della maggior parte dei Paesi Ue (dati 2020).
In Italia, il tasso di mortalità infantile, importante indicatore del livello di sviluppo e benessere di un Paese, presenta, fin dal 2014, un valore inferiore a tre decessi per mille nati vivi. Nel 2020, il tasso è pari a 2,5 decessi per mille nati vivi, come nel 2019. Anche la mortalità infantile è più elevata nel Mezzogiorno (3,2 decessi per mille nati vivi), mentre nel Nord-Est mostra il valore più basso (1,9). La disuguaglianza territoriale tra Mezzogiorno e Nord d’Italia, ridottasi nel 2019, è tornata ad aumentare. L’Italia si conferma tra i Paesi con il più basso valore del tasso di mortalità infantile (2,6 per mille nati vivi, mentre la media Ue è di 3,3 per mille), valore simile a quello della Spagna.
Nel 2021, In Italia, si registra un incremento, rispetto all’anno precedente, delle percentuali di fumatori (19,0%), e delle persone obese (10,7%), mentre diminuisce la quota di consumatori di alcool a rischio (14,5%). In particolare, tra le ripartizioni, la quota di fumatori più alta si rileva nel Centro (21,5%), mentre nel Centro-Nord è più alta la quota di consumatori di alcool a rischio (16,3%); nel Mezzogiorno quella di persone obese (13,9%).
Protezione sociale
Nel 2021, in Italia, la spesa per la protezione sociale è il 32,5% del Pil. È destinata prevalentemente alla funzione vecchiaia (47,3%) e alla funzione malattia (23,0%), ma è rilevante anche l’incidenza delle due funzioni congiunte, disoccupazione e altra esclusione sociale non altrove classificata (11,8%). La spesa pro capite per la protezione sociale è di 9.591 euro annui, appena al di sopra della media Ue (9.538 euro). Se rapportata al Pil, la spesa dell’Italia (34,4% nel 2019) supera la media Ue (31,8%).
Nel 2020, la spesa per prestazioni sociali erogate dagli enti previdenziali registra un aumento, rispetto all’anno precedente, attestandosi al 22,4% del Pil, quasi 6.268 euro pro capite. Ad influenzare la crescita dell’indicatore, oltre all’aumento degli importi erogati (342,9 miliardi di euro nel 2019; 372,6 miliardi di euro nel 2020), gioca un ruolo importante la flessione del Pil, dovuta alla pandemia da COVID-19. La spesa per prestazioni sociali è solo in parte coperta dai contributi sociali: l’indice di copertura previdenziale, misurato dal rapporto tra contributi e prestazioni (nel 2020 in diminuzione di 8,7 punti percentuali, rispetto all’anno precedente), risulta, infatti, del 66,0%.
Nel 2020, la spesa dei Comuni per i servizi sociali, al netto del contributo degli utenti e del Servizio Sanitario Nazionale, ammonta a 7,848 miliardi di euro, corrispondenti allo 0,47% del Pil. Il 36,9% delle risorse gestite dai Comuni per i servizi sociali è destinato alle famiglie con figli, il 25,0% ai disabili, il 15,9% agli anziani. A causa della pandemia, si registra un aumento degli interventi a supporto delle famiglie in difficoltà economica; di conseguenza, è aumentata la spesa per l’area di utenza “povertà, disagio adulti e senza dimora”, passata dal 7,5% della spesa, nel 2019, al 12,2%, nel 2020. La spesa rimanente è rivolta per il 4,3% agli immigrati, per lo 0,3% alle dipendenze da droghe e alcool e per il 5,4% alle spese generali, di organizzazione e per i servizi rivolti alla “multiutenza”.
Nel 2020, la spesa pro capite per il welfare territoriale ammonta a 132 euro, a fronte dei 126 del 2019. Nel Mezzogiorno, con l’eccezione della Sardegna, che ha una spesa di 283 euro per abitante, i livelli pro capite sono decisamente inferiori a quelli del Centro-Nord (87,0 euro circa, a fronte di quasi 155,0), con un livello minimo in Calabria (circa 28 euro).
Scienza, tecnologia e innovazione
Nel 2020, la spesa per ricerca e sviluppo in Italia ammonta a circa 25 miliardi di euro, con un’incidenza dell’1,51% in rapporto al Pil, a fronte di una media dell’Unione europea del 2,30%. L’Italia non ha ancora raggiunto l’obiettivo nazionale della Strategia Europa 2020 (1,53%) ed è ancora distante dal target europeo del 3%, superato invece da Svezia, Belgio, Austria e Germania.
Nel 2021, il 74,8% delle imprese con almeno 10 addetti utilizza un sito web o pagine web per valorizzare la propria attività. Le imprese del Mezzogiorno sfruttano meno (65,2%) le possibilità offerte dal web rispetto a quelle del Centro-Nord (77,3%). A livello europeo, l’Italia è quattordicesima nella graduatoria che vede Finlandia e Paesi Bassi ai primi posti, con quote superiori al 91,0%.
Gli addetti alla ricerca e sviluppo (in unità equivalenti a tempo pieno), nel 2020, in diminuzione rispetto all’anno precedente (-3,8%), sono in media 5,8 ogni mille abitanti, valore ancora inferiore alla media dei Paesi dell’Ue (6,6). Si conferma la forte disparità tra Centro-Nord e Mezzogiorno.
Nel triennio 2018-2020, il 50,9% delle imprese ha svolto o introdotto attività finalizzate all’innovazione, una quota in calo di circa 5 punti percentuali, rispetto al periodo 2016-2018. L’Industria si conferma il settore più dinamico (58,5% di imprese con attività innovative), ma anche il più colpito dal calo degli investimenti in innovazione (-7,2 punti percentuali, rispetto al triennio precedente).
Nel 2021, il 74,8% delle imprese italiane con almeno 10 addetti utilizza un sito web o pagine web per valorizzare la propria attività (65,2% nel Mezzogiorno). A livello europeo, l’Italia recupera posizioni, attestandosi al quattordicesimo posto in graduatoria.
Nel 2020, aumenta, rispetto all’anno precedente, la quota di giovani tra i 20 e 29 anni che hanno conseguito una laurea in discipline tecnico-scientifiche (16,5 per mille residenti), con una quota del 19,6 per mille tra i maschi e del 13,2 per mille tra le femmine. Rispetto al 2019, si registra una crescita di 0,4 punti, con un divario di genere stabile, confermando quindi il trend lievemente crescente degli ultimi anni. La ripartizione territoriale che presenta l’aumento più consistente è il Nord-Ovest. Nonostante la crescita continua registrata negli anni, permane il divario rispetto a gran parte dei Paesi europei.
Nel 2022, in Italia, l’83,1% delle famiglie dispone di un accesso ad Internet da casa, con un aumento di +1,6 punti percentuali, rispetto all’anno precedente. Diminuiscono le differenze tra le ripartizioni territoriali, ma nonostante ciò, si conferma il vantaggio del Centro-Nord, rispetto al Mezzogiorno (rispettivamente, l’84,6% e il 79,8% delle famiglie). Infatti, le Regioni con il minor tasso di diffusione sono Calabria, Basilicata e Puglia; sul versante opposto si collocano, invece, Trentino Alto Adige/Südtirol e Lombardia.
Nel 2022, la percentuale di famiglie italiane con almeno un componente nella fascia d’età tra i 16 e i 74 anni che dispone di un accesso ad Internet è pari a 91,5%, valore prossimo alla media Ue (92,5%).
L’uso regolare di Internet, nel 2022, ha riguardato il 78,5% della popolazione di 6 anni e più residente in Italia. Naviga sul web l’81,5% dei maschi e il 75,7% delle femmine, va però sottolineato che tale divario è tipico delle fasce di età più anziane. Permane il vantaggio del Centro-Nord (80,8%) rispetto al Mezzogiorno (73,9%). Nella Provincia Autonoma di Trento (85,4%) si trova la più alta percentuale di internauti. La Calabria è la Regione con la quota più bassa (68,4%). A livello europeo, l’Italia occupa le ultime posizioni nella graduatoria dei Paesi dell’Ue, con l’82,9% di utenti Internet regolari, nella fascia d’età tra i 16 e i 74 anni. Il valore medio per i 27 Paesi dell’Ue è 88,6%.
Ambiente
Nel 2021, i rifiuti urbani prodotti, in aumento (+2,3%) rispetto all’anno precedente, ammontano a 29,6 milioni di tonnellate, con una produzione pro capite annua di 500,9 kg per abitante (+2,9%). Emilia-Romagna, Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste e Toscana hanno la maggiore produzione annua pro capite di rifiuti, con oltre 600 kg per abitante, mentre Calabria, Molise e Basilicata hanno una produzione inferiore ai 409 kg per abitante.
La quota di rifiuti raccolti e smaltiti in discarica è in diminuzione rispetto all’anno precedente (-5,6%): nel 2021, sono il 19,0% del totale dei rifiuti urbani prodotti. La situazione di maggiore criticità, con quote superiori al 50% di rifiuti urbani conferiti in discarica, si riscontra in Molise (90,4%), che importa da altre Regioni il 31,4% dei rifiuti da smaltire in discarica, in Sicilia (51,5%) e nelle Marche (50,1%). Le quote sono minime, invece, in Lombardia (3,6%), che esporta fuori regione il 38,1% dei propri rifiuti urbani da smaltire in discarica e nella Provincia Autonoma di Bolzano/Bozen (1,4%). La Campania esporta in altre Regioni tutti i rifiuti urbani destinati allo smaltimento in discarica. Secondo la direttiva UE 2018/850, entro il 2035, lo smaltimento in discarica dei rifiuti non dovrà superare il 10%.
La raccolta differenziata, fattore strategico per la corretta gestione dei rifiuti, nel 2021, sale al 64,0%, confermando il trend di crescita degli ultimi anni. L’obiettivo nazionale del 65,0% previsto dal D.lgs. n. 152/2006 per il 2012, non è ancora raggiunto; solo dieci Regioni, nelle quali risiede complessivamente il 50,3% della popolazione nazionale, hanno superato il target: Provincia Autonoma di Trento (77,5%), Veneto (76,2%), Sardegna (74,9%), Lombardia (73,0%), Emilia-Romagna (72,2%), Marche (71,6%), Friuli-Venezia Giulia (67,9%), Provincia Autonoma di Bolzano/Bozen (67,1%), Umbria (66,9) e Piemonte (65,8%). Sicilia (46,9%), Calabria (53,1%) e Lazio (53,4%) sono le Regioni meno virtuose.
Nel 2021, con la ripresa della mobilità e delle attività economiche post COVID-19, le emissioni totali di gas serra aumentano del 6,2% rispetto all’anno precedente. Sardegna e Valle d’Aosta/ Vallée d’Aoste sono le Regioni con il più alto valore di emissioni pro capite di gas serra, mentre la Campania mostra il valore più basso (3,3 tonnellate). L’inquinamento dell’aria continua a rappresentare uno dei principali problemi ambientali, soprattutto in ambito urbano. Nel 2022, il 37,0% delle famiglie percepisce come inquinata l’aria della zona in cui vive, mentre quasi un quinto delle famiglie segnala la presenza di odori sgradevoli. Le famiglie di Lombardia e Campania percepiscono maggiormente la presenza di inquinamento dell’aria nella zona in cui vivono; il problema degli odori sgradevoli è lamentato soprattutto dalle famiglie che vivono in Campania e Lazio.
Nel 2020, i prelievi d’acqua per uso potabile presentano una contrazione (-0,4% rispetto al 2018). Sul territorio Italiano, gli enti gestori di fonti di approvvigionamento d’acqua per uso potabile prelevano complessivamente un volume di 9,2 miliardi di metri cubi, corrispondente a una produzione giornaliera di 25,1 milioni di metri cubi di acqua, pari a 422 litri per abitante. I gestori delle reti comunali di distribuzione dell’acqua potabile immettono complessivamente in rete 8,1 miliardi di metri cubi d’acqua (373 litri per abitante al giorno), a fronte di un volume erogato agli utenti finali di 4,7 miliardi di metri cubi (215 litri per abitante al giorno). Ne consegue che il volume delle perdite idriche totali, nella fase di distribuzione dell’acqua, è pari a 3,4 miliardi di metri cubi; pertanto, il 42,2% dell’acqua immessa in rete non raggiunge gli utenti finali. Lo 0,1% della popolazione residente in Italia (quasi 65 mila abitanti) abita in 15 Comuni, in cui è completamente assente il servizio pubblico di distribuzione dell’acqua potabile.
Nel 2020, l’88,7% dei residenti è allacciato alla rete fognaria pubblica. La depurazione delle acque reflue urbane è garantita da 18.042 impianti in esercizio, che trattano un carico inquinante medio effettivo annuo di quasi 68 milioni di abitanti equivalenti. Lo 0,7% della popolazione (386 mila residenti) risiede in Comuni completamente privi del servizio di fognatura pubblica, mentre il 2,2 % (1,3 milioni) in Comuni completamente privi del servizio di depurazione delle acque reflue urbane.
Nel 2021, in Italia, sono 5.524 le aree adibite alla balneazione, rappresentate dalle acque marino-costiere, di transizione e interne superficiali. Di queste, l’87,9% ha una qualità delle acque di balneazione eccellente. L’Italia è molto vicina all’obiettivo previsto dalla normativa dell’Ue, che mira a garantire che tutti i siti delle acque di balneazione siano conformi alla qualità almeno sufficiente, aumentando il numero di quelle in classe buona ed eccellente (il 97,4% dei siti monitorati). La Puglia (99,9% dei siti) e la Sardegna rispettano (97,3%) più delle altre Regioni gli standard più rigorosi (qualità eccellente). In quasi tutte le Regioni, si registra ancora una minima presenza di siti con acque scarse o non classificate, che impediscono il raggiungimento pieno dell’obiettivo della normativa dell’Ue. L’Italia detiene il maggior numero di siti con balneabilità eccellente dell’Ue (26,6%) ed è seguita nella graduatoria da Francia, Germania, Spagna e Grecia.