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Sulla sanità stop a chiacchiere e annunci

di Ettore Jorio

Sul settore occorre andare di cazzuola, ovverosia fare ciò che necessita nel più breve tempo possibile, perché nel frattempo si moltiplicano i disagi e si registrano tanti morti in più di malasanità. Meglio, di una assistenza che non c’è. E qui, entra in gioco il PNRR, che anche in sanità fa le bizze, tra un errore di ipotesi e l’altro. Tra il solito assistenzialismo politico e le vere necessità, dettate da una realtà nota a tutti.

14 APR -

Vietato parlare al futuro. E’ quanto occorrerebbe fare in sanità, dopo gli orrori vissuti durante il Covid. E’ assurdo dire che si faranno le cose, a Iddio piacendo. Necessiterebbe andare di cazzuola, ovverosia fare ciò che necessita nel più breve tempo possibile, perché nel frattempo si moltiplicano i disagi e si registrano tanti morti in più di malasanità. Meglio, di una assistenza che non c’è.

E qui, entra in gioco il PNRR, che anche in sanità fa le bizze, tra un errore di ipotesi e l’altro. Tra il solito assistenzialismo politico e le vere necessità, dettate da una realtà nota a tutti.

Sulla carta: a) 1350 Case della comunità - distribuite alla meno peggio secondo i vecchi metodi di accontentare la politica territoriale e senza la benché minima rilevazione del fabbisogno epidemiologico di prossimità - che saranno edificate, aperte e rese funzionanti; b) idem per i 400 ospedali di comunità, collocati de residuo, ovvero in siti lasciati scoperti dalle case di comunità, utili ad accontentare la politica locale, prescindendo dalla discontinuità assistenziale così determinata; c) 600 centrali operative territoriali concretizzate nell’immaginario collettivo, quale soluzione venduta come utile a risolvere il ricovero improprio.

Di tutto questo, messo a terra il nulla.

Insomma, con un Pnrr destinato ad offrire, per volontà UE, risultati pratici contro i vecchi problemi di disservizio sociosanitario, si è arrivati a constatare la loro perduranza. Tanta promozione fine a se stessa con le persone abbandonate a ciò che c’era prima della pandemia, con in più le paure che il Covid ha lasciato nella loro anima e le patologie da esso derivanti ancora senza soluzione assistenziale specifica.

D’altronde, cosa ci si aspettava di vedere di diverso senza la benché minima programmazione che tenesse conto delle modificate esigenze erogative dell’assistenza ospedaliera e di quella distrettuale, con in esse innestate, in via teorica, le strutture anzidette introdotte dal DM77. Senza contare che la prevenzione è rimasta come prima, inesistente sul piano della erogazione concreta. Era facile presumere che accadesse ciò, con uno Stato che ha cessato di elaborare il Piano Sanitario Nazionale dal 2006. Era il minimo che potesse capitare, nonostante la lezione dei morti da Covid sui quali ha contribuito l’inesistenza di un Piano pandemico, meglio riciclato nella copertina.

E a fronte di tutto questo un disagio super, con un Pnrr che sta dando prova della sua inutilità sul piano della concretezza.

Oltre 15 miliardi resi disponibili dalla Missione 6, a fronte dei quali solo poche decine di milioni spesi, però lo più per fare un intervento di chirurgia plastica alle case della salute esistenti. Stessa cosa con la telemedicina, rimasta incollata ai blocchi di partenza, e con le tecnologie, finanziate dalla specifica componente 2, che innovative non sono state affatto e neppure assistite dai costi di impianto e rottamazione dell’usato. Una nota dolente, questa, che in tempi di intelligenza artificiale che galoppa l’occupazione del sistema della salute, supporre di investire su ciò che sarà di qui a poco obsoleto non costituisce affatto un buon investimento.

Senza contare che per configurare il servizio sanitario nazionale necessiterà mettere a sistema sia il ricorso alla Missione 5 riferita alle infrastrutture sociali che alla Missione 4 riferita alla ricerca, quella vera però, senza la quale non si arriva da alcuna parte.

Su tutto, si renderà necessario, sulla base delle previsioni della legge di bilancio 2023, scomporre il mondo dell’assistenza sociosanitaria al fine di tirare fuori, entro il 31 dicembre di quest’anno, la griglia attualizzata dei Lea con ad essa relazionati i costi e i fabbisogni standard necessari a renderli sostenibili nel Paese, uniformemente.

Perdere tempo, il disastro erogativo non avrà mai fine.

Ettore Jorio



14 aprile 2023
© Riproduzione riservata


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