Toscana. I sindacati medici bocciano la riforma: "No all’accorpamento delle Asl. Non siamo un Hard Discount"
“Non possiamo accettare l’idea di un sistema sanitario regionale che, quasi come uno spot mediatico di un hard discount, illude i cittadini sulla possibilità di conciliare una drastica riduzione dei costi con l'incremento della qualità dei servizi di prevenzione e cura e con il miglioramento dei tempi di relazione con i malati”. IL DOCUMENTO
26 NOV - I Segretari nazionali di ANAAO ASSOMED - CIMO – AAROI-EMAC – FVM – FASSID (FEDERAZIONE AIPAC-AUPI-SIMET-SINAFO-SNR-DIRIGENTI) – CISL MEDICI – FESMED – ANPO-ASCOTI-FIALS MEDICI rigettano senza mezzi termini la ventilata proposta di riorganizzazione del sistema sanitario della Toscana avanzata dalla Giunta regionale che, secondo i sindacati, "vorrebbe imporre l’accorpamento in tre aziende sanitarie e l’esubero di 800 dipendenti".
Non possiamo accettare – sostengono con forza i leader dei sindacati - l’idea di un sistema sanitario regionale che, quasi come uno spot mediatico di un
hard discount, illude i cittadini sulla possibilità di conciliare una drastica riduzione dei costi con l'incremento della qualità dei servizi di prevenzione e cura e con il miglioramento dei tempi di relazione con i malati.
La proposta della Giunta toscana presenta a giudizio delle organizzazioni sindacali numerose e pericolose criticità.
1) Il gigantismo istituzionale non può rappresentare una scorciatoia per risolvere i deficit organizzativi e di governo del sistema sanitario. Le esperienze finora realizzate in Italia ed all’estero non sono positive, né sul piano dei costi, né sull’organizzazione del lavoro clinico.
2) La creazione di aziende integrate con le università configura un nuovo assetto istituzionale, che richiederebbe necessariamente una modifica legislativa, e presenta il rischio di subordinare la sanità toscana a istituzioni che rispondono non alla Giunta regionale o agli Enti locali ma al Ministero dell’istruzione, università e ricerca (MIUR). I dipendenti del MIUR perseguono una
mission (didattica e ricerca) diversa rispetto a quella assistenziale, propria dei dipendenti del SSR, peraltro con risultati pessimi e costi elevatissimi se si guardano le classifiche internazionali delle università.
3) L'organizzazione delle attività sanitarie territoriali e della prevenzione non è conciliabile con territori di spropositata estensione e correlata disomogeneità delle popolazioni e delle attività sociali e produttive, senza alcun risparmio economico anzi con appesantimento delle burocrazie e conseguente danno e aggravio dei costi stessi anche per cittadini e utenti.
4) Inaccettabile è il taglio lineare del personale, quasi una rottamazione di massa che pensa di mantenere elevati standard di servizio riducendo le risorse umane e peggiorandone le condizioni di lavoro. La volontà di dichiarare 800 esuberi tra i dipendenti del SSR è preoccupante, anche perché la normativa attuale prevede l’impossibilità di sostituire i pensionamenti, più o meno coatti, per un periodo di anni. Tutto il personale precario che lavora nel sistema vedrebbe drammaticamente allontanarsi ogni possibilità di stabilizzazione. Il che renderebbe difficile in molte realtà il rispetto dei vincoli europei relativamente al diritto al riposo e alla durata massima del lavoro settimanale per tutti i dipendenti del settore sanitario, dirigenti medici e sanitari compresi, recentemente ripristinato dal Parlamento italiano.
Le organizzazioni sindacali lanciano un appello affinché qualunque modello organizzativo recuperi il valore del lavoro, delle competenze professionali e dell’assistenza che fanno la differenza tra la vita e la morte, tra la salute e la malattia, se si vuole realmente continuare a mantenere il diritto dei cittadini alla salute ed alla sicurezza delle cure attraverso le competenze di chi è chiamato a garantirne la esigibilità.
26 novembre 2014
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