Violenza sugli operatori. La responsabilità delle Asl
di Antonia Carlino (Cisl Medici)
20 FEB -
Gentile Direttore,
una delle cifre peculiari della Cisl Medici, è l'impegno per la pari opportunità anche in sanità e la difesa dei diritti delle donne medico, già provate da un accesso tardivo alla professione e da una apicalità, purtroppo disuguale. Ma quando questi diritti sono quotidianamente calpestati, con arrogante pervicacia e le leggi, numerose per la verità, vengono sistematicamente e sfacciatamente eluse in ogni ospedale, Asl, Astt del nord del centro e del sud Italia da Direttori Generali per i quali la parola d'ordine sembra essere quella dei tagli lineari, tanto poi delle risorse umane "chi sene frega", allora vuol dire che la cultura del "senza tutele è meglio "sta prendendo piede tra gli amministratori del SSN.
Occorre intervenire per prosciugare questo brodo di coltura dove si sviluppano le proposte indecenti di accesso lavorativo, a medici specialisti con 10 o più anni di carriera alle spalle, di contratti atipici e false partite iva, dove si sviluppano innumerevoli atti di sfacciato ostacolo della genitorialità che rende spesso utopistica la conciliazione vita lavoro a donne e uomini, sottoposti, per mancato turnover del personale, a veri e propri massacranti turni di lavoro, gestiti con sfrontata superbia fordista e col ricatto di insensati provvedimenti disciplinari, anche per professionisti anziani.
Proprio a questo scopo, ci siamo attivate come Coordinamento Donne della Cisl Medici a intessere una tela di alleanze istituzionali che riporti attenzione alle criticità del SSN .
Pertanto, una delegazione Cisl Medici - formata dalla sottoscritta
Antonia Carlino, Dipartimento Nazionale Politiche di Genere e Welfare,
Marisa Faraca, Cisl Medici Emilia Romagna e
M. Ludovica Genna, Cisl Medici Campania - ha incontrato la Consigliera Nazionale di Parità
Francesca Bagni Cipriani per informarla di quanto accade nel mondo sanitario al fine di farsi promotrice attiva, attraverso gli organismi di parità regionali e provinciali, di una sensibilizzazione nei confronti dei problemi emergenti, spesso discriminatori, che investono le donne medico della sanita pubblica.
Non solo, ma se gli ultimi dati disponibili dell'Inail ci dicono, (2013) che dei 4000 infortuni indennizzabili riferiti a violenza sui luoghi di lavoro, per quanto conosciuti solo come effetto iceberg, più di un terzo si verificano in strutture sanitarie e di essi il 70% interessa le donne, rivelando così una connotazione di genere, vogliamo porre questi eventi sentinella all'attenzione di quegli organismi previsti per legge, atti e preposti alla sorveglianza del benessere organizzativo dei lavoratori e delle lavoratrici.
Mi riferisco ai Comitati Unici di Garanzia CUG presenti nelle aziende sanitarie, laddove istituiti e attivati, in modo sostanziale e non meramente formale come purtroppo succede nella maggior parte di Italia.
Perché i recenti fatti di violenza da terzi nelle sale dei pronto soccorsi di Italia contro medici e altri operatori mentre prestano la loro opera di cura e assistenza, in questi primi mesi del 2017, sono comparsi troppo frequentemente nelle cronache sanitarie.
Fenomeno, purtroppo in ascesa e segno di un malessere diffuso dell'utenza, provata da 9 anni di crisi economica, ma segno di un altrettanto malessere organizzativo, anzi disordine organizzativo di strutture, incapaci di applicare regole primarie e basilari di prevenzione, contenute nelle raccomandazioni del Ministero della Salute già nel 2007.
Perché, non dimentichiamolo, nelle strutture del SSN la relazione di cura non è a due, ma un
ménage a trois, il paziente, l'help - professionista e l'ente sanitario (dis)organizzato, visto spesso come un mostro. Legame in cui i due soggetti fragili sono il paziente che chiede aiuto e il professionista che lo dà, percepito dal paziente come espressione del Mostro - ente (dis)organizzato. Mostro - ente, a capo del quale c'è però un Direttore Generale con nome e cognome, troppo spesso latitante nei suoi obblighi e doveri di sicurezza nei confronti di entrambi.
E' un percorso difficile per certi versi opaco, ma evidenziare e dare consapevolezza del disagio delle donne medico anche a livello istituzionale significa tessere reti e creare ponti per infrangere la rassegnata indifferenza in cui si sviluppano prepotenze organizzate.
E credo che questo compito, come sindacato, ci appartenga.
Antonia Carlino
Responsabile Nazionale Dipartimento Politiche di Genere e Welfare Cisl Medici
20 febbraio 2017
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