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Le strutture trasfusionali devono essere affidate ai trasfusionisti

di Pierluigi Berti

04 LUG - Gentile Direttore,
Ahinoi, ci risiamo. Dopo un caso analogo dell’Azienda ospedaliero-universitaria Careggi di Firenze, contro cui la nostra Società ha opposto un ricorso tuttora in attesa della decisione del giudice, ora anche l’Azienda ospedaliera universitaria Senese ha “ridenominato” la sua struttura trasfusionale attribuendo alla stessa funzioni “miste” ematologiche e trasfusionali, così da giustificare l’indizione di una selezione pubblica nella quale l’ematologia è l’unica disciplina d’accesso.

L’Azienda senese ha infatti previsto con deliberazione n. 343 del 13/4/2017 che l’emanando avviso di selezione pubblica per il conferimento dell’incarico quinquennale per la direzione della struttura complessa ridenominata “U.O.C. Terapie Cellulari e Officina Trasfusionale” fosse indetto nella disciplina di ematologia (area medica e delle specialità mediche) anziché in quella di Medicina Trasfusionale (area della medicina diagnostica e dei servizi), e ciò a nostro avviso costituisce una violazione di legge.

La legislazione comunitaria e nazionale impone infatti, a tutela del paziente, che tutte le fasi e le specifiche attività del processo trasfusionale siano attribuite alla competenza esclusiva delle strutture trasfusionali all’uopo autorizzate e accreditate: l’art. 2 del D.Lgs. 261/2007, in applicazione della Direttiva europea 2002/98/CE, definisce come Servizi Trasfusionali le strutture, quale che sia la loro articolazione organizzativa, che sono responsabili “sotto qualsiasi aspetto” delle attività in questione, e l’art. 6, comma 2, stabilisce che la persona responsabile dei servizi trasfusionali “possiede il diploma di laurea e chirurgia ed i requisiti previsti dalla normativa vigente per l’accesso alla direzione di struttura complessa nella disciplina di medicina trasfusionale”.

L’attribuzione ad una diversa area e disciplina sortirebbe l’effetto paradossale che alla selezione non avrebbero titolo a partecipare tutti i Colleghi Trasfusionisti che abbiano maturato i requisiti di servizio nella disciplina concorsuale di Medicina Trasfusionale, consentendo per contro l’accesso ai sanitari che hanno maturato servizi nella disciplina di ematologia, anche se non avessero prestato nemmeno un giorno di lavoro in un servizio trasfusionale.

In sintesi: l’A.O.U. Senese ha dato capziosamente un nuovo nome a una struttura organizzativa che è deputata a svolgere le attività trasfusionali aziendali; la selezione pubblica per l’individuazione del responsabile del servizio per legge deve essere quella della Medicina Trasfusionale; al contrario, con la delibera n. 343/2017 si è determinato di richiedere l’indizione della procedura nella diversa disciplina di Ematologia e nella diversa area “Medica e delle Specialità mediche”, diversamente da quanto prevede la legge.

SIMTI e noi medici Trasfusionisti non abbiamo ovviamente nulla contro i Colleghi Ematologi, con i quali proficuamente e quotidianamente collaboriamo nell’esclusivo interesse del servizio reso ai pazienti. Ma non possiamo, proprio per il medesimo principio della tutela dei pazienti, consentire che si confondano le competenze degli ematologi clinici con quelle, specifiche e ben diverse, dei Trasfusionisti, che non a caso la norma individua come i soli titolati ad assumere la responsabilità delle attività trasfusionali in ogni loro aspetto.

Naturalmente, anche in questa occasione SIMTI tutelerà in ogni modo, anche nelle sedi giudiziarie, il diritto di noi Trasfusionisti di partecipare ai concorsi della nostra disciplina, e quello dei pazienti di essere assistiti nelle prestazioni di Medicina Trasfusionale da medici realmente esperti in esse.
 

Pierluigi Berti
Presidente SIMTI (Società Italiana di Medicina Trasfusionale e Immunoematologia)


04 luglio 2017
© Riproduzione riservata

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