Dipendenza per i Mmg, strada obbligata per salvare il Ssn
di Nicola Preiti
30 NOV -
Gentile Direttore,
è il SSN e i cittadini che hanno bisogno di un sistema di cure primarie e territoriali profondamente rinnovato, efficiente, moderno. Sono medici di famiglia, di guardia medica, che vedono deteriorarsi sotto gli occhi la loro professionalità. E’ l’assistenza ospedaliera che lo richiede, perché non regge (PS, Rianimazioni, PL) senza territorio.
Oggi il dramma dell'epidemia ha reso evidente a tutti la profonda insufficienza della organizzazione territoriale del nostro sistema. Il nodo di fondo che ne è alla base e impedisce l’evoluzione del territorio è noto da anni. E’ la dicotomia tra i medici liberi professionisti convenzionati da una parte, e il Distret-to dall’altra.
Non si può organizzare nessuna assistenza territoriale se i primi responsabili della gestione clinica del paziente non sono completamente integrati nel territorio e quindi nel Distretto, che rimane il livello organizzativo imprescindibile di tutta l’assistenza ed i servizi del territorio.
Purtroppo sono molti anni che invece si persegue una via opposta: l’autonoma strut-turazione degli studi dei MMG, e l’indebolimento del Distretto. Oggi paghiamo le dolorose conseguenze di questa scelta fallimentare, e ciò ci costringe quantomeno a rompere la spessa coltre di ipocrisia.
E’ inutile cambiare etichetta e riproporre sempre la stessa soluzione che circola da 20 anni, e che il Decreto Balduzzi ha implementato nel 2012. Oggi li chiamano Microteam, e ci Ri-promettono ancora continuità assistenziale h24, integrazione e presa in carico.
Ma sono sempre le stesse cose variamente denominate e di cui abbiamo sotto gli oc-chi la disfatta (UCCP, AF, aggregazioni mono e multiprofessionali, associazioni, gruppi, UTAP, AFT ecc) . Al confronto anche “il Gattopardo” impallidisce.
Bisogna allora imboccare con decisione la via maestra. Quella del superamento dei rapporti convenzionali e il passaggio a rapporto di dipendenza di tutti i medici che operano nel territorio. Solo così è possibile la piena integrazione.
A questo proposito dobbiamo sgombrare il campo da falsi tabù e pretesti:
1. Non è vero che con la dipendenza si debba perdere il rapporto di fiducia. A parte che ora non è assoluto, ed è ulteriormente affievolito dai vari tipi di aggregazione. Per mantenerlo basta far coincidere l’ambito di scelta con la dimensione territoriale del distretto e delle sue articolazioni. Il medico sarebbe di fiducia e di quel territorio: insomma la fiducia raddoppia.
2. Non è vero che la dipendenza costi di più: già oggi i famosi mezzi di produzione sono sostanzialmente a carico delle aziende sanitarie (nella retribuzione sono con-siderati gli attuali costi, basta vedere la composizione e gli specifici incentivi).
3. Non è vero che la dipendenza porti alla concentrazione dei medici e la penalizza-zione delle periferie. E’ il contrario, una nuova organizzazione, centrata sul distretto e le case di comunità, potrebbe portare a ridurre gli assistiti dei MMG, per dare spazio alle altre attività territoriali, e a dare a tutti prospettive di carriera nelle cure primarie distrettuali. Insomma la diffusione degli studi medici rimarrebbe uguale, i servizi distrettuali sarebbero vivacizzati con reale integrazione, presa in carico e assistenza h 24. E i medici tornerebbero a fare i medici.
4. Non è vero che ogni studio si possa dotare di strumentazione tecnologica. Per i costi di strumentazione e personale, e perchè non si può diventare tuttologi e sosti-tuire la specialistica con le relative responsabilità e competenze. Proprio la dipen-denza consente invece una migliore distribuzione delle attività fra i vari professioni-sti e la garanzia della accessibilità a prestazioni specialistiche e diagnostiche per i cittadini di ogni territorio.
5. Non è vero che i Microteam possano prendere in carico i cittadini. Questo richie-de una quantità di risorse amministrative, di burocrazia e la disponibilità condivisa di tutte le possibili risposte alle esigenze dei cittadini, che solo una dimensione su-periore, ben integrata, digitalizzata e collegata con tutti i servizi e le risorse ospeda-liere, può fornire. Questa dimensione si chiama Distretto.
La proposta del Ministro Speranza di riorganizzazione del territorio ha la necessità di avere Medici di Famiglia dipendenti. Solo se si parte da qui si può costruire un nuovo si-stema sanitario veramente efficiente. E la politica, a mio parere, dovrebbe deciderlo. Altri-menti nel futuro ci trascineremo i problemi di oggi e il vecchio “medico della mutua”, fino all’eutanasia.
Nicola Preiti
Neurologo e Fisiatra. Già firmatario di ACN, Perugia
30 novembre 2020
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