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Le aggressioni ai medici sono anche l’espressione di una profonda crisi della medicina

di Maria Luisa Agneni

Non ho sentito un solo commento sullo scollamento totale fra quello che si aspetta la società e quello che noi medici oggi siamo in grado di offrire. Non un commento sulla crisi profonda della medicina come se non esistesse o come se nessuno la percepisse e come se questi atroci incidenti fossero solo la manifestazione della inevitabile isolata follia umana.

05 MAG -

La brutale e tragica aggressione alla collega Barbara Capovani ci ha riportato a riflettere addolorati ed indignati sull’accaduto e a immaginare ipotetiche soluzioni da più parti come una maggiore vigilanza nei presidi sanitari , in particolar modo presso quelli psichiatrici o i SERD, o ampliare il tempo di cura per poter istaurare una migliore relazione medico-paziente e molto altro; tutte ipotesi degne di considerazione ma che riguardano ,a mio avviso ,solo la punta di un iceberg che quando emerge è sempre a nostro carico e a costi elevatissimi .

Non ho sentito un solo commento sullo scollamento totale fra quello che si aspetta la società e quello che noi medici oggi siamo in grado di offrire. Non un commento sulla crisi profonda della medicina come se non esistesse o come se nessuno la percepisse e come se questi atroci incidenti fossero solo la manifestazione della inevitabile isolata follia umana.

Prima di analizzare il motivo principale della aggressività nei nostri confronti e che presumibilmente si esprimerà ancora vorrei puntualizzare qualche aspetto piuttosto sottaciuto.

1)Le aggressioni dei folli nei confronti dei medici non è solo un problema degli psichiatri perché questi pazienti si rivolgono anche ai loro mmg , ai pls dei figli,alla guardia medica e ad altri specialisti di qualsiasi branca che spesso non hanno gli strumenti professionali per ben relazionarsi con loro e che dunque potenzialmente sono più esposti ad essere aggrediti.

2)Tutti i giorni i pazienti ( esauriti? arroganti? ) alzano la voce con noi per presunti diritti negati soprattutto con le “mediche “ che ancora troppo spesso vengono chiamate signore con evidente intento svalutativo tanto che qualsiasi nostro tentativo di correzione viene preso con stizza . Infatti se ci fosse stato un uomo al nostro posto nessuno lo avrebbe chiamato signore. A proposito di diritti negati ricordo la pretesa piuttosto frequente a noi pneumologi di mantenere un vitalizio di ossigenoterapia a lungo termine solo perché prescritta una volta da una dimissione ospedaliera dopo una riacutizzazione che dopo qualche settimana in fase di stabilizzazione non sarebbe più stata necessaria , anzi, ma che continuava ad essere voluta con minacce di vario tipo. O quello di un paziente che si definiva asmatico senza produrre alcuna documentazione ma avendo in tasca il broncodilatatore pretendeva di anticipare la sua vaccinazione anti Covid nel gruppo dei pazienti fragili per poi poter andare in vacanza con più tranquillità minacciando con urla e strepiti di sbattermi su tutti i giornali il giorno dopo. O quello che urlando e minacciando chiedeva una diagnosi di fibrosi polmonare per poter attribuirne la responsabilità all’ospedale dove era stato per Covid in terapia intensiva e dove gli avevano salvato la vita avendo con sé solo il suo torace dall’Esame Obiettivo negativo.

Sono solo alcuni esempi molto frequenti da dove emerge irragionevolezza, mancanza di fiducia, furbizia , disonestà, follia che ognuno di noi sperimenta molto spesso e per di più in solitudine . Chi lavora nel SSN sa bene quanto anche l’esasperazione delle file, delle liste di attesa o delle problematiche organizzative , persino il pagamento delle strisce blu ,vengono scaricate con rabbia sull’ultimo anello di una catena di cui il sanitario non solo è estraneo ma a suo modo ne è anche vittima.

3)E cosa dire degli avvisi di garanzia che riceviamo ? non sono aggressioni anche quelle? Quante colleghe e colleghi hanno interrotto definitivamente la loro attività e quanti di loro sono morti per infarto o per un ictus o si sono ammalati dopo un’esperienza del genere? Perché la vita media di un medico è più bassa rispetto a quella della popolazione generale? Segnalare oggi un presunto omicidio colposo è un atto che non costa nulla , può solo portare un vantaggio economico poiché gli avvocati verranno pagati solo se otterranno un risarcimento ma intanto si avvia una macchina costosa di difensori, periti etc… e soprattutto tempi della giustizia che per un innocente che si deve giustificare di fronte a menzogne spesso costruite ad arte sono un’eternità . Eppure se ci fosse una legge che prevedesse in automatico il risarcimento delle spese legali e dei danni morali nei confronti del medico riconosciuto innocente o il cui procedimento è stato archiviato queste ignobili cause si ridurrebbero notevolmente.

Di questo nessuno se ne sta occupando e la legge Gelli, spacciata come più garantista nei confronti dei sanitari, si è rivelata una assurda trappola in nome dell’osservanza di linee guida troppo spesso non adeguate al singolo e specifico caso e ha fatto sì che i procedimenti nei confronti dei medici aumentassero in maniera esponenziale .Le migliaia di aggressioni annue porteranno i medici , loro malgrado , a scegliere casi clinici meno impegnativi nonostante la loro brillante competenza e verso una medicina difensiva dal costo pubblico esorbitante.

Ma veramente pensiamo di ridurre le aggressioni cercando la protezione nelle leggi che pure devono essere migliorate? Potremmo mai recuperare la credibilità organizzando meglio la nostra autonomia in nome della nostra autorità? O piuttosto non bisognerebbe lavorare sull’autorevolezza e puntare sul saper ragionare, pensare, interpretare sul diventare sempre più un soggetto pensante?

Per millenni la malattia è stata considerata una colpa e il termine paziente (colui che deve patire, sopportare) ce lo conferma. Ma ormai da tempo i pazienti in questa società sono scomparsi per lasciare il posto agli individui e ai cittadini con diritti che tendono a contrattualizzare ogni rapporto pur essendo ancora considerati dalla medicina oggetti guasti da riparare o malattie parlanti.

Ma chi ha diritto alla salute non può essere considerato colpevole della propria malattia e dunque la malattia rischia di diventare una colpa del medico ovvero di chi ,si presume per incapacità, non sia in grado di guarire .

In fondo i media ogni giorno ci offrono informazioni ottimistiche sui passi da gigante della ricerca che cura e guarisce sempre più rispetto a ieri creando soprattutto audience e aspettative inducendo il pubblico a credere che ormai tutto si cura e da tutto si può guarire oggi più che mai… ma la realtà spesso non corrisponde e allora la rabbia monta verso chi non saprebbe fare bene il proprio mestiere.

Se non considereremo al centro del nostro studio il malato a fianco della malattia e la relazione con il proprio medico, cioè se non ripenseremo la medicina e la modalità di fare il medico in una radicale riforma della medicina e della professione le aggressioni non diminuiranno.

C’è bisogno di un medico che sappia utilizzare le migliori evidenze ma che sappia anche scegliere il meglio per la singolarità del proprio malato singolarità e peculiarità che solo con un attento recupero della clinica e dell’attenzione alle complessità potranno essere soddisfatte.

Per comprendere i grandi problemi della professione, quelli relativi alla fiducia /sfiducia sociale, o quelli relativi alle cure adeguate, non bastano più le analisi sull’organizzazione, sulla gestione, sui finanziamenti, cioè sui problemi dei servizi intesi come contenitori ma servono anche analisi sui contenuti, sui modi, sugli approcci culturali, sulla formazione e quindi sulle prassi come espressione di una certa medicina e di una certa cultura medica. Serve una riforma e un ripensamento radicale della medicina.

Questa è la strada per recuperare autorevolezza e la fiducia dei cittadini , che finalmente saranno trattati non da sacerdoti / sacerdotesse della scienza , diventata una specie di religione laica ma da medici formati alla complessità che ragionevolmente e responsabilmente sappiano usare il pensiero discrezionale.

Il medico che vuole essere adeguato alle necessità specifiche dei malati deve essere pragmatico, ben formato scientificamente, in grado di ragionare e di utilizzare le evidenze scientifiche, le esperienze cliniche proprie ed altrui e di interpretare le numerose singolarità di chi soffre allora e solo allora si ricucirà lo scollamento fra quello che la società si aspetta da noi e quello che saremo in grado di offrire con le conseguenze di un recupero della nostra credibilità e della nostra autorevolezza .

Maria Luisa Agneni

Pneumologa Ambulatoriale ASL Roma 1



05 maggio 2023
© Riproduzione riservata


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