La carenza di operatori sanitari attraversa tutta l’Italia senza distinzione tra Nord e Sud. Mancano medici ospedalieri, di famiglia, pediatri di libera scelta e infermieri, ma il fenomeno della desertificazione sanitaria diventa esplosivo soprattutto le zone periferiche ed ultraperiferiche delle aree interne del Paese.
Il sovraffollamento negli studi dei Medici di medicina generale e dei Pediatri di libera scelta è evidente in particolare nel Nord del Paese, ad esempio ad Asti e provincia c’è un solo pediatra per 1.813 bambini e non ogni 800 bambini come prevede la normativa.
E ancora, la carenza di ginecologici ospedalieri colpisce, oltre Caltanissetta, dove c’è uno specialista ogni 40.565 donne, anche Macerata, Viterbo, La Spezia e tre province della Calabria (Reggio Calabria, Vibo Valentia e Cosenza).
Nella Provincia Autonoma di Bolzano mancano non solo i Mmg, ma anche i cardiologi ospedalieri: qui c’è un professionista ogni 224.706 abitanti (la media è di 1/6.741), invece a Pisa e provincia abbondano (1/3.147).
Nella provincia di Reggio Emilia c’è invece penuria di farmacisti ospedalieri: uno ogni 264.805 abitanti (la media è di 1/26.182), mentre va meglio nella provincia di Forlì-Cesena con 1/9.982.
E il problema rischia di non essere colmato dai fondi messi a disposizione dal Pnrr. Soltanto il 16-17% delle Case e degli Ospedali di Comunità, infatti, sarà realizzato in queste zone. E non è previsto alcun Ospedale di Comunità nelle aree interne periferiche ed ultra periferiche di 7 Regioni, Piemonte, Liguria, Valle D’Aosta, Trentino Alto Adige, Friuli Venezia Giulia, Umbria e Marche.
Sono questi alcuni dati emersi dal Report di Cittadinanzattiva “Bisogni di salute nelle aree interne, tra desertificazione sanitaria e Pnrr” presentato a Roma presso la Sala di Rappresentanza in Italia della Commissione Europea. L’iniziativa rientra nell’ambito del progetto europeo AHEAD “Action for Health and Equity: Addressing Medical Deserts” (finanziato da EU4Health, il quarto programma dell’Unione europea dedicato alla salute in vigore per il periodo 2021-2027) che ha l’obiettivo di analizzare il fenomeno dei cosiddetti “deserti sanitari” a livello europeo.
Sotto la lente sono finiti pediatri di libera scelta, medici di medicina generale, ginecologi, cardiologi e farmacisti (questi ultimi tre ospedalieri) per ciascuna provincia italiana (sono stati utilizzati dati ufficiali forniti dal Ministero della Salute relativi al 2020)
“Dalla rassegna stampa di questi ultimi giorni – ha affermato Anna Lisa Mandorino, segretaria generale di Cittadinanzattiva – abbiamo notizia ad esempio della carenza di pediatri a Cagliari, di medici di medicina generale a Rescaldina e a Legnano nell’area metropolitana di Milano, così pure a Palomonte e Pisciotta nel Cilento, di radiologi per refertare gli Holter a Manfredonia, e di ginecologi nell’ospedale di Mirandola. Mancano dati certi, aggiornati e facilmente reperibili sulla carenza di personale sanitario, e questo non agevola la programmazione degli interventi e la destinazione delle risorse.
Le riforme previste anche dal Pnnr potranno avere gli effetti sperati, infatti, se all’investimento sulle strutture, case e ospedali di comunità in primis, si affiancherà un adeguamento investimento sul personale. Allo stesso modo occorre dislocare gli spazi di salute rafforzando le aree deboli del Paese e tenendo conto della natura dei territori e non soltanto di una logica aritmetica che guarda esclusivamente al numero di abitanti. Per questo – conclude – in occasione della prossima Giornata europea dei diritti del malato, in programma il 18 aprile, promuoveremo una mobilitazione nazionale e locale a difesa del Ssn e per una riforma dell’assistenza territoriale che sia davvero a misura dei territori”.
Ma cosa è emerso dal Report? In 39 province, più di un terzo delle province italiane, gli squilibri tra numero professionisti e cittadini sono più marcati. In particolare primeggiano sei province in Lombardia (Bergamo, Brescia, Como, Lecco, Lodi, Milano) e Piemonte (Alessandria, Asti, Cuneo, Novara, Torino, Vercelli), seguite dal Friuli Venezia Giulia (Gorizia, Pordenone, Udine, Trieste) e dalla Calabria (Cosenza, Crotone, Reggio Calabria, Vibo Valentia) con quattro province. Seguono Veneto (Treviso, Venezia, Verona), Liguria (Imperia, La Spezia, Savona) ed Emilia Romagna (Parma, Piacenza, Reggio Emilia), con tre province a testa, Trentino Alto Adige (entrambe le province autonome di Bolzano e Trento) e Lazio (Latina e Viterbo).
Nel dettaglio, Asti e provincia contano meno pediatri per numero di bambini (ogni professionista segue 1.813 bambini fra gli 0 e i 15 anni, la media nazionale è di 1/1061 e la normativa prevede circa 1 pediatra per 800 bambini). Nella provincia di Bolzano ogni medico di medicina generale segue in media 1.539 cittadini dai 15 anni in su (la media nazionale è di 1 medico ogni 1.245 pazienti, sebbene la normativa fissi tale rapporto a 1/1.500).
A Caltanissetta e provincia c’è un ginecologo ospedaliero ogni 40.565 donne (la media italiana è di 1/4.132), il miglior dato si registra a Roma con un rapporto di 1/2.292: in pratica, la situazione in provincia di Caltanissetta è 17 volte peggiore rispetto a chi vive in provincia di Roma. Considerando invece i cardiologi ospedalieri, la situazione nella Provincia Autonoma di Bolzano è addirittura 71 volte peggiore rispetto a chi vive in provincia di Pisa: a Bolzano si trova un cardiologo ospedaliero ogni 224.706 abitanti (la media è di 1/6.741), il dato migliore a Pisa e provincia con 1/3.147. In merito ai farmacisti ospedalieri, invece, il rapporto peggiore si segnala nella provincia di Reggio Emilia dove c’è un professionista ogni 264.805 abitanti (la media è di 1/26.182), il migliore nella provincia di Forlì-Cesena con 1/9.982.
Aree interne: 508 Case e 163 Ospedali di comunità previsti in questi territori. Rischio sguarnimento totale per zone ultraperiferiche di Liguria e Valle D’Aosta. I fondi e i progetti previsti dal Pnrr avrebbero la potenzialità di ridurre alcuni gap storici, come quello dell’assistenza territoriale in alcune aree del Paese. Per questo, nel Report Cittadinanzattiva analizza anche quante Case e Ospedali di Comunità si prevede di realizzare nelle aree interne appartenenti alle 39 province dove la carenza di personale sanitario è più marcato.
Ma i risultati non sono incoraggianti: su 1.431 Case della Comunità e su 434 Ospedali di Comunità previsti da Pnrr, poco più di un terzo – ossia 508 Case, pari al 35,5%, e 163 Ospedali, pari al 37,6% - saranno realizzati nelle aree interne. Tuttavia a restare quasi sguarniti saranno soprattutto gli oltre 5 milioni di cittadini che vivono nelle zone periferiche ed ultraperiferiche di queste aree: qui sono previste appena il 16% delle 1.431 Case ed il 17% dei 434 Ospedali di comunità. Addirittura i residenti nei 13 comuni periferici ed ultraperiferici della Valle d’Aosta e negli analoghi 36 comuni della Liguria non avranno a disposizione nessuna delle due nuove tipologie di servizi territoriali previsti dal Piano di ripresa e resilienza.
In totale, per ben 654.883 italiani che vivono in aree interne periferiche ed ultra periferiche di 7 Regioni, non è previsto alcun Ospedale di Comunità: si tratta di Piemonte, Liguria, Valle D’Aosta, Trentino Alto Adige, Friuli Venezia Giulia, Umbria e Marche.
Friuli, Marche e Piemonte conteranno ciascuna soltanto una Casa di comunità per le aree interne periferiche e ultraperiferiche del proprio territorio regionale: entrando nel dettaglio, 1 Casa è prevista per i 43 Comuni friulani di queste zone, dove vivono circa 39mila abitanti; 1 per i quasi 110 mila abitanti dei 42 comuni marchigiani in aree interne periferiche ed ultra periferiche; 1 per le circa 76mila persone che vivono nei 131 Comuni piemontesi collocati in queste aree.
Di contro, le Regioni maggiormente beneficiate dal PNRR per numero di Case e Ospedali di Comunità sono, nell’ordine, Lombardia (199 Case e 66 Ospedali), Campania (172 e 48) e Sicilia (156 e 43).
a cura di E.M.