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Lazio. Intramoenia. L'altra sentenza del Tar che boccia l’aumento della tariffa del 10 per cento 


Dopo la sentenza sul ricorso presentato dall’Anaao, è di oggi la notizia di un’altra pronuncia (precedente) del tribunale amministrativo del Lazio che con sentenza n. 9253/2013, ha accolto il ricorso presentato da numerose sigle sindacali per l'annullamento del decreto del Marrazzo del 2008.

07 NOV - Il Tar del Lazio ha accertato che l'incremento del 10 per cento della tariffa delle prestazioni libero professionali intramoenia, non trova giustificazione in una corrispondente percentuale dei costi non coperti; ed è stato altresì affermato che la tesi sostenuta nel corso del giudizio dalla Regione Lazio, secondo cui le maggiori entrate imposte con l'aumento tariffario del 10 per cento servono anche a coprire il deficit sanitario della Regione costituisce non solo un'ammissibile integrazione postuma del provvedimento impugnato, ma è anche una conferma che tale incremento tariffario non trova completa giustificazione, in quanto tale incremento non deve essere utilizzato per fare fronte agli innegabili disavanzi in cui versa la sanità laziale.
 
Le sigle sindacati di categoria che si sono fatte carico del provvedimento sono le seguenti: sul ricorso numero di registro generale n. 1672/09, proposto da Fassid (Federazione AIPaC – SIMeT – SNR), S.N.R. (Sindacato Nazionale Area Radiologica), S.I.Me.T. (Sindacato Italiano Medici del Territorio), Aupi (Associazione Unitaria Psicologi Italiani), Cisl Medici, Fedir Sanità (Federazione Nazionale Dirigenti e Direttivi della Sanità), Sinafo (Sindacato Nazionale Farmacisti Dirigenti del Servizio Sanitario Nazionale), Snabi (Sindacato Nazionale Dirigenti Sanitari S.S.N. e Arpa), AIPAC (Associazione Nazionale Patologi Clinici), A.A.R.O.I. – Sezione Regionale Lazio (Associazione Anestesisti Rianimatori Ospedalieri), FVM (Federazione Veterinari e Medici), ANAAO Assomed (Associazione Medici Dirigenti del Servizio sanitario nazionale), Cimo A.S.M.D. (Coordinamento Italiano Medici Ospedalieri – Associazione Sindacale Medici Dirigenti), ANPO (Associazione Nazionale Primari Ospedalieri) e i sig.ri Ernesto Cappellano e Annarita Martini, tutti rappresentati e difesi dall’ufficio legale del Simet.
 
“Tale sentenza fa seguito alla precedente sentenza istruttoria n. 3755/2013 con cui il medesimo Tar, preso atto della legittimazione processuale dei ricorrenti sindacati, aveva ordinato alla Regione Lazio di depositare la prova dell'effettivo aumento dei costi sostenuti dalle aziende in relazione alla attività intra muraria, e la prova delle informative che la regione asseriva di aver reso alle organizzazioni sindacali in ordine all'intenzione di incrementare al 10 per cento la tariffa a carico dell'utente del servizio. Il nostro studio legale, a seguito del carattere lacunoso della documentazione depositata da parte della Regione, aveva quindi evidenziato nelle proprie memorie difensive depositate ai fini della sentenza finale, l'inammissibilità di integrazione postuma della motivazione, l'assenza di concertazione della tariffa con le organizzazioni sindacali rappresentative della categoria, la reale destinazione dell'incremento tariffario del 10 per cento a ripianare i disavanzi della sanità laziale, la mancanza dello svolgimento di una effettiva istruttoria attestante l'inidoneità della tariffa alla copertura dei costi, prima dell'adozione del provvedimento e la violazione dell'art. 20 della delibera della Giunta regionale n. 342 dell' 8.562008” si legge nella nota congiunta dei sindacati.
 

“La sentenza depositata a conclusione del giudizio ha dunque accolto le suddette tesi, affermando che la trattenuta aziendale complessiva sui compensi non può essere superiore al 2,5 per cento della tariffa lorda; che l'incremento della tariffa nella misura del 10 per cento è “legittimo ove sia stato dimostrato dalla regione che effettivamente lo scarto tra quanto entra nelle casse pubbliche con la trattenuta sui compensi per tali attività intramurarie e i costi che l'Azienda deve affrontare per fare svolgere dette attività presso i propri locali è pari al 10 per cento; ma che dalla documentazione prodotta dalla Regione il divario tra costi e ricavi non giustificava la maggiorazione tariffaria del 10 per cento imposta, e che l'individuazione, da parte del commissario ad acta, della percentuale di aumento della tariffa non può e non deve basarsi su presunzioni, ma su un'analitica istruttoria fondata su dati obiettivi. La motivazione ha pertanto ribadito la necessità che il commissario ad acta, verifichi per il futuro che le aziende sanitarie rispettino la necessaria fase partecipativa, trasmettendo i dati idonei a giustificare l' incremento delle tariffe. Il Decreto n. 40 del 14/11/2008 è stato pertanto annullato con tutte le conseguenze del caso, anche a favore dei cittadini utenti; la sentenza ha tuttavia compensato le spese del giudizio, per la complessità della vicenda contenziosa” conclude la nota congiunta.
 

07 novembre 2013
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