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Quando a pagare sono gli specializzandi

di Ufficio Presidenza Federspecializzandi

30 MAR - Gentile direttore,
abbiamo letto il recente commento alla vicenda del Policlinico universitario Paolo Giaccone di Palermo e vorremmo illustrare il nostro punto di vista in merito. Due specializzandi sono stati condannati a 5 anni e 4 anni e mezzo di reclusione a seguito dell’errore di trascrizione di un farmaco che, in sovradosaggio, ha cagionato nel 2011 la morte di una paziente.
 
La motivazione della condanna per i due medici in formazione è stata individuata nella “colpa per assunzione”, “quella tipologia di colpa riferita al soggetto che si trova nella fase di completamento della formazione presso una struttura sanitaria e che di fronte ad un paziente accetta di occuparsene, di prenderlo in carico e di trattarlo nella consapevolezza di non avere le cognizioni necessarie per svolgere quella tipologia di attività pur essendo sotto la direzione del tutor”.
 
Lo specializzando quindi, dovrebbe sottrarsi dall’esercizio di attività clinico-assistenziale qualora “consapevole  di non avere le cognizioni necessarie per svolgere quella tipologia di attività”.
Purtroppo il sistema formativo post-lauream vigente nel nostro Paese non è strutturato in modo da rendere possibile questo processo.
 
Innanzitutto è necessario definire come poter accertare che il medico specializzando possieda la suddetta “consapevolezza”.
 
È così semplice discriminare cosa si è in grado di fare e cosa no? E, soprattutto, è giusto che sia lo specializzando a giudicare se stesso?
Questo è il frutto della completa mancanza di una caratterizzazione e standardizzazione del processo di “valutazione” all’interno del sistema formativo post-lauream.
 
Valutare significa, da parte di un tutor o di un docente, accertarsi delle competenze acquisite e successivamente certificarle.
 
Il momento valutativo, importantissimo perché è solo attraverso un’adeguata valutazione che si influenza positivamente e si implementa il processo didattico che vi sta a monte, il più delle volte manca completamente nella formazione dello specializzando e quando presente è parziale, inadeguato e fortemente disomogeneo nelle varie scuole di specializzazione.
 
Si rende poi necessario definire meglio cosa si intende per “condizioni necessarie” a svolgere una determinata attività clinica.
 
Senz’altro si fa riferimento in questo passaggio alle “competenze cliniche” che uno specializzando, durante il suo percorso formativo, deve progressivamente acquisire.
 
Con la parola “competenza” infatti si definisce la capacità di utilizzare nozioni e abilità, precedentemente apprese, al fine di risolvere problematiche cliniche all’interno del proprio contesto professionale.
 
Emerge quindi un’altra enorme lacuna del sistema formativo post-lauream italiano: gli ordinamenti didattici mancano nell’individuare con precisione le competenze da acquisire durante il periodo formativo.
 
Tornando ai fatti giudiziari in questione, la Cassazione ha precisato che lo specializzando in reparto non è “una mera presenza passiva”, né può “essere considerato un mero esecutore d'ordini del tutore anche se non gode di piena autonomia”.
 
Ciò è innegabile, tuttavia è presente proprio nel testo del Decreto Interministeriale n° 68 del 4 febbraio 2015 sul Riordino delle Scuole di Specializzazione, un imprescindibile parallelismo tra la progressiva responsabilità che lo specializzando si assume (e quindi la sua autonomia) e le competenze acquisite.
 
E chiaro, e confermato dal verificarsi di episodi medico-legali come questo, che è urgente un cambio di paradigma nel sistema formativo medico post-lauream italiano: occorre impostare il processo formativo “per competenze”, individuando quindi quali queste debbano essere per ogni scuola di specializzazione, come insegnarle, come valutarle e, in fine, come certificarle.
 
Solo in questo modo lo specializzando (e parimenti il suo tutor) potrà essere ben consapevole di cosa sappia fare e cosa invece debba ancora apprendere e, proporzionalmente a questo, potrà erogare adeguate prestazioni assistenziali e programmare il suo percorso formativo con l’obiettivo di affinare quegli aspetti su cui ancora è carente.
 
Senza voler entrare nel merito della giurisprudenza e della condotta dei soggetti coinvolti, i fatti che si sono verificati dimostrano l’estrema difficoltà dello specializzando a calibrare la sua attività sulla base delle proprie competenze non tanto e non solo per la nota situazione di ricattabilità che si può determinare all’interno delle scuole di specializzazione, ma soprattutto per le enormi lacune del sistema formativo del tutto inidoneo ad individuare, valutare e certificare le competenze acquisite dal medico in formazione e quindi a determinare il suo grado di responsabilità e autonomia.
 
Strutturare un sistema per competenze non è impossibile, come testimoniano numerosi strumenti di valutazione e certificazione abitualmente utilizzati in molti paesi europei.
 
La vicenda del Policlinico Paolo Giaccone propone, infine, riflessioni sulle importanti problematiche gestionali e logistiche di molte strutture in cui la carenza di personale e l’inadeguatezza organizzativa espongono ad enormi rischi di errore e di inefficienza professionale.
Anche in questo caso, in analogia a quanto tacitamente accade in molti altri reparti universitari, ai due specializzandi era affidata la gestione di un day hospital con la presenza sporadica del titolare della struttura, in contravvenzione alle regole di prudenza e norme ordinarie.
 
In relazione ai fatti accaduti, FederSpecializzandi ribadisce quindi la necessità di ripensare il sistema formativo post-lauream, migliorando la definizione delle competenze acquisite dallo specializzando e conseguentemente del suo grado di autonomia e responsabilità, ed auspica in parallelo una più corretta modalità di organizzazione delle strutture da parte delle direzioni ospedaliere e di unità operativa, al momento carente e inadeguata, che, in ultima analisi, rischia soprattutto di compromettere la sicurezza dei pazienti e di portare a pesantissime conseguenze legali per gli anelli più deboli della catena.

Dott.ssa Giulia Bartalucci
Dott. Stefano Guicciardi
Dott.ssa Noemi Bazzanini
Dott.ssa Valentina Ferraro 
Ufficio di Presidenza di FederSpecializzandi

30 marzo 2016
© Riproduzione riservata

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