L’utopia dell’immunità di gregge
di Fabio Cembrani
03 MAG -
Gentile Direttore,
ad oggi ancora non sappiamo con certezza se l’immunità di gregge o comunità dal Covid sia o meno un’utopia. Sembrerebbe eserlo, per esempio, per il
gruppo di ricercatori che hanno indicato su Nature le cinque ragioni per le quali l’immunità di gregge per il Covid è probabilmente impossibile.
Il primo ostacolo è comprendere in che misura i vaccini siano effettivamente in grado di bloccare anche la trasmissione del virus.
Altro punto dolente è la non uniformità delle campagne vaccinali nei diversi territori del mondo. Perché, accanto ai Paesi progrediti e più virtuosi (primi tra tutti Israele, la Gran Bretagna e gli Stati Uniti d’America) che hanno saputo realizzare campagne di vaccinazione di massa, in molte aree geografiche del mondo (l’Africa tra tutte) esistono enormi problemi organizzativi e di disponibilità di risorse che rendono tale obiettivo improponibile.
L’allarme è stato lanciato ripetutamente dall’Organizzazione mondiale della sanità ma nessuna risposta è ancora pervenuta da parte dei Paesi più ricchi che hanno contribuito a dar vita a quel nazionalismo vaccinale che non porterà purtroppo da nessuna parte.
Un ulteriore ostacolo è la durata dell’immunità naturale e di quella garantita dal vaccino contro il Covid-19 sulla quale ad oggi non abbiamo certezze.
Altro punto davvero dolente: il cambiamento dei nostri stili comportamentali dopo essere stati vaccinati ed il nostro desiderio, favorito sicuramente dalle riaperture dei bar e dei ristoranti di questi giorni, di ritornare velocemente alla normalità dopo un periodo di isolamento che è durato troppo a lungo e di restrizioni che ci hanno imposto l’uso obbligatorio della mascherina, la sanificazione ripetuta delle mani, il lavoro in
smart working, l’isolamento dei vecchi ed il distanziamento sociale.
Perché la guardia non deve essere abbassata dato che le persone vaccinate, pur senza ammalarsi gravemente, possono nuovamente reinfettarsi favorendo così la circolazione del virus ed il suo naturale potere mutageno.
In questa situazione di straordinaria complessità, una cosa è a questo punto certa: la vaccinazione non farà sparire dal mondo il Covid-19 che diventerà sicuramente endemico come è avvenuto per gli altri virus che hanno provocato milioni di morti.
E che l’immunità di gregge potrebbe essere una tra le tante utopie della post-modernità con la quale bisogna fare finalmente i conti perché nessuno di noi vive su di un’isola deserta ma nella comunità del mondo in cui si muovono oltre 7,6 miliardi di persone, lacerate da troppe ingiustizie sociali, da molte disuguaglianze e dalla povertà.
Del resto sappiamo bene che le ingiustizie, le povertà e le disuguaglianze già esistevano anche se la pandemia ha ad esse impresso quella formidabile accelerazione che ci ha portato dentro quella drammatica crisi in cui siamo improvvisamente precipitati.
È un richiamo da prendere sul serio se si vuole davvero inquadrare il rapporto tra il contesto generale scaturito dalla pandemia e le azioni che occorre realizzare. Recuperando il significato più autentico della parola
Krisis che, per l’età antica, corrispondeva al momento in cui era finalmente possibile distinguere (cioè diagnosticare) la malattia per porvi rimedio nonostante il paradosso dell’incertezza in cui essa è poi precipitata.
Perché di un paradosso si tratta dato che l’utilizzo della parola
Krisis nell’interpretazione della (e sulla) pandemia acquista un significato preciso nella misura in cui lo associamo proprio all’esperienza del giudizio e nella misura con cui vogliamo responsabilmente interpretare la nostra condizione come quella di un sistema sociale che, a più livelli, si è trovato e si trova sistematicamente di fronte alla necessità di giudicare e di decidere con un sussulto di umanità, di solidarietà e di fraternità.
Che sono armi potentissime per contrastare la terribile sindemia che ha colpito il mondo e che occorre combattere contrastando le sue forze regressive senza illuderci che il nostro obiettivo sia quello di ripristinare il più velocemente possibile lo
statu quo ante.
Sarebbe un imperdonabile errore coltivare questa insana ambizione e l’uscita dal tunnel, come l’ha ripetutamente chiamata Roberto Speranza, non potrà avvenire concentrandosi tutti gli sforzi sulla sola campagna vaccinale perché l’immunità mondiale di gregge non è, al momento, un obiettivo realistico che potremmo purtroppo raggiungere. Certo, la vaccinazione è un’arma formidabile che abbiamo a nostra disposizione ma essa, da sola, non sarà sufficiente a far diventare umana questa profonda crisi dell’umanità.
Fabio Cembrani
Medico-legale
03 maggio 2021
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