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Orario di lavoro. Dai sindacati considerazioni ragionevoli ma che in realtà sono inapplicabili

di Gregorio Maldini

06 NOV - Gentile direttore,
vorrei rispondere alla lettera del Dr. Costantino, riguardo il commento del Dr. Remuzzi. Premetto che lavoro negli USA (chirurgo generale ed epatobiliare) dopo avere lavorato anche in Italia (centro trapianti di fegato ed intestino OORR Bergamo). Le considerazioni dei sindacalisti in genere possono essere ragionevoli ma in realtà sono inapplicabili.
 
E' ovvio che a parità di preparazione tecnica un chirurgo od un cardiologo riposato dovrebbero fare meglio il proprio lavoro rispetto a chi è stanco (anche se uno studio canadese su 30000 pazienti sul NEJM non ha dimostrato differenze di outcome). In realtà con 48 ore a settimana di lavoro un medico non riuscirà mai ad acquisire gli skills necessari per affrontare situazioni complesse. Negli USA da quando la formazione dei resident è stata limitata per regolamento a "sole" 80 ore a settimana la qualità del prodotto finale è scaduta drammaticamente (in precedenza il training arrivava a punte di 130 ore).
 
Nel 2015 i neospecialisti americani hanno perso la indipendenza clinica che avevano fino al 2003. La domanda dovrebbe perciò essere posta in termini differenti: il paziente che arriva al pronto soccorso alle 3 del mattino con un aneurisma rotto dovrebbe essere trattato da un medico riposato ma spesso incompetente (il tipico neospecialista all'italiana) o da qualcuno che magari è meno riposato ma con migliaia di interventi alle spalle (durante la mia residency e fellowship ho eseguito in prima persona oltre 2000 interventi come primo operatore includendo trapianti di fegato, Whipple etc)? Se i sindacalisti fossero onesti riconoscerebbero una peculiarità tutta italiana: in un unità operativa di 10/12 medici sono una minima parte sono un grado di affrontare problemi seri che possono capitare in ogni ora del giorno o della notte.
 
Certo in Italia alcune cose non vanno proprio: io facevo trapianti di fegato a 20 euro lordi l'ora. Ad una mia protesta in direzione sanitaria mi fu detto che questo era il compenso stabilito da regole firmate dai sindacati! La soluzione del problema? Insegnare agli specializzandi il proprio lavoro facendoli operare fino al raggiungimento della completa indipendenza clinica. Visto che gli orari americani sono impossibili in Italia si potrebbe applicare il metodo tedesco dove il program director stabilisce quando un medico è pronto.
 
Bisognerebbe abolire una volta per tutte la commistione pubblico privato. Un medico dovrebbe decidere per chi lavorare con una separazione netta delle carriere. Chi lavora nel pubblico dovrebbe essere retribuito per l'attività realmente svolta senza neanche vedere il cartellino di presenza ma gli interventi o prestazioni svolte realmente (la tecnologia in tal senso esiste già). Gli stipendi dovrebbero essere adeguati: chi fa un trapianto di fegato, clippa un aneurisma del tronco basilare, o mette uno stent non può essere retribuito a 20 euro l'ora! Aloha da Honolulu da un medico che lavora oggi solo 55/65 ore a settimana senza il minimo burn out.

 
Gregorio Maldini
Medico

06 novembre 2015
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