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Infermiere di famiglia. Le invasioni di campo dei Mmg

di Antonio De Palma (Nursing Up)

12 DIC - Caro Direttore,
ho letto con vivo interesse l'articolo pubblicato l'11 dicembre su Quotidiano Sanità, dal titolo ‘L’infermiere di famiglia. Una soluzione per la cronicità? Ne abbiamo parlato con infermieri, medici e cittadini’. Trovo che sia molto esauriente e ben fatto, e che parli diffusamente della figura professionale dell'Infermiere di famiglia sulla quale si giocherà il futuro del Servizio sanitario nazionale, che proprio oggi compie 40 anni. Apprezzo particolarmente che il vostro pezzo faccia emergere che tale figura non sia ancora stata strutturata a livello nazionale. Un argomento, questo, già da noi attenzionato in diverse occasioni, non ultima subito dopo la delibera della Regione Toscana nel giugno scorso, quando abbiamo diffuso un comunicato stampa in risposta al commento di Fimmg sulla stessa, da noi ritenuto inappropriato.
 
Ma torniamo al vostro articolo, in cui si descrivono le sperimentazioni regionali più diffuse nel Centro-Nord che al Sud, con il Friuli Venezia Giulia che ha fatto da capofila 20 anni fa, e la recente esperienza della Toscana giudicata significativa. In ogni case history emerge forte la mancanza di un quadro normativo e anche contrattuale nazionale che renda questa figura funzionale all'interno del Ssn, in armonia con gli altri profili professionali che operano sul territorio. E fin qui niente da dire.
 
A questo punto si dipanano i vari pareri degli esperti invitati a parlare della questione: c'è la nostra presidende Fnopi, Barbara Mangiacavalli, e Paola Obbia, dell’Associazione degli Infermieri di Famiglia e di Comunità (Aifec). Ci sono: Mara Pellizzari, direttrice dell’Aas 2 del FVG; il sociologo Pier Paolo Donati; i coordinatori Giuseppe Salamina, del Progetto Consenso, e Matteo Masotto, Aifec Lombardia; il presidente dell’Opi Grosseto Nicola Draoli; Tonino Aceti, presidente di Cittadinanzattiva; Silvestro Scotti, presidente della Fimmg e infine Mario Falconi, presidente del Tribunale dei Diritti e dei Doveri del Medico.
 
Premesso che comprendo la necessità di fornire una panoramica ampia del tema trattato dando voce ai medici di medicina generale, sentiti perché interagiscono con l’Infermiere di famiglia, vorrei soffermarmi proprio sul penultimo capoverso dell’articolo, introdotto dal titoletto ‘Le opinioni dei Mmg’.
 
In esso Scotti (Fimmg) dichiara a QS: “Nessuno discute l’utilità assistenziale di una figura di questo tipo”, tuttavia, “Non la vedo finché non la vedo sul piano della definizione contrattuale. Al momento è uno spostamento di un’azione di contratto di dipendenza all’interno di comunità territoriali. Ci si deve confrontare”.
 
Davanti a tale precisazione, noi del Nursing Up rimaniamo sbalorditi e gli chiediamo su cosa dovrebbe confrontarsi, visto che si tratta di infermieri, non di medici!
 
E un’altra domanda che sorge spontanea è: chi ha mai detto che si tratta di uno “spostamento di un’azione di contratto di dipendenza all’interno di comunità territoriali”, visto che la forma che avrà il contratto dell’Ifc (Infermiere di famiglia e di comunità) non la deciderà di sicuro Scotti, ma bensì le Pubbliche Amministrazioni e i sindacati abilitati a sottoscrivere i contratti che si applicano agli Infermieri?
 
E ancora, il presidente Fimmg prosegue non soddisfatto: “Non si può mettere insieme una dinamica con un Mmg che lavora con un contratto continuato, con un Infermiere di famiglia che lavora come dipendente. L’offerta delle cure primarie del Mmg è legata alla scelta del paziente, con un reddito legato al paziente; l’Infermiere di famiglia è invece legato a una contrattualità oraria”. Ma che significa? Ci spieghi cosa ha tentato di esprimere, perché proprio non si capisce. Ci sembra una insinuazione sull'inquadramento contrattuale dell'Infermiere di famiglia. In tal caso, il presidente Fimmg cosa c'entra con questo tema? È come se la presidente Mangiacavalli o il sottoscritto, presidente del sindacato di categoria Nursing Up, pretendesse di intervenire sulla definizione contrattuale del medico di medicina generale. Nessuno lo consentirebbe, o solo a noi sembra un’indebita invasione di campo?
 
L’imbarazzante virgolettato di Scotti prosegue così: “Nel caso in cui un Infermiere di famiglia sia inserito nella struttura del Mmg, allora collabora e soprattutto ‘rischia’ alla pari con il Mmg, ma anche in questo tipo di sistema in alcuni casi si rischia di aumentare le conflittualità”. Ma come mai prima ci parla di collaborazione e poi si trincera dietro la conflittualità? Ancora una volta si confondono ruoli che sono ben distinti: l’Infermiere di famiglia e il medico di famiglia nulla hanno a che spartire l’uno con l’altro dal punto di vista tecnico-specifico, come peraltro tutta la prima parte dell'articolo spiega assai esaurientemente. Quindi ci dispiace rilevare che si sia voluto interloquire con chi poco sa dell'argomento in questione e, anzi, pretende di avere voce in capitolo confondendo le acque, forse pretendendo che la sanità vada divisa in professionisti di serie A e di serie B, in prime donne e comprimari, relegando gli Infermieri a un ruolo secondario proprio mentre, ed è questo il caso eclatante dell’attualità, viene raccontata l'evoluzione di questa figura, che finalmente sta acquisendo il riconoscimento che le spetta. Quello di essere un professionista autonomo, lo ripetiamo qualora ve ne fosse ancora bisogno.

Nell'ultimo capoverso dell'intervento di Scotti si legge dulcis in fundo: “Il problema comunque è sostanzialmente contrattuale e non professionale”. Bene, allora se lo fosse davvero, il presidente di Fimmg cosa c’entra? Lo ribadiamo.

Antonio De Palma
Presidente Nursing Up


12 dicembre 2018
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