Un italiano su 2 si appresta a vivere la prossima stagione influenzale, caratterizzata dalla convivenza e dalla sovrapposizione dell’influenza stagionale con il Sars-CoV-2, con uno stato d’animo negativo, in cui prevalgono ansia, stanchezza, tristezza e diffidenza. Sono soprattutto le donne e i trentenni (25-34 anni) le categorie più demotivate e sfiduciate, mentre i giovanissimi si dividono tra ansiosi e indifferenti.
Il Covid-19 ha modificato i comportamenti di prevenzione e cura dei cittadini, ma nel 2022 si osserva un graduale ritorno ai comportamenti pre-Covid, pur senza raggiungere i livelli del 2019: da un lato, diminuisce rispetto al 2020/2021 la quota di chi ritiene di dover contattare immediatamente il proprio medico di base alla comparsa dei primi sintomi influenzali (26,2%); dall’altro, aumentano i favorevoli a riposo e ricorso ai farmaci di automedicazione, con contatto medico solo se necessario (45,6%). E ancora, circa 4 italiani su 10 dichiarano di voler ricorrere alla vaccinazione antinfluenzale, con una propensione che raggiunge i livelli massimi tra gli over 65, dove 2 su 3 intendono vaccinarsi. Ma c'è anche chi pensa che la vaccinazione sia inutile: lo crede ancora il 42% della popolazione, perché afferma di ammalarsi raramente e con sintomi lievi.
È quanto emerge dalla ricerca condotta da Human Highway per Assosalute, Associazione nazionale farmaci di automedicazione, parte di Federchimica, presentata oggi in occasione dell’evento stampa “Tra pandemia e influenza stagionale: cosa dobbiamo sapere e cosa dobbiamo fare”, con la partecipazione di Fabrizio Pregliasco, Professore Associato del Dipartimento di Scienze Biomediche per la Salute dell’Università degli Studi di Milano e Direttore Sanitario Aziendale dell’Irccs Ospedale Galeazzi - Sant’Ambrogio di Milano, e Claudio Cricelli, Presidente della Società Italiana Medici di Medicina Generale e delle Cure Primarie (Simg).
Influenza e Sars-cov-2: tra convivenza e sovrapposizione Attesa una maggiore incidenza dei virus influenzali rispetto agli scorsi anni: “si stima che i casi in Italia possano arrivare a 6 o 7 milioni”, afferma il Professor Pregliasco. “Un dato in crescita rispetto agli scorsi anni, come dimostrano anche le osservazioni sull’emisfero australe, dove l’influenza è in corso. Dobbiamo poi considerare l’aumentata quantità di virus respiratori e la minore esposizione della popolazione a microorganismi patogeni come virus e batteri negli ultimi due anni, da ricondurre alle restrizioni sociali adottate nelle stagioni precedenti, che ha non solo ridotto la diffusione del Sars-CoV-2, ma anche quella degli altri virus influenzali”.
Permarrà nella prossima stagione influenzale anche il Sars-CoV-2: “Per molto tempo, anche se avrà sempre più difficoltà a diffondersi, considerando sia l’alta quota di persone che hanno già contratto il Covid-19 che coloro che si sono vaccinati – prosegue Pregliasco – assisteremo, infatti, a un andamento ondulante della curva epidemiologica: questo sia a causa della rapidità con cui si diffondono le varianti, sia a causa della presenza (o assenza) di vaccinazioni o di casi di malattia recente (ovvero chi si è negativizzato da poco)”.
Guardia alta, sempre, perché il Sars-CoV-2 nonostante la minor letalità, non è un’influenza, avverte Pregliasco: “Il Covid uccide ancora 4 volte tanto l’influenza ed è la causa del 95% dei decessi negli ultrasessantenni. La vera influenza, rispetto ad altri casi, si riconosce per febbre con temperatura elevata, a comparsa brusca, sintomi respiratori o bruciore agli occhi e almeno un sintomo extra respiratorio (come dolori muscolari, mal di testa, spossatezza, etc.)”.
E gli italiani come affronteranno la prossima stagione influenzale? Secondo l’indagine di Human Highway, sono timorosi, ansiosi e diffidenti: il 23% si definisce “preoccupato” e il 21,1% “stufo”. Le donne sono più in ansia degli uomini (27,1% vs 19,1%), che guardano alla prossima stagione di convivenza e sovrapposizione tra Sars-CoV-2e virus influenzali con maggiore ottimismo, serenità e fiducia. I più demotivati e sfiduciati sono poi i trentenni (25-34 anni); i giovanissimi (under 25) si dividono tra ansiosi e indifferenti, mentre c’è un discreto ottimismo e fiducia tra i 45 e i 54enni.
Le fonti principali di preoccupazione e stress sono legate a un nuovo inasprimento delle regole per contenere il contagio (citata da quasi il 22% della popolazione), la paura di contagiare soggetti deboli (17,1%) e le difficoltà nel distinguere i sintomi dell’influenza da quelli del Covid-19 (16,6%).
In generale, le preoccupazioni legate allo stile di vita (regole stringenti, auto-isolamento, conciliazione vita-famiglia/convivenza) preoccupano tanto quanto quelle legate a fattori più strettamente sanitari (contagio soggetti deboli, difficoltà nel distinguere i sintomi, accesso alle cure/visite).
Il ruolo della vaccinazione. Nel guardare alla prossima stagione influenzale “occorre premettere”, precisa Cricelli, “che il Sars-CoV-2, soprattutto nelle varianti Omicron, non è più benigno rispetto a quanto visto con le altre varianti. Viene infatti intercettato nelle vie aeree superiori, mentre le inferiori vengono protette grazie alla vaccinazione.”
Circa 4 italiani su 10 dichiarano di voler ricorrere alla vaccinazione antinfluenzale, con una propensione che raggiunge i livelli massimi tra gli over 65, dove 2 su 3 intendono vaccinarsi. Tra questi, il vaccino antinfluenzale è diventato ormai una consuetudine: per il 44,2% la motivazione è quella di evitare di contagiare persone vicine (29,6%, in crescita), seguita dalla volontà di agevolare la diagnosi differenziale tra influenza e Covid-19 (29,4%, in diminuzione).
Permane, tuttavia, tra gli intervistati la convinzione che la vaccinazione sia inutile: lo crede ancora il 42% della popolazione, perché afferma di ammalarsi raramente e con sintomi lievi. Resta comunque alta, anche se in contrazione, la percentuale di coloro che non si sono mai posti il problema della vaccinazione antinfluenzale (24,5% nel 2022 contro i 26,3% nel 2020).
Il vaccino resta però fondamentale, ribadiscono sia Pregliasco che Cricelli, poiché “l’influenza è comunque una patologia aggressiva e debilitante che resta indipendente dal SARS-CoV-2. Grazie alla presenza dei tamponi diagnostici, ad oggi, siamo in grado di misurarne la contagiosità, ma seguendo quello che ci riportano i dati dell’emisfero australe e considerando il livello ridotto delle difese immunitarie degli ultimi due anni (nei quali siamo stati poco esposti ai virus influenzali), la protezione attraverso la somministrazione del vaccino resta fondamentale”.
L’importanza della cura: la gestione della salute da parte degli italiani Gli anni di pandemia hanno modificato profondamente la relazione tra medico di famiglia e i suoi pazienti, “perché”, spiega Cricelli, “è stata messa a dura prova nella sua essenza fondamentale, ovvero la necessità di erogare nuove prestazioni in poco tempo. Lo si è visto, ad esempio, nella disponibilità dei medici nella campagna di vaccinazione anti-Covid-19, oltre all’assistenza telefonica e via messaggio ai pazienti. Insomma - conclude Cricelli - abbiamo tutti vissuto un totale sconvolgimento dell’accesso allo studio del Medico di Famiglia come inizialmente concepito e abbiamo fatto esperienza di nuove regole e normative che hanno contribuito a modificare le abitudini di ognuno di noi, sia medici che pazienti..
Mentre i giovani dichiarano una maggior propensione alla ricerca delle informazioni su internet e presso parenti e amici, la figura del Mmg, in caso di influenza, è sempre più centrale, soprattutto al crescere dell’età (8 over 65 su 10 fanno riferimento al medico in caso di influenza). A lui si rivolge il 66,1% della popolazione, anche se diminuisce rispetto al 2020/2021 la quota di quanti ritengono che contattare immediatamente il proprio Medico sia la cosa più giusta da fare (lo credeva 1 italiano su 3 nel 2020/2021, ora 1 su 4).
I disturbi e i rimedi: il comportamento degli italiani. In crescita, invece, pur senza tornare ai livelli pre-pandemici (45,6% nel 2022 vs il 37,1% nel 2020), la quota di italiani che ritiene che il comportamento più saggio in caso di sintomi influenzali sia restare a riposo, ricorrere ai farmaci di automedicazione e, solo in caso la situazione non migliori nel giro di qualche giorno contattare il medico.
Sono proprio i farmaci di automedicazione (quelli col bollino rosso che sorride sulla confezione) a confermarsi il rimedio più utilizzato con il 58,6% degli intervistati che dichiara di assumerne in caso di sintomi. Il ricorso ai farmaci di automedicazione si conferma una soluzione più femminile, mentre gli uomini tendono ad affidarsi in misura maggiore (anche) al consiglio di altri (medico, farmacista, familiari). “Per quanto riguarda l’automedicazione, recentemente è stato criminalizzato il concetto di vigile attesa, ma è quello che si deve fare: valutare la sintomatologia e gestirla, in prima battuta facendo ricorso proprio ai farmaci di automedicazione che permettono di alleviare i sintomi senza azzerarli”, spiega Pregliasco.
“Il concetto di riferimento è semplice – aggiunge Cricelli – non abbiamo terapie né per guarire dall’influenza né dal SARS–CoV-2, ma quello che possiamo fare è controllare i sintomi grazie all’aiuto dei farmaci di automedicazione. È necessario, dunque, ricordare sempre al paziente come ci si comporta all’apparire dei primi sintomi e istruire il cittadino al corretto uso dei farmaci”.
Diminuisce infine significativamente negli anni il ricorso ai “rimedi della nonna” a favore dell’assunzione di integratori e vitamine. Si interrompe poi il dato in calo sull’utilizzo di antibiotici, che invece supera i livelli del 2019: ben 1 italiano su 5 dichiara infatti di utilizzare antibiotici in caso di sintomi influenzali, una tendenza più maschile che femminile.