Più tempo per il futuro delle donne con il tumore al seno
di Maria Rita Montebelli
Annunciato l’avvio di una nuova campagna di informazione e sensibilizzazione alla diagnosi precoce del tumore della mammella, realizzata dal portale ‘alfemminile.com’, in collaborazione con Salute Donna e con il supporto incondizionato di Roche
30 GIU - Sviluppare la cultura della prevenzione e della diagnosi precoce, nel campo del tumore della mammella. Ci si prova con la campagna nazionale di sensibilizzazione “Il futuro ha bisogno di tempo”, realizzata da ‘alfemminile.com’, un portale web di riferimento per il mondo della donna, con il supporto incondizionato di Roche.
“Questa campagna – spiega
Simona Zanette, AD di alfemminile.com – è un modo per sensibilizzare le donne sull’argomento e per sollecitare un dialogo sull’approccio alla malattia, oltre che sulla prevenzione. Ma anche per informarle, attraverso la voce degli specialisti, dei passi avanti compiuti dalla scienza nella lotta a questa neoplasia, con l’obiettivo di farle sentire meno sole, anche attraverso la condivisione, nel nostro forum, di tante esperienze comuni. Crediamo che più le donne avranno le idee chiare su questa patologia, più avremo contribuito a sviluppare una cultura della prevenzione e della diagnosi precoce che possono davvero salvare la vita. Per questo motivo, inoltre, abbiamo chiesto a Salute Donna di partecipare a questa campagna. Perché solo attraverso la collaborazione con un gruppo di persone che conosce bene i problemi grandi e piccoli che una donna deve affrontare quando riceve una diagnosi di tumore, possiamo veramente anche noi fare la nostra parte”.
Nel corso dell’anno su
www.alfemminile.com/ilfuturohabisognoditempo verranno postati contenuti relativi a questo tumore dalle molte facce e sarà sottolineato in particolare l’aspetto della prevenzione.
“Da ex malata di cancro – afferma
Annamaria Mancuso, fondatrice di Salute Donna – sono convinta che le donne che affrontano queste malattie vadano aiutate sotto tutti i punti di vista. Il cancro impatta nella vita quotidiana, entra nel rapporto con i figli e il partner, fa ammalare tutta la famiglia.
La paziente deve essere circondata e sostenuta, oltre che dalla propria famiglia e dagli specialisti che l’hanno in cura, da una rete di aiuto per far fronte al disagio psicologico, come alle impellenze materiali, ma anche di condivisione dell’esperienza, per farla sentire meno sola e renderla quindi meno vulnerabile.
Il
web rappresenta in questo senso una grande risorsa e al tempo stesso un’insidia, che può condurre su strade pericolose. Per questo, servono iniziative serie, che diano informazioni supportate dalla scienza.”
“Sono ancora troppo poche le donne che si sottopongono ad esami diagnostici di routine – sottolinea il professor
Paolo Marchetti, responsabile dell’Oncologia medica al Sant’Andrea di Roma – ed è inaccettabile la differenza geografica riscontrata nei tassi di adesione allo screening. Il dato medio nazionale è del 75%, con punte del 90% al Nord e del 40% al Sud. Le guarigioni sono tuttavia in aumento, grazie alla diagnosi precoce e alla disponibilità di terapie sempre più efficaci, che consentono di trattare anche le forme più aggressive di malattia, come i tumori HER-2 positivi, che rappresentano un quinto di tutti i casi. Negli ultimi 30 anni, in seguito all’individuazione del gene HER, sono state messe a punto delle terapie personalizzate contro questo tipo di tumori, quali il trastuzumab, il pertuzumab e il trastuzumab emtansine, che ne hanno rivoluzionato la prognosi. Il pertuzumab ad esempio ha ridotto del 34% il rischio di mortalità a tre anni per le forme metastatiche, un risultato impensabile fino a qualche anno fa”. La stessa AIFA, riconoscendo il valore del pertuzumab proprio in questi giorni lo ha riclassificato in fascia H, autorizzandone l’uso presso le strutture ospedaliere individuate dalle Regioni.
E tra le novità degli ultimi tempi, in linea con una maggior attenzione alla qualità di vita delle donne, ci sono anche le nuove vie di somministrazione. “Un progresso importantein questo senso – spiega la
dottoressa Monica Giordano, primario di Oncologia medica all’ospedale Sant’Anna di Como e responsabile del DIPO (Dipartimento interaziendale provinciale oncologico)- è rappresentato dall’evoluzione della via di somministrazione della terapia biologica standard per le forme HER2 positive, attraverso la nuova formulazione sottocute che riduce i tempi di somministrazione”.
Il tumore della mammella conta ben 400.000 casi solo in Italia e ha un’incidenza di circa 45.000 nuovi casi l’anno (pari a 140 per 100.000 abitanti); nel 2013 è stato responsabile di circa 11.000 decessi. A peggiorare le cose, c’è il riscontro di un suo aumento di incidenza tra le donne al di sotto dei 45 anni. Le più colpite abitano al Nord, mentre a Sud, in testa ai problemi c’è lo scarso ricorso agli esami di
screening routinari, come la mammografia o l’ecografia. Una grande occasione persa, visto che anche secondo gli ultimi studi, la mortalità per cancro della mammella si riduce del 35% tra le donne che si sottopongono ad esame mammografico ogni due anni. Grazie alla diagnosi precoce e ai trattamenti, che negli ultimi trent’anni hanno fatto grandi progressi, nel nostro Paese oggi, a cinque anni dalla diagnosi, sono vive nove donne su dieci.
Maria Rita Montebelli
30 giugno 2014
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