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Radiologia. La responsabilità dei vertici aziendali per la sicurezza 

di Antonio Alemanno

28 APR - Gentile Direttore,
di recente la sua rubrica ha ospitato un serrato dibattito tra giovani medici radiologi e tecnici di radiologia, mettendo in luce un forte bisogno di confronto costruttivo. A tal proposito, la lettera del Dott. Zairo Ferrante offre l’unico punto di ripartenza possibile: “Garantire la necessaria e imprescindibile sicurezza nelle cure, che solo un virtuoso e organizzato lavoro in equipe può assicurare”.

La normativa a riguardo supporta con chiarezza l’organizzazione del lavoro, disponendo che tutti gli esami radiologici individuali devono essere giustificate preliminarmente, tenendo conto degli obiettivi specifici dell’esposizione radiologica e delle caratteristiche del singolo paziente (art.3, comma 4, D.Lgs. 187/2000).

Molto chiaro è poi anche il ruolo dei professionisti sanitari: il radiologo è l’unico che può assumersi la responsabilità clinica delle procedure medico-radiologiche. Per cui, come recita la sentenza del TAR di Friuli Venezia Giulia (93/2015), non c’è “alcuno spazio né per autonome iniziative diagnostiche dei tecnici sanitari di radiologia, né, tantomeno, per una giustificazione ex ante, del tutto svincolata dalla specificità del singolo caso concreto”.

In pratica, nessun esame radiologico può essere eseguito dal tecnico di radiologia senza che il medico radiologo abbia prima valutato le circostanze “caso per caso”.
 
Dunque, come precisa il Dott. Ferrante, non bisogna generare “confusione in un ipotetico Paziente che legge il quotidiano”. Se negli ultimi vent’anni un paziente è stato sottoposto ad un qualsiasi esame radiologico senza che un medico radiologo abbia giustificato preliminarmente l’esame, questo paziente deve sapere che non ha avuto una prestazione sanitaria in linea con la normativa. Data l’importanza anche retroattiva del caso, sarebbe opportuno che la giustificazione del radiologo abbia forma scritta.

Se questo non accade, e ogni lettore può confermare come non accade quasi mai, la colpa non è né dei medici radiologi, né dei tecnici (obbligati dai rispettivi Ordini a non eseguire esami senza la preliminare giustificazione scritta).
 
La responsabilità è dei vertici aziendali che non provvedono ad organizzare la sicurezza delle cure in radiologia attraverso procedure condivise tra specialista radiologo, tecnico di radiologia medica e fisico medico così come prescritto dalle Linee guida per le procedure inerenti le pratiche radiologiche clinicamente sperimentate (art. 6, decreto legislativo n. 187/2000), pubblicate in G.U. a novembre 2015: “Il Medico radiologo, in collaborazione con il Tecnico Sanitario di Radiologia Medica (TSRM) e con il Fisico medico, in accordo con la Direzione sanitaria della struttura, provvede a individuare preliminarmente le prestazioni radiologiche standard (pratiche standardizzate), attuabili presso la struttura medesima, per le quali risulti sufficiente la sola valutazione della giustificazione individuale effettuata all’atto della richiesta dal medico di reparto prescrivente, che possono essere condotte dal TSRM senza necessità della presenza in sala radiologica del Medico radiologo, previa verifica da parte del TSRM della rispondenza della richiesta del prescrivente ai contenuti di protocolli prestabiliti, approvati dalla Direzione sanitaria della struttura”.

Oppure, la responsabilità è del decisore politico che non assume almeno altri 1500 giovani medici radiologi per garantire la giustificazione preliminare ad ogni esame radiologico.
 
Concludendo, o si scrivono leggi che nella realtà siano applicabili, oppure la politica deve mettere mano al portafoglio. Consolidando il primato che vent’anni faceva dell’Italia il paese con il più alto numero di radiologi al mondo (Pesaresi et al., 2004).

Antonio Alemanno
Tecnico di radiologia


28 aprile 2018
© Riproduzione riservata

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