Ma dove vive il Garante della concorrenza?
di Francesco Palmeggiani
30 MAR -
Gentile Direttore,
le scrivo come medico e come segretario regionale della FpCgil Medici e Dirigenti SSN del Lazio dopo aver letto le “
Proposte” del Presidente dell’Authority per la Concorrenza. La prospettiva indicata di maggiore liberalizzazione, soprattutto in una regione come il Lazio dove negli ultimi 25 anni abbiamo assistito al dilagare della sanità privata/accreditata (solo il 45% del fondo sanitario regionale è destinato al pubblico, il privato accreditato può contare il 40% dei posti letto per acuti ed il 95% dei posti letto per la post acuzie, solo nel 2020 si è avuto un incremento di 280 milioni di euro per l’acquisizione di prestazioni da privato accreditato) ci allarma e mi spinge ad alcune considerazioni.
Leggendo le proposte del Dr. Rustichelli, evidentemente ignaro, lui e i suoi collaboratori, di quanto accade nella sanità del nostro Paese, negli ospedali, sul territorio, ho rafforzato il convincimento che certi servitori dello Stato intendono la loro funzione non al servizio della collettività, bensì a un mercato che, prima con la crisi finanziaria dei bond nordamericani del 2007 e ora con l’attuale pandemia, ha prodotto solo rovine sociali, psicologiche e povertà infinita. Proposte alquanto fuori registro rispetto a quanto emerso in quest’anno di pandemia.
I problemi che interessano direttamente la sanità nel Documento dell’authority sono due: 1) la riforma degli appalti pubblici; 2) la necessità d’introdurre una massiccia e incontrollata presenza del privato convenzionato in concorrenza del pubblico.
Sulla riforma degli appalti pubblici, punto centrale del processo di adeguamento tecnologico, antisismico e di nuove realizzazioni di strutture sanitarie si propone di tornare, spacciandola per una semplificazione, alla libertà incontrollata, vale a dire un modo di procedere ante 2016, dove la salute e la sicurezza dei lavoratori era sempre sul filo del rasoio, alla mercé di uno sfruttamento ignobile, dove il subappalto e il lavoro nero si accompagnava ad invalidità e morti. Una grande occasione per le imprese in previsione dei profitti che realizzeranno se tale proposta va in porto con il finanziamento del PNRR.
Sul secondo punto, si parte dall’assunto indimostrato, in quanto incomparabile, che il pubblico è fonte di spreco e di inefficienza, mentre il privato è più bravo. Esso opera per offrire migliore sanità e per ridurne i costi, soprattutto quelli gestionali. Non una parola è spesa per quanto riguarda la qualità della prestazione sanitaria e i risultati conseguiti.
Una lettura alle statistiche demografiche e alle tavole di mortalità avrebbe fatto sicuramente riflettere gli estensori della proposta! In quest’ultima si sostiene che la pianificazione regionale è una gabbia all’iniziativa privata in sanità, così come il sistema di accreditamento. Questo dovrebbe diventare automatico per le nuove imprese sanitarie private, con una razionalizzazione della rete in convenzionamento. Quindi due sistemi paralleli di pianificazione, quello pubblico e quello privato che si confrontano nella concorrenza. Il mercato farà giustizia!
Ai signori dell’antitrust è bene far capire che la rete sanitaria pubblica, nonostante le aggressioni subite negli ultimi 20 anni da tutti i governi (definanziamento del FSN, blocco del turn over, precariato, esternalizzazioni, imbuti formativi, blocco dei contratti, disintermediazione, mancanza di democrazia nelle ASL) è riuscita a resistere alla pandemia; che i privati hanno svolto funzioni puramente sussidiarie alla rete pubblica sanitaria; che la qualità, la competenza professionale che opera nella rete pubblica è d’indiscussa validità; che non può esservi alcuna concorrenza in termini di costi, stante i contratti collettivi di lavoro assai diversi e minori nell’ambito privato. La pandemia ha posto con drammaticità alcune questioni che vanno risolte.
La prima è che il sistema convenzionale fa acqua da tutte le parti, sia riguardo le prestazioni extraospedaliere (MMG e specialistica ambulatoriale), sia per la beneficenza che fa alle case di cura private, essendo gli standard funzionali, edilizi, impiantistici e tecnologici di quest’ultime non comparabili con quelli eccellenti della spedalità pubblica.
La pandemia ci fornisce una lezione chiara: il profitto sulla salute è eticamente inaccettabile e solo il SSN è in grado di rendere giustizia alle disuguaglianze. Occorre, nonostante le sirene del libero mercato, avere memoria dei morti e dei contagiati, vittime inconsapevoli dell’avidità.
Abbiamo forse dimenticato la Sclavo di Siena, centro di studi e di produzione nazionale dei vaccini che nel delirio delle privatizzazioni all’inizio XXI secolo è stata venduta alla Merck e trasferita negli USA? La smobilitazione dell’industria farmaceutica strategica nazionale, quella dei vaccini e quella dei farmaci salvavita, a favore delle multinazionali nordamericane, ha reso noi e tutta l’UE ostaggi del profitto.
Francesco Palmeggiani
Segretario FpCgil Medici e Dirigenti SSN Lazio
30 marzo 2021
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