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Sapienza. Trovata la proteina “salva-cervello”


Potrebbe prevenire non solo i danni provocati da trauma cerebrale conseguente a ictus e arresto cardiaco, ma anche quelli dovuti a patologie neurodegenerative, dall’Alzheimer, al Parkinson, alla malattia di Huntington. Sul Journal of Neuroscience il ruolo della proteina studiata a Roma.

22 MAR - C’è qualcosa che accomuna i traumi cerebrali e disturbi neurodegenerativi infiammatori e cronici: si tratta del danno eccitotossico, un fenomeno di tossicità neuronale conseguente all'esposizione a concentrazioni relativamente alte di acido glutammico che provoca la morte delle cellule nel sistema nervoso centrale. Da oggi, grazie uno studio dell’Università Sapienza di Roma, potrebbe essere stata trovata la proteina che protegge il cervello da questo processo, che si presenta anche in disturbi come ischemia, malattia di Alzheimer o morbo di Parkinson. Si tratta della chemochina Cxcl16 e il suo ruolo è descritto in uno studio pubblicato su Journal of Neuroscience.
 
Il ruolo delle chemochine come molecole che mediano la connessione tra neuronie cellule della glia, era già emerso negli ultimi anni, sia in condizioni fisiologiche che patologiche. Nello studio si dimostra però per la prima volta come Cxcl16 e il suo recettore espressi nel sistema nervoso centrale inducano una neuroprotezione. “Fino a oggi si riteneva che la chemochina Cxcl16 avesse un ruolo funzionale solo nel sistema immunitario”, ha spiegato Flavia Trettel, ricercatrice che ha condotto lo studio insieme al team del laboratorio di Neurofisiologia e Neuroimmunologia cellulare e molecolare, presso il dipartimento di Fisiologia e Farmacologia dell’ateneo romano. “La nostra ricerca ha evidenziato che Cxcl16 ha un ruolo attivo anche a livello del sistema nervoso centrale. In particolare abbiamo scoperto che la molecola, agendo specificamente sugli astrociti (cellule del sistema nervoso che  assicurano il corretto funzionamento dei neuroni), stimola la liberazione di fattori neuroprotettivi che riducono la morte neuronale”.
Perché ciò avvenga, c’è bisogno di particolari molecole che rivestono un ruolo fondamentale anche nei processi biochimici, come ad esempio nel trasferimento di energia e nella trasduzione del segnale. “Tale meccanismo richiede l’azione sinergica dell’adenosina e in particolare l’attivazione dei recettori A3R astrocitari”, ha continuato la ricercatrice.

Lo studio potrebbe dunque essere utile per trovare il modo di prevenire la patogenesi di numerose malattie neurodegenerative, come il già nominato morbo di Parkinson e la corea di Huntington, nonché il danno neurale conseguente a grave ipossia, come nel caso di ictus e arresto cardiaco con grave ipoperfusione cerabrale. Inoltre è stato ripreso e commentato nel sito dell’Alzheimer Research Forum, ed è stato oggetto di attenzione anche da parte della SciBX, una pubblicazione settimanale di BioCentury insieme a Nature, che si occupa di medicina traslazionale.
 
Laura Berardi

22 marzo 2012
© Riproduzione riservata

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