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Osteopati. La soluzione? Si laureino in medicina

di Giampaolo de Sena

17 FEB - Gentile direttore,
ho letto gli articoli di Barbero e di Pompili, già pubblicati sul suo giornale a proposito di osteopatia e fisioterapia, vorrei esprimere il mio punto di vista da medico specialista. “Nella vita bisogna fare delle scelte, e quando queste riguardano la salute delle persone occorre essere seri, onesti e preparati”, dice Pompili, io sono d’accordo con lui ed aggiungerei che però sulla salute del cittadino serietà, onestà e preparazione non bastano, servono anche i titoli.
 
Gli osteopati, tramite il manifesto del ROI si autoproclamano “Professionisti Sanitari Indipendenti di primo contatto”, cioè in pratica si occupano di medicina, ed è stato recentemente affermato dalla Presidente del ROI, con una certa imprudenza, che la osteopatia “non si sovrappone a nessuna professione sanitaria esistente”, e aggiunge che l’osteopata “si occupa di disfunzione somatica, che è di competenza esclusivamente osteopatica”.
 
Da Fisiatra, Medico Specialista in Medicina Fisica e Riabilitativa, mi occupo di disfunzione, recupero funzionale e riabilitazione e mi ha formato lo Stato. Lo Stato mi ha fatto andare all’università tutti i giorni per 10 anni, sei per la laurea e quattro per la specializzazione. Lo Stato mi ha fatto studiare giorno e notte, per i concorsi di accesso all’università, per gli esami, per i tirocini, per gli esami di stato, per il concorso di specializzazione, intanto che ero costretto ad alternare lo studio a tirocini, guardie, reperibilità, attività di ambulatorio, attività di reparto.
 
La frequenza di un weekend al mese non mi è stata possibile, c’erano troppe cose da fare e da studiare. Non mi è stato neanche possibile fermarmi al terzo anno di università, ne sarebbero mancati altri sette e non era possibile. Lo Stato è spietato, se vuoi fare il “professionista sanitario indipendente di primo contatto”, queste sono le regole.
 
Oggi assisto ad un aspro dibattito su chi debba avere l’esclusività della osteopatia, se l’Osteopata, privo di titoli di professione sanitaria, o se il Fisioterapista laureato triennale, “specializzato in osteopatia” e non abilitato alla professione medica. Ognuno porta acqua al suo mulino, in gioco c’è l’esercizio della medicina (seppure non convenzionale) che, come abbiamo visto, è una professione alla quale è molto difficile essere abilitati.
 
Non passa giorno della mia attività professionale che un mio paziente non mi dica “sono stato già visitato dall’osteopata”, “l’osteopata mi ha detto”, “l’osteopata mi ha fatto”. Frequentemente mi dicono anche: “un suo collega mi ha mandato da Lei perché ho bisogno di un buon osteopata” e quando rispondo “veramente io sono fisiatra” la risposta è sempre la stessa: “perché, non è la stessa cosa?”. Questo la dice lunga su quando oggi si sia capito, sia dai medici che dai pazienti, sul termine “osteopata”.
 
Manipolare una sutura cranica per una cefalea, normalizzare un rene per un disturbo digestivo, utilizzare il respiro cranio sacrale come risorsa diagnostica, sono cose da medioevo della medicina. E la presa in carico diretta, di 10 milioni di italiani, fonte ROI, da parte di personale non titolato e con strumenti non convenzionali, è una situazione inaccettabile, incivile nonché contraddittoria di un SSN che si spende nell’assicurarsi che al tempo stesso i suoi medici siano in regola con gli ECM!
 
 
Nel 2017 il primo che non approverebbe l’esercizio di questa osteopatia, sarebbe proprio il suo fondatore, A.T. Still medico, che duro e rigido come era si rivolterebbe nella tomba nel sapere che suoi seguaci non sono laureati in medicina. Proprio lui che è stato un innovatore, che per primo ha descritto la disfunzione somatica come conseguenza di malattie che non capiva, proprio lui che si disperava di non sapere cosa c’era nel sangue, come funzionassero i reni, da cosa fosse dipesa la meningite che causò la morte dei suoi figli. Proprio lui sarebbe il primo a dire che la Osteopatia era e deve rimanere medicina, esattamente come hanno detto i suoi diretti successori osteopati americani, oggi medici al pari di tutti i medici del mondo.
 
L’osteopata Italiano guarda il dito perché non ha occhi per vedere la luna, pensa alla disfunzione ma non ne approfondisce la causa, perché non valorizza gli aspetti fisiopatologici alla base della medicina clinica. Ma non se ne preoccupa perché vede risultati ogni giorno nel suo studio, gli stessi risultati clinici che vedeva ogni giorno, nella America del 1800, il medico fondatore della osteopatia.
 
Se si “manipola il cranio” per una cefalea, è molto probabile che la cefalea migliori, così come se si “manipola un sacro” è molto probabile che la lombalgia migliori, ma certamente il motivo non sono le suture craniche in disfunzione o il movimento non armonico delle meningi. Il paziente sarà anche contento, ma non sa che molte di quelle manipolazioni sono inutili, o fatte nel momento sbagliato, o insufficienti per il reale problema lamentato.
 
La medicina moderna è andata troppo avanti per avere ancora bisogno di alternative pensate nei secoli passati e dispiace che una proposta normativa in tal senso venga proposta da istituzioni poste a garanzia dell’appropriatezza degli interventi sanitari nel paese. Dare la patente dell’esercizio della medicina osteopatica a chi non ha la patente dell’esercizio della medicina allopatica, equivarrebbe affidare il servizio di taxi a chi non conosce il vigente codice della strada.
 
Che poi sia la Organizzazione Mondiale della Sanità a volere tutto questo, come sostiene qualcuno, mi sembra vero quanto è vero che i vaccini sono una mera copertura degli interessi delle multinazionali.
La osteopatia funziona perché la terapia manuale funziona, è dimostrato, e pertanto non abbiamo bisogno di ricorrere ad un sistema diagnostico-terapeutico del 1800 per avere il bene del nostro paziente . Non ci sono ragioni valide per una cosa del genere, tantomeno per i fisioterapisti che già sono professionisti della terapia manuale.
 
No, non c’è niente da fare, non posso essere d’accordo con Barbero che l’osteopatia sia una specializzazione del fisioterapista e del medico, ringrazio Barbero per la concessione fatta a noi medici, ma per quanto mi riguarda la osteopatia, professione medica di medicina non convenzionale, non rientra tra le mansioni del fisioterapista, che inoltre, al pari degli altri osteopati, non è legittimato da nessuna evidenza scientifica a riposizionare reni, suture craniche e riarmonizzare movimenti meningei e quindi passibile delle stesse critiche che egli stesso muove contro osteopatia ed osteopati.
Quindi, suggerirei che se, come mi auguro, il riconoscimento della osteopatia fosse stralciata da questo DDL, gli osteopati che volessero continuare ad essere “professionisti sanitari indipendenti di primo contatto, con un interesse primario per la disfunzione”, avranno sempre la possibilità, come dice Pompili, di aumentare le loro conoscenze ed il proprio sapere e quindi, in emulazione del fondatore della Osteopatia, di laurearsi in Medicina.
 
E magari, perché no, di specializzarsi in Fisiatria, che se si è interessati alla “disfunzione” è una gran bella specialità medica, pensata, voluta e disciplinata dallo Stato. Sono sicuro che questo percorso, lungo e faticoso ma non impossibile, li porterebbe lontani da dogmi che trovano origine nei secoli passati, per arricchirli di illuminanti conoscenze su materie mediche delle quali, ad oggi, gli osteopati si professano, con una certa arroganza e senza i titoli per farlo, “gli esclusivi competenti in Italia”.
 
Giampaolo de Sena
Medico Fisiatra

17 febbraio 2017
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