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L’allenatore di calcio “non è” uno psicologo

di Filippo Cantone

04 OTT - Gentile Direttore,
si susseguono quotidianamente le notizie di esercizio abusivo della professione di psicologo e di psicoterapeuta. Alle Forze dell’ordine, alla Magistratura, all’opera svolta dagli Ordini professionali, alle Colleghe ed ai Colleghi tutti va il nostro ringraziamento per il grande valore che assume l’azione di contrasto in difesa della categoria e della professione.

La realtà ha molte cause e gli importanti cambiamenti intervenuti con la Riforma Lorenzin – riscrizione dell’articolo 318 del codice penale che prevede la reclusione da sei mesi a tre anni per chi commette tale reato – non possono da soli sostenere il peso di un contrasto che invece deve riguardare più campi, a partire anche dal comportamento comunicativo e dall’atteggiamento confusivo di chi elargisce con semplicità la qualifica di psicologo a chi non lo è, accostando con leggerezza le funzioni e il ruolo dello psicologo a quella di qualsiasi altra figura.
 
Pur soddisfatti di essere citati, tuttavia, espressioni come: “quell’allenatore di calcio è un grande psicologo”, tanto per fare un esempio, non fanno altro che ingenerare nella gente che psicologo è una qualifica che si possa attribuire sulla base di capacità comprensive e di vicinanza umana e – non invece -, dopo ben due lustri di studi universitari intervallati da tirocini formativi presso le strutture del Ssn.
 
La cattiva informazione non fa altro che mettere a repentaglio la possibilità che il cittadino sappia identificare chi secondo la legge, attraverso la sua specificità professionale, è preposto a valutare, ad intervenire sulla salute psichica, ad attuare ogni utile trattamento preventivo teso alla promozione ed al mantenimento del benessere psicologico.
 
Sentenze della Corte Suprema di Cassazione, datate o recenti condannano chiaramente chi, con qualunque modalità eserciti di fatto abusivamente la professione di psicologo. La scienza psicologica e le teorie elaborate costituiscono costrutti specifici riservati allo psicologo così come disposti dalla Legge L. 56/89, che ne stabilisce i requisiti e gli obiettivi oggettivi e soggettivi per l’esercizio professionale.
 
L’inclusione di questa tra le professioni sanitarie, richiede che tutti siano tenuti ad osservare un comportamento comunicativo efficiente ed efficace volto a considerare il suo complesso lavoro nel praticare il counseling psicologico, la messa in atto di tutti gli altri strumenti e metodi conoscitivi e di intervento per la prevenzione, la diagnosi, le attività di abilitazione-riabilitazione, di sostegno in ambito psicologico rivolto alla persona, al gruppo, agli organismi sociali e alle comunità.
 
I cittadini hanno bisogno di una corretta informazione per poter identificare al meglio i propri bisogni di salute, di orientamento, di equilibrio e benessere sapendo individuare le figure professionali competenti.

Filippo Cantone
Responsabile nazionale psicologi psicoterapeuti SUMAI ASSOPROF 


04 ottobre 2018
© Riproduzione riservata

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