Ancora sulla Radiologia domiciliare: ad auxilium repetere?
di Calogero Spada
28 LUG -
Gentile Direttore,
vengo a conoscenza di un ennesimo episodio che dimostra eloquentemente che in Italia la legge sulla radioprotezione sembra non esistere. Invece sulla carta la legge sulla radioprotezione esiste eccome ed ha subito importanti cambiamenti a partire dall’anno 2000 in poi, con la emanazione del recepimento (d. lgs. 187/00) della Attuazione della direttiva 97/43/ Euratom in materia di protezione sanitaria delle persone contro i pericoli delle radiazioni ionizzanti connesse ad esposizioni mediche, poi modificata dall’art. 39, Legge 1 marzo 2002, n. 39; attuata dalle «Linee guida» per le procedure inerenti le pratiche radiologiche clinicamente sperimentate n.15A08299 del 09 novembre 2015, ed infine novellata dal d. lgs. 101/2020, di attuazione della direttiva 2013/59/Euratom.
Stante siffatto notevole “corpus normativo”, su cui peraltro sussiste l’obbligo di revisione formativa con cadenza quinquennale in modalità Ecm per i professionisti interessati, le esplicite ed apparentemente immacolate dichiarazioni dei protagonisti intervistati da una testata Bergamasca, non sono né le prime né le ultime sul tema sanitario della radiologia in generale e di quella c.d. “domiciliare” , che sembra essere il nuovo “fiocco rosa” della diagnostica per immagini; ma certe rappresentazioni sociologiche che dimostrino una diffusa inesperienza nel settore sanitario dovrebbero lasciare attoniti e destare sconcerto e disapprovazione; invece il semplice fatto che si divulghino contributi che disegnino uno stato dell’arte sanitaria apparentemente buonista e virtuosa, ma palesemente contraria a principi normativi che ormai dovrebbero costituire l’abc formativo dei professionisti sanitari è, sotto diversi aspetti, davvero preoccupante.
Se i giornalisti potrebbero – pur entro certi limiti – essere assolti dalla assenza di accuratezza professionale, certamente coloro che non possono essere sollevati da una semplice responsabilità, e cioè che la legge non ammetta ignoranza (art. 5 c. p. – ignorantia legis non excusat), sono proprio i protagonisti dell’articolo giornalistico apparso il 15 Marzo 2020, oggi ripreso da altra testata giornalistica online specializzata in sanità.
Lo specifico combinato disposto cui sopra, peraltro qui più volte già ripreso, stabilisce (piaccia o no) chiari ruoli e funzioni per le pratiche radiologiche in regime ambulatoriale presso strutture territoriali e presidi radiologici privati accreditati e non – cui, ripeto – gli esami di radiologia domiciliare corrispondono per definizione:
«In tutte le strutture territoriali, della ASL, della ASO, dei privati accreditati e non, dove si svolgono attività di diagnostica per immagini in regime ambulatoriale, deve essere prevista in organico, durante lo svolgimento dell'attività, la presenza di almeno un Medico radiologo e di TSRM in numero proporzionale agli accessi e alla tipologia dell’attività svolta.»
Anche la produzione dottrinale della Società italiana di Radiologia Medica e Interventistica, SIRM – ripeto – fornisce indicazioni di convergenza:
«la diagnosi deve essere sempre fatta dal medico che visita materialmente il paziente (atto medico radiologico) e che la telemedicina comporta esclusivamente attività di consulto tra operatori qualificati, resosi necessario per la specifica particolarità del caso (ovvero avere maggiori e qualificate informazioni di supporto decisionale)».
«in particolare è definita quale “teleradiologia scorretta e non ammissibile” quella che eventualmente sopperisca alla carenza reale di Radiologi con la tele refertazione a distanza – non prevista dalle leggi e dai documenti SIRM salvo in rarissimi casi selezionati – ciò in ordine a conferire sicurezza all’atto clinico, dovuto alla presenza del Radiologo sia nella definizione del miglior approccio diagnostico sia per la refertazione immediata».
Malgrado tutto ciò – ripeto – dal 2000 in poi i Tecnici di Radiologia (compresi gli aitanti due «giovani neolaureati» del servizio, che dovrebbero essere più “freschi di studi”) hanno continuato ad ostentare, come se la nuova norma di legge non esistesse, la medesima previgente autonomia professionale che la norma in questione di fatto NON consentiva e NON consente più (conferma del trattamento richiesto dal medico prescrivente ed alla esecuzione in proprio delle attività tipizzanti la professione), concretamente avviando un imperterrito e tutt’ora sussistente esercizio abusivo.
È alquanto evidente, dunque, che l’eventuale illecito (tecnico operante in assenza fisica del medico radiologo) non sia percepibile da chiunque e che quindi quanto comunicato possa essere inteso dai lettori – inesperti del settore – come una realtà propositiva, toccante ed encomiabile; in realtà casi giudiziari similari sono già occorsi dal 2013 in poi e seppure – ripeto – abbiano condotto a verdetti di specifica non sussistibilità, non è detto che la medesima valutazione sia replicabile per ogni caso, soprattutto alla luce dell’inasprimento dell’apparato sanzionatorio previsto dalla legge n.3/2018 per l’esercizio abusivo di professione.
Il tipo di infrazione commessa ed il grado culturale dell’autore della condotta sono gli elementi che si prendono in considerazione nella valutazione dell’«elemento soggettivo del reato», ossia nella coscienza e volontà dell’azione od omissione, che nel caso di specie vede le condotte concorrenti dei tecnici e dei medici radiologi; ma a complicare le cose vi è anche la condotta mistificatoria intesa a far percepire, tra «momenti di commozione» e l’onore «di poter dare una mano in questo momento davvero complicato», una fattispecie illegittima ed/o illegale come una realtà non soltanto normale, ma anzi meritevole di un giudizio degno di lode; attività che potrebbe anche essere inquadrata quale lesiva della fede pubblica (falsità ideologica?).
Pertanto verrebbe da porsi il dubbio: i due TSRM ed i «due luminari della medicina» del servizio si sono solo autoincensati o si sono autodenunciati?
Dott. Calogero Spada
TSRM – Dottore Magistrale
28 luglio 2021
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