Niente Patto per la Salute? Meglio così, serve ben altro
di Ivan Cavicchi
Caro Errani fai bene a non firmare il Patto, è una bufala, ma fai male a non dotarti di una contro prospettiva. E’ vero, siamo in recessione, ma anche in pieno post-welfarismo. Oggi, per non perdere la sanità pubblica, è necessario se non esiziale reinventarla
26 LUG - Questa volta sono d’accordo con le Regioni. Errani non ha torto, le condizioni per sottoscrivere il “Patto per la Salute” non ci sono. Sarebbe come sottoscrivere un doppio suicidio nei confronti dei cittadini e nei confronti delle Regioni e dei loro poteri.
Le Regioni senza titolarità sulla sanità diventerebbero “provincioni” cioè delle province solo territorialmente più grandi. Ma se il Patto non viene sottoscritto che succede? Nulla di ulteriormente catastrofico. Le Regioni come altri soggetti sociali sono così marginali in questo neoautoritarismo non solo finanziario che se firmano o no non fa nessuna differenza. Si procede anche senza di loro.
Del resto il Patto non sarebbe niente altro che la conclusione consensuale delle norme che già Tremonti aveva messo in cantiere. Insomma il Patto è già scritto in carta da bollo. La speranza segreta delle Regioni era di renderlo meno aggressivo, impastrocchiarlo con qualche edulcorante alla appropriatezza, ma dopo la spending review è proprio la speranza che se ne va.
Alle Regioni, a ben guardare tra le righe delle loro dichiarazioni, quello che “rode”, oltre ai numeri naturalmente, è il completo svuotamento della loro sovranità, cioè essere considerate dal Governo parte del problema, “spreco tra gli sprechi”.
Esse sembrano non capire che i tagli lineari sono tali, in parte perché l’economia non sa nulla di complessità sanitaria e in parte perché il governo non si fida delle Regioni, anzi vi sono forze politiche come l’UDC che non fanno mistero sulle loro intenzioni di contro-riformare il Titolo quinto della Costituzione.
Le Regioni dal canto loro neanche si sforzano di usare un linguaggio diverso dal governo, anche loro vogliono combattere gli sprechi, “ridurre la spesa senza incidere sui servizi”, solo che loro chiedono aiuto all’Agenas che, a sua volta, ricordatevi i piani di rientro e gli affiancamenti, non è meno sanitaricida dell’economia ma più semplicemente meno lineare.
Ho l’impressione che non sottoscrivere il Patto pur apparendo un gesto nobile quanto drammatico rischia di essere, una sceneggiata, dove le regioni “a saldi invariati” fanno la parte delle vittime dell’arcigno tiranno e delle sue implacabili decisioni.
Insomma comincio a credere che le Rsp (Regioni senza palle) ci hanno messo nei guai e che le Rsp nei guai ci lasceranno marcire fino alla fine. E se fossero delle Rp? Cioè se avessero le palle? Cioè un’idea di sanità diversa da quella di Monti? Un progetto altro da quello del patto per la salute? Un linguaggio diverso da quello dell’Agenas? Beh in questo caso la musica sarebbe molto ma molto diversa.
Se io fossi una Rp farei tre cose:
1) risponderei al neoautoritarismo finanziario del governo Monti richiamando a gran voce ciò che il governo ha liquidato con disprezzo, cioè la concertazione. Chiamerei ad un tavolo per il progetto chi si deve chiamare proprio perchè in pericolo vi è un diritto fondamentale. La concertazione in questi casi serve per accrescere la forza negoziale;
2) definirei esattamente come ha fatto il piano socio-sanitario della Basilicata approvato appena ieri, una “contro prospettiva” cioè mi rifiuterei di correre dietro al decadimento del sistema e di fare patti sulla sua agonia, ma al contrario contro-proporrei un altro sistema sanitario pubblico sulla base di contro-fattuali finanziari molto più incisivi di questa lagna degli sprechi, dei beni e servizi, dell’ottimizzazione o dei “volumi”, questi cari all’Agenas;
3) contro-proporrei una lotta all’antieconomicità strutturale del sistema in tutte le sue forme e a saldi invariati, quindi nell’ordine di una decina di mld, ma con tempi ragionevoli metterei a punto un “sistema sanitario altro” che costi strutturalmente di meno e che però produca più salute.
Insomma le Rp dovrebbero chiedere a Monti: quanto vuoi dalla sanità? Vuoi tot…bene! Noi ti ti diamo quello che ci chiedi in tempi ragionevoli…ma decidiamo noi il sistema che ci serve, abbandonando quello che ci sta strozzando con tante antieconomicità e diseconomie e che si basa su inutili distinzioni tra cure, tra gradi di gravità, tra gerarchie assistenziali, tra salute e cura.
Anzi lancerei uno slogan: “riunifichiamo le tutele nel luogo di vita”…e farei così saltare il presupposto che ha fatto nascere questo sistema costoso…cioè la frattura tra salute, cura e luogo di vita. Basterebbe questo a far costare strutturalmente di meno il sistema nella sua interezza.
Caro Errani fai bene a non firmare il Patto, è una bufala, ma fai male a non dotarti di una contro prospettiva. E’ vero siamo in recessione ma anche in pieno post-welfarismo oggi per non perdere la sanità pubblica è necessario se non esiziale reinventarla. Questo significa ripensare quei postulati sui quali è nata la nostra sanità e contro i quali oggi viene giocata la spending review, i tagli lineari, i Patti per la Salute, la manovra nel suo insieme. Senza con ciò rinunciare alla natura pubblica, universalistica, solidaristica e sussidiaristica del sistema.
Ivan Cavicchi
26 luglio 2012
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