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Insufficienza cardiaca: empagliflozin migliora gli esiti dei pazienti adulti


Lo studio EMPEROR-Preserved ha dimostrato che empagliflozin è in grado di determinare un miglioramento statisticamente significativo degli esiti in adulti affetti da insufficienza cardiaca con frazione di eiezione preservata (HFpEF)
 

01 SET - I risultati dello studio clinico di fase III EMPEROR-Preserved hanno dimostrato una riduzione del 21%, del rischio relativo dell’endpoint primario composito di mortalità per cause cardiovascolari o di ospedalizzazione per insufficienza cardiaca in pazienti adulti con frazione di eiezione preservata (HFpEF), con empagliflozin rispetto al placebo.

Il beneficio è risultato indipendente dalla presenza di un’alterazione della frazione di eiezione o di malattia diabetica. I risultati sono stati presentati oggi al congresso dell’European Society of Cardiology 2021 e pubblicati sul The New England Journal of Medicine.
Le analisi hanno evidenziato inoltre che empagliflozin riduce del 27% il rischio relativo di prima ospedalizzazione e successivi ricoveri per insufficienza cardiaca e rallenta il tasso di declino della funzionalità renale.

“Ad oggi, non abbiamo a disposizione cure che abbiano dimostrato, a livello clinico, un impatto significativamente positivo nella prognosi dei pazienti con insufficienza cardiaca con frazione di eiezione preservata”, commenta il Prof Michele Senni, Direttore del Dipartimento Cardiovascolare e dell’Unità di Cardiologia, dell’Ospedale Papa Giovanni XXIII, Bergamo, coordinatore nazionale dello studio EMPEROR-Preserved. “Questi risultati danno speranza a milioni di pazienti con insufficienza cardiaca con frazione di eiezione preservata, avendo dimostrato un miglioramento dell’endpoint primario anche in tutti i sottogruppi di pazienti, quali uomini e donne, con o senza diabete ed indipendentemente dalla alterazione della frazione di eiezione o dalla funzionalità renale”.

Lo studio EMPEROR-Preserved ha incluso 5.988 pazienti con insufficienza cardiaca. Di questi, 4.005 avevano una frazione di eiezione ventricolare sinistra (LVEF) del 50% o oltre e 1.983 avevano una LVEF inferiore al 50%. I partecipanti allo studio sono stati assegnati in modo randomizzato al trattamento in mono-somministrazione giornaliera con empagliflozin 10 mg (n=2.997) o placebo (n=2.991). In generale, il profilo di sicurezza si è dimostrato simile a quello noto di empagliflozin, confermandone la consolidata sicurezza.
Lo studio, secondo Waheed Jamal, M.D., Corporate Vice President and Head of CardioMetabolic Medicine, Boehringer Ingelheim, “dimostra che empagliflozin è in grado di determinare un beneficio clinico significativo e questa è una prospettiva estremamente entusiasmante ed attesa sia da parte della comunità scientifica sia da quella dei pazienti”.

I risultati, aggiunge  Jeff Emmick, M.D., Ph.D., Vice President, Product Development, Lilly, “danno speranza a milioni di persone che attualmente hanno limitate opzioni terapeutiche per una patologia grave, che puo’ mettere a rischio la vita” e “rappresentano un’opportunità per un cambiamento sostanziale del futuro dei pazienti con insufficienza cardiaca in tutto il mondo”.
Attualmente empagliflozin è indicato nel trattamento di adulti con diabete di tipo 2 non adeguatamente controllato e per il trattamento degli adulti con HFrEF nell’Unione Europea e negli U.S.

Boehringer Ingelheim e Lilly stanno pianificando di inoltrare nel 2021 ulteriori richieste di registrazione nella HFpEF alle autorità regolatorie, a livello globale. Sono in corso ulteriori studi clinici sugli effetti di empagliflozin sulla ospedalizzazione per insufficienza cardiaca e sulla mortalità nei pazienti dopo infarto miocardico acuto e ad alto rischio di insufficienza cardiaca. Empagliflozin è attualmente oggetto di studio anche nella malattia renale cronica.

01 settembre 2021
© Riproduzione riservata

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