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Jesi. Famiglia di Carlo Urbani: “Stop all’uso del nome di Carlo se continua il ridimensionamento dell’ospedale”

Il nosocomio era stato intitolato nel 2014 al medico che per primo aveva identificato la Sars. La moglie: “L’ospedale nasceva come punto di riferimento di qualità per tutto il territorio della Vallesina: si sta lentamente trasformando in bacino sanitario precario dal quale molti medici sono partiti e molti altri sono in fuga”

10 GEN - “Dobbiamo, con amarezza, annunciare, che qualora la situazione mantenga questa triste deriva, non saremo più disponibili a vedere su quella struttura il nome di Carlo, medico che si è speso fino al sacrificio finale per garantire l'accesso alla salute a chi ne era ingiustamente privato”.

Lo annuncia in una lettera aperta la famiglia di Carlo Urbani, il medico che nel 2003 per primo identifico l’incipiente epidemia di Sars in Vietnam e morì a causa della polmonite atipica. A lui era stato intitolato l’ospedale di Jesi nel 2014, “una realtà - scrive la moglie Giuliana Chiorrini - che nelle intenzioni della Regione doveva essere un fiore all'occhiello della sanita' marchigiana”. Ma oggi, continua, “si fa sempre più insistente l'ipotesi di ulteriore ridimensionamento dei servizi dell’ospedale”.

“Sappiamo tutti che la situazione è drammatica un po’ ovunque, che si lavora per creare eccellenze sanitarie nel territorio, ma è altrettanto innegabile che ci siano situazioni al limite della sopravvivenza”, si legge ancora. “Crediamo, come famiglia che ha accettato con orgoglio di accompagnare questa realtà con il nome di un nostro caro, che queste ambiguità vadano rimosse. Il ‘Carlo Urbani’ nasceva come punto di riferimento di qualità per tutto il territorio della Vallesina: si sta lentamente trasformando in bacino sanitario precario dal quale molti medici sono partiti e molti altri sono in fuga”.

Non solo: “è netta la sensazione che ad emergere non siano le logiche del diritto alla salute, e che questo diritto non sia menomato solo dalla carenza di risorse, ma da altre logiche che con il diritto alla salute hanno ben poco da spartire”, conclude la famiglia del microbiologo. “Di fronte a queste cose Carlo si ribellava. Non avrebbe assolutamente tollerato di offrire il nome a un servizio che non solo non esprime, ma rischia di remare contro i principi che ha sempre sostenuto".

10 gennaio 2018
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