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Infermieri. La contenzione non doveva trovare alcuno spazio nel nuovo Codice deontologico

di L.Bicego, M.Mislej, M.Salina e G.Cherri

20 APR - Gentile Direttore,
il 13 aprile 2019, l’Infermieristica Italiana ha perso un’occasione storica; con l’art. 35 del Nuovo Codice Deontologico dell’Infermiere, lo sviluppo e il processo di riconoscimento del valore e del merito della disciplina e della professione infermieristica hanno subito una gravissima battuta di arresto. Come nel 2009 si sono scelte scorciatoie imbarazzanti anziché qualificare il ruolo e la funzione dell’infermiere nella Cura di cittadini e cittadine fragili. Ancora una volta ci si è presati a genuflessioni organizzative senza alcun pudore.
 
Dopo 10 anni di dibattiti, analisi, ricerche, formazione, documenti, convegni, sentenze, si dedica l’art. 35 ad una pratica oramai chiaramente contro la legge, l’etica, la deontologia, la professionalità, l’interesse delle comunità e dei singoli cittadini e cittadine.
 
Contro le diverse e più indifese fragilità: anziani, disabili, persone con problemi di salute mentale, persone con problemi di dipendenza, adolescenti e giovani con indicatori e manifestazioni di disagio e disturbo … Si è persa un'occasione importante. E’ vero, si dichiara che la contenzione non è atto terapeutico. Non si confonde più contenzione con garanzia della postura (si spera). Non ci si appella più alla prescrizione. Però, ancora una volta, si lascia aperta la porta a pratiche e modelli organizzativi che potranno permettersi di negare fondamentali diritti e bisogni di cura delle persone.
Di fatto legittimando modelli organizzativi irrispettosi di dignità e libertà delle persone in cura.
 
Si è, ancora una volta, scelto il compromesso più facile, la strada più timida, lasciato ai piedi del sentiero lo zaino del sapere e della competenza, il coraggio della chiarezza, della responsabilità. Si sdogana la contenzione con una malcelata debolezza di fronte all’interpretazione della cattiva pratica che infligge penalità inaccettabili alle persone in cura (ma quale cura?!) e al professionista che le cura.
 
Negando il diritto delle persone che curiamo, neghiamo noi stessi, la nostra funzione di cura, il nostro ruolo, il nostro sapere, le nostre competenze, la nostra professionalità.
 
Perché inserire la contenzione nel “nuovo” Codice Deontologico, se si tratta di un evento eccezionale? Temporaneo? Trovano forse posto nel Codice tutte le eccezioni?
 
Se la contenzione è dettata da emergenza e urgenza come può essere attuata da un'equipe? Per definizione il lavoro in equipe va concordato, condiviso, discusso … chiede tempo.
 
Perchè precisare che se è urgenza indifferibile, può essere attuata dal singolo infermiere? Non è forse ovvio? Non compete forse a qualunque cittadino, anche non professionista, “salvare” una persona in/dal pericolo? (Stato di necessità, art.54 CP) Perché precisarlo se esiste già una norma dello Stato?
 
Abbiamo perso. Ancora una volta si è persa un’occasione importante per schierarci dalla parte delle cure dovute. Ancora una volta abbiamo scelto imbarazzanti compromessi scegliendo di curare interessi altri. Abbiamo ceduto il passo al compromesso, a una mediazione non virtuosa.
 
Chi ci conosce sa che si potrebbe dire molto altro; sa che abbiamo unito alle teorie le pratiche e grazie alle pratiche abbiamo perfezionato le teorie. Grazie al contributo di molti esperti, preparati ed infaticabili, abbiamo esplorato ed approfondito tutte le dimensioni: etica, deontologica, multi professionale e multi disciplinare, giuridica, medico legale, manageriale e organizzativa, politica, comunitaria… abbiamo sperimentato, proposto e realizzato soluzioni e alternative...
 
Esistono norme (a cominciare dalla Costituzione), evidenze, documenti del Comitato Nazionale di Bioetica, dichiarazioni dell’OMS, patti con i cittadini, esperienze sempre più virtuose e diffuse che vanno in direzione opposta a quanto dichiarato da questo Codice Deontologico.
 
Dedichiamo quindi il passaggio conclusivo a tutti quei colleghi che con pazienti, certosini, illuminati, competenti e specifici contributi quotidiani, con gentile determinazione e convinzione ci consentono di poter affermare che si può: è possibile garantire cure libere da contenzione meccanica, farmacologica e ambientale.
 
Ancora vogliamo dire ai moltissimi colleghi e colleghe che ci raccontano e ci scrivono di turni massacranti, di carichi di lavoro insostenibili, di responsabilità inaffrontabili e quindi di frustrazione, rabbia, disincanto, delusione, solitudine …
 
Carissimi colleghi, è tutto collegato, connesso, coerente! Come possiamo allora rivendicare valore disciplinare e professionale, un merito economico adeguato a competenze e responsabilità, un'attribuzione dei carichi di lavoro rispettosa e sostenibile, se accettiamo che le nostre professioni non tutelino le situazioni di massima fragilità?
 
Rifiutiamo una volta per tutte “l'ancillare compromesso” della mediazione che umilia e si traduce nell’incapacità di riconoscere, anche attraverso i nostri Codici Deontologici, il diritto allo spazio della cura che realizza diritti.
 
L'invito è a pronunciarsi. A prendere posizione. A dire, esporsi, dichiararsi. Nell'interesse della professionalità, della disciplina, del paradigma della Cura, di un adeguato riconoscimento economico del valore di quello che facciamo, ma soprattutto nell'interesse del fragile Mario, della fragile Maria, di ogni età e condizione, perché l'“inciampo” può capitare a tutte e a tutti. A chi curiamo, assistiamo, riabilitiamo.
Per chi ci è vicino, ma anche per tutte/i noi.
 
Per la Rete multiprofessionale del FVG impegnata dal 2006 nella lotta alla contenzione;
Dott.ssa Livia Bicego (Dirigente Infermieristico)
Dott.ssa Maila Mislej (Direttore SOC Servizio Infermieristico)
Dott.ssa Melania Salina (Fisioterapista)
Dott. Gilberto Cherri (Fisioterapista) 


20 aprile 2019
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