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Arru replica a Rete Sarda : “Sulla riforma degli ospedali non siamo subalterni allo Stato”


“Sui piccoli ospedali teniamo conto delle caratteristiche demografiche e geografiche della Sardegna, classificandoli come ospedali di zona disagiata: se seguissimo pedissequamente, come ci accusano, le disposizioni nazionali, realtà cosi piccole andrebbero chiuse, ma non ignoriamo il Pne” questa la risposta dell'Assessore alla Salute

30 GEN - “La Rete Sarda continua a contestare una proposta della Rete Ospedaliera presentata e approvata dalla Giunta Pigliaru nel gennaio 2016 e da allora all’esame del Consiglio regionale”.
 
Inizia così la replica dell’assessore della Sanità, Luigi Arru, agli attacchi della Rete sarda Sanità Pubblica. “Le criticità denunciate da più parti non possono essere attribuite ad una riforma che ancora non è diventata legge. Per quanto riguarda i piccoli ospedali, la nostra riorganizzazione della rete tiene conto delle caratteristiche demografiche e geografiche della Sardegna, riconoscendone il ruolo e classificandoli come ospedali di zona disagiata: se seguissimo pedissequamente, come ci accusano, le disposizioni nazionali, realtà cosi piccole andrebbero chiuse. Ma non è questo che vogliamo e la riforma lo dimostra. Ci siamo comportati esattamente come la Provincia Autonoma di Trento, a Statuto speciale e che certamente non può essere accusata di subalternità al Governo nazionale. Non possiamo però –  prosegue Arru –  ignorare ciò che ci ha detto anche qualche giorno fa il Programma nazionale esiti: abbiamo un’offerta assistenziale eccessivamente frammentata, con volumi di attività che si trovano al di sotto delle soglie di garanzia per il mantenimento della competenza clinica. Non pensiamo al risparmio, ma alla sicurezza per i pazienti e questo dovrebbe essere l’obiettivo principale di chiunque afferma di difendere la sanità pubblica”.
 
Anche sul riferimento a “mega stipendi a super manager”, l’esponente della Giunta ribatte che “nonostante le dichiarazioni demagogiche, c’è stata una riduzione di due milioni per le retribuzioni dei Direttori Generali con l’attuale modello organizzativo, che passa da 11 a 5 aziende. La scelta di aumentare gli stipendi dei Dg delle aziende esprime la volontà di premiare la professionalità per un compito sempre più difficile e con responsabilità gestionali e amministrative sempre più complesse. Nello specifico, la retribuzione lorda del Dg della Ats non può non tenere conto delle dimensioni, uniche nel contesto, della nuova azienda sia per estensione, per il numero dei dipendenti e dei cittadini residenti. Gli obiettivi dei Dg sono quelli di migliorare la qualità del servizio sanitario regionale, partendo dai dati clinici ed epidemiologici, dati evidentemente sconosciuti da coloro che vogliono mantenere l’attuale modello organizzativo”.

30 gennaio 2017
© Riproduzione riservata

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