Quotidiano on line
di informazione sanitaria
Sabato 17 AGOSTO 2024
Lettere al direttore
segui quotidianosanita.it

Donne medico. Il sindacato non è una vetta da conquistare

di Gemma Brandi

16 FEB - Gentile direttore,
spiace che un medico accorto come Antonio Panti traduca in un suggerimento imbarazzante la domanda serissima sulla differenza stipendiale tra generi in sanità, della quale non è che qualcuno abbia sentito parlare o meno, ma che risulta scritta in un report ufficiale di tutto rispetto. Nessuno frattanto -né tra le autorità sanitarie, né tra i sindacati- ha pensato di dovere/potere rispondere, il che dimostra come la domanda crei imbarazzo.

Antonio Panti esorta le donne a conquistare i sindacati. Intanto Annamaria Furlan e Susanna Camusso, ai vertici di due tra i più rappresentativi sindacati italiani, paiono una ragione sufficiente per non considerare la scalata ai vertici sindacali la via che consentirà di raggiungere la parità stipendiale tra uomini e donne. Più su di lì dove potrebbero arrivare le donne italiane? E non trascuriamo il fatto che è donna anche il Ministro della Salute.
Gli Ordini dei Medici avrebbero, a detta dello stesso collega, ben altre gatte da pelare, vale a dire la questione medica generalizzata che investe uomini e donne e che provoca il burn out di cui il dottor Panti elenca le “sue” cause. Occorre segnalare che, per le donne in sanità, al mal comune si aggiunge una mortificazione gratuita che consiste nel guadagnare annualmente di media, a partire dalle basse retribuzioni del medico impoverito del Duemila, dodicimila euro e rotti meno, senza che il vulnus costituzionale al diritto di uguaglianza sia compensato da facilitazioni aggiuntive.

La disparità denunciata è la prima cosa che gli Ordini dei Medici dovrebbero porre sul tappeto: poiché per risolvere, per fare pulizia, occorre rifarsi da una parte, si potrebbe cominciare da questa che viene mostrata come una quisquiglia e che invece, se fondata, costituirebbe una pesante infrazione del diritto di cittadinanza, vale a dire una aperta discriminazione di genere.

Appare arduo seguire Antonio Panti, per decenni a capo di un grande sindacato medico italiano, quando sostiene di saperla lunga sulla costruzione di contratti che non terrebbero conto delle esigenze femminili. Ma quali sono le esigenze femminili non contemplate dai contratti, che impedirebbero alle donne di svolgere il loro compito?
 
Senza dubbio una diversa declinazione dell’orario potrebbe risultare vantaggiosa, anche per l’utenza che vede rappresentati i diversi generi. Forse, per passare a decisioni più strettamente politiche, sarebbe di aiuto una compensazione, nei servizi riguardati, delle assenze previste dalla Legge 104, largamente sulle spalle delle donne. Come pure auspicabili continuano a essere strumenti di sostegno del ruolo materno nelle sedi di lavoro. Per il resto, le donne sanno organizzarsi, per statuto formativo, non diciamo meglio degli uomini, ma certo al meglio.
 
Quindi riescono agevolmente a svolgere la professione di medico, conciliando le innumerevoli competenze dei loro molteplici ruoli. Come gli uomini si ammalano e rischiano, le une e gli altri, di lasciare scoperta la propria funzione. Possono mettere al mondo i figli e questo determina legittime assenze che solo da pochi anni non sono più sostituite. Se si verificasse il contrario, come un tempo accadeva, il periodo della maternità non diventerebbe un peso per il servizio sanitario e non indurrebbe a considerare gli uomini collaboratori da preferire alle colleghe.
 
Di nuovo, la materia si fa intrinsecamente politica.
 
Non capisco, pertanto, a quali sviluppi il Dottor Panti faccia riferimento per modificare un problema che, per sua ammissione, conosce a menadito e che non ha potuto affrontare in decenni di onorato servizio sindacale. Egli non contesta la differenza di reddito tra uomini e donne medico, non dice però cosa la determini. Suggerisco di nuovo a lui, alle autorità sanitarie, ai sindacati di entrare in medias res, l’unico modo per essere davvero propositivi e rassicuranti circa la volontà di risolvere la questione medica, nelle sue sfaccettature. Questo non è l’ultimo dei suoi lati e non riguarda solo i medici, stando ai dati Eurostat.

Ultimus sed non infimus: “lo stile è l’uomo” sosteneva Georges-Louis Leclerc de Buffon. Qui arricchiamo la notazione sostenendo che “lo stile è donna”.
 
Proviamo a credere che la maggior parte delle donne sia consapevole del proprio valore professionale, al di là del conferimento di una carica, e non soffra dei comuni sensi di inferiorità del maschio; che accetti una responsabilità quando sa di essere in condizione di rispondere dei compiti assegnati e disdegni “responsabilità pericolose” in quanto insostenibili; che non ami veder menare il can per l’aia; che in questo momento di difficoltà del settore sanitario rappresenti il nuovo che avanza, essendo stata finora poco coinvolta nelle decisioni prese.
 
Non escludiamo, ovviamente, le eccezioni che ancora contribuiscono a confermare la regola, ma teniamo a mente gli appena enunciati tratti di stile mediani, perché utili ai più. A contare non è l’affermazione di sé, bensì delle proprie competenze autentiche, perché quanto non è utile all’alveare non lo è neppure all’ape.
 
Massima che dobbiamo a Marco Aurelio: un uomo, un imperatore, un filosofo, un guerriero, apostrofato quando in tenera età, dal suo predecessore, Antonino Pio, non come Vero -il nome della sua gens- ma come Verissimo, tanto limpido e sincero egli era. Ecco proviamo ad essere più autentici e diretti, rispondendo a domande semplici, come quella relativa alla motivazione di una differenza stipendiale che merita di essere argomentata.
 
Perché ciò accada, non sono necessarie ascese alla conquista dei vertici sindacali, dai quali semmai si continua ad attendere una risposta puntuale in luogo della diffusa inclinazione a indugiare e destreggiarsi, che non offre un gran bello spettacolo delle vette da conquistare.
 
E se “la verità è interamente e solamente una questione di stile”, come Oscar Wilde insegna, chi sa e può provi a cimentarsi con una lezione di stile, facendo infine chiarezza sulla disparità denunciata da Eurostat. 
 
Gemma Brandi
Psichiatra psicanalista

16 febbraio 2018
© Riproduzione riservata

Altri articoli in Lettere al direttore

lettere al direttore
ISCRIVITI ALLA NOSTRA NEWS LETTER
Ogni giorno sulla tua mail tutte le notizie di Quotidiano Sanità.

gli speciali
Quotidianosanità.it
Quotidiano online
d'informazione sanitaria.
QS Edizioni srl
P.I. 12298601001

Sede legale:
Via Giacomo Peroni, 400
00131 - Roma

Sede operativa:
Via della Stelletta, 23
00186 - Roma
Direttore responsabile
Luciano Fassari

Direttore editoriale
Francesco Maria Avitto

Tel. (+39) 06.89.27.28.41

info@qsedizioni.it

redazione@qsedizioni.it

Coordinamento Pubblicità
commerciale@qsedizioni.it
    Joint Venture
  • SICS srl
  • Edizioni
    Health Communication
    srl
Copyright 2013 © QS Edizioni srl. Tutti i diritti sono riservati
- P.I. 12298601001
- iscrizione al ROC n. 23387
- iscrizione Tribunale di Roma n. 115/3013 del 22/05/2013

Riproduzione riservata.
Policy privacy