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La Consulta dà ragione alla Puglia: “Sequenziamento esoma legittimo”


La Corte ha quindi respinto il ricorso del Governo Draghi dell’ottobre 2021 che aveva impugnato la legge regionale 28/2021 e le successive modificazioni. Per la Corte quanto disposto dalla Regione con le modifiche alla legge originale attuate dopo il primo ricorso ha chiarito che la prestazione può essere fatta in esenzione solo  “se essa risulti inclusa nei LEA attualmente vigenti” e che l’esenzione può essere concessa solo in presenza di un sospetto diagnostico. LA SENTENZA.

05 DIC - “Sono contento e orgoglioso per la nostra Regione. La Corte costituzionale ci ha dato ragione respingendo il ricorso del Governo nazionale sul sequenziamento dell’esoma, ossia la diagnosi dell’85 per cento delle malattie rare dall’1 per cento del DNA”, così in una nota il consigliere regionale della Puglia Fabiano Amati, Pd, presidente della Commissione Bilancio commentando la recente sentenza n.242 del 1 dicembre scorso con la quale la Consulta ha respinto il ricorso del Governo contro la legge della Regione Puglia 6 agosto 2021, n. 28 (Istituzione del Servizio di analisi genomica avanzata con sequenziamento della regione codificante individuale), e successive modificazioni alla stessa legge.

“Siamo i primi in Italia a fornire gratuitamente questo servizio, al cospetto - ovviamente - di opportuno sospetto diagnostico – ha detto ancora Amati -. “Mi spiace solo che nonostante le continue grida di attenzione al Governo, al Ministro e ai Parlamentari dell’epoca non riuscii a far revocare la decisione d’impugnare la nostra legge, trovando un muro d’incomunicabilità e motivazioni pretestuose, come il fatto che la prestazione non rientrasse nei Livelli essenziali d’assistenza. E ciò non è vero, come abbiamo visto”.

“Ora spero di vedere l’istituzione di questo servizio in ogni regione italiana, perché non è giusto averlo solo in Puglia” ha detto ancora il consigliere regionale.

Ora, con questa legge, ha spiegato infine Amato, “ogni anno avremmo bisogno di effettuare almeno 2000 esami per il sequenziamento dell’esoma, per diagnosticare malattie rare o per procreazioni in condizioni ad alto rischio. “E invece ne facciamo circa 500, lasciando fuori dalla porta 1500 esigenze, utilizzando laboratori extra regionali alla spesa complessiva di circa 1,2 milioni di euro, ossia 2.400 euro cadauno.”

La sentenza
La Corte Costituzionale ha prima riconosciuto che con le modifiche apportate dalla stessa Regione dopo il ricorso del Governo, in ordine alle questioni di legittimità costituzionale degli artt. 1, comma 2, 5 e 6 della legge reg. Puglia n. 28 del 2021, deve essere dichiarata la cessazione della materia del contendere, così come richiesto dalla resistente, in considerazione della sostituzione delle disposizioni impugnate ad opera dell’art. 7 della legge reg. Puglia n. 36 del 2021.

In secondo luogo la Corte ha evidenziato come lo stesso art. 7, comma 1, della legge reg. Puglia n. 36 del 2021 “debba essere interpretato nel senso che la prestazione diagnostica da esso prevista possa essere erogata in regime di esenzione solo se essa risulti inclusa nei LEA attualmente vigenti”.

Per la Consulta “sono pertanto prive di fondamento non solo le questioni di legittimità costituzionale relative a tale disposizione, ma anche quelle afferenti al comma 2 – che consente di estendere l’indagine genetica ai familiari, nonché ai successivi commi 3 e 4, che dettano una disciplina ancillare circa le modalità con cui rendere la prestazione diagnostica, sul presupposto della sua erogabilità quale LEA e secondo il relativo regime”.

La Corte ha anche ritenuto non fondato il ricorso del Governo per la parte relativa all’art 7, comma 1, della stessa 36 del 2021 che, secondo il ricorso “divergerebbe da quanto prescritto dal d.lgs. n. 124 del 1998 e dal d.m. n. 279 del 2001, i quali prevederebbero l’assunzione dei costi da parte del SSN solo in caso di accertata evidenza della malattia e non di mero sospetto”.

Ma per la Corte “la norma impugnata, nel ricollegare espressamente l’esenzione al sospetto diagnostico, non interferisce con la ripartizione dei costi relativi alla prestazione, disponendo in difformità da quanto previsto dal legislatore statale e con ciò invadendone la competenza, bensì si pone in linea con il relativo esercizio”.

“L’art. 5 del d.m. n. 279 del 2001, infatti, - spiega la sentenza della Consulta - sulla base di un «sospetto diagnostico» (comma 1), prevede «l’erogazione in regime di esenzione dalla partecipazione al costo delle prestazioni finalizzate alla diagnosi» (comma 2); dunque, non solo nel caso, comunque contemplato, di accertamento della malattia rara (comma 4)”.

Il richiamo della Corte al necessario aggiornamento del nomenclatore tariffario dei Lea. “La cessazione della materia del contendere con riferimento alle questioni di legittimità costituzionale – si legge infine nella Sentenza - ….non esimono questa Corte dal sollecitare …la definizione del procedimento a cui l’art. 64, comma 2, del d.P.C.m. 12 gennaio 2017 subordina l’entrata in vigore, tra l’altro, dell’art. 15 del medesimo decreto in materia di prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale e del nomenclatore di cui all’Allegato 4”.

“Il tempo trascorso, da cui deriva la sicura obsolescenza delle prestazioni previste, non trova alcuna giustificazione in relazione a un tema essenziale per la garanzia del diritto alla salute in condizioni di eguaglianza su tutto il territorio nazionale, senza discriminazione alcuna tra regioni”, conclude la Corte (sul tema leggi anche il commento del Professor Jorio).

05 dicembre 2022
© Riproduzione riservata

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