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Infermieri e 118. Tra i due litiganti...

di Francesco Biavati

03 NOV - Gentile direttore,
adesso che tutti o quasi hanno parlato, spesso senza avere piena contezza dei fatti, cercherò in queste poche righe di riassumere alcune delle criticità che strumentalmente sono state utilizzate per fomentare il solito, oramai abusato “scontro interprofessionale”.
 
Osservare le reazioni di questi giorni è stato interessante: imprecisioni chirurgiche, qualunquismi stereotipati e pochissimi che si sono veramente chiesti fino in fondo cosa sia accaduto.
 
Chi si è realmente chiesto cosa sia al centro della contestazione? Qual è stato il vero movente di chi ha cercato di far credere che i medici contestassero la mezza fiala di adrenalina sul paziente in shock anafilattico?
 
A tratti caro Direttore, ho anche ritenuto offensivo che si sia pensato che i medici avessero così poca attenzione da voler contestare procedure salvavita per i pazienti. Evidentemente era la cosa più scontata da pensare e solo pochissimi hanno scelto di andare oltre all’apparenza da qualcuno magistralmente proiettata.
 
Tanto per fugare ogni dubbio: i medici dell’emergenza sono scontatamente favorevoli all’esistenza di protocolli infermieristici, lo sono tanto perché hanno a cuore la sopravvivenza dei pazienti quanto perché stimano e sono pienamente consapevoli del ruolo insostituibile dell’infermiere nell’emergenza territoriale.
 
I problemi reali sono molto diversi. Come già anticipato nella lettera ai miei iscritti, tutti i medici sono ben consapevoli dei disposti dell’articolo 10 del d.p.r. 27 marzo 1992: “Il personale infermieristico professionale, nello svolgimento del servizio di emergenza, può essere autorizzato a praticare iniezioni per via endovenosa e fleboclisi, nonché a svolgere le altre attività e manovre atte a salvaguardare le funzioni vitali, previste dai protocolli decisi dal medico responsabile del servizio.”
 
Senza entrare nel dettaglio delle criticità emerse nei singoli documenti, nessuna contestazione è stata sollevata rispetto alla procedure rientranti nell’articolo 10 della legge sopracitata, ci saremmo ben guardarti dal contestare manovre utili e salvavita per il paziente.
 
Ciò che si contesta è piuttosto la procedurazione di atti complessi (e talvolta verrebbe da dire “specialistici” per citare il comma 566) che in alcuni territori, isolatamente, sono stati a nostro giudizio utilizzati più per surrogare la figura medica che per reali bisogni del cittadino. A riprova il fatto che in tanti documenti anche nei casi più critici è assente la previsione di richiedere il supporto del medico dell’emergenza.
 
Concludendo caro Direttore, potremmo anche noi insinuare: chi attacca la professione di chi? È chiaramente una domanda provocatoria ne noi attacchiamo gli infermieri ne loro noi. Piuttosto, tra i due litiganti...Lo scontro interprofessionale non esiste, è il frutto di una strumentalizzazione che probabilmente fa gioco a qualcuno.
 
Sono fiducioso che si potrà, spero a breve, organizzare una seria riflessione interprofessionale dedicata al settore, nel quale medici dell’emergenza, infermieri dell’emergenza e operatori tecnici potranno confrontarsi e rinnovare l’alleanza che ogni giorno utilizzano proficuamente sul territorio.
 
Questo è il primo intervento che potrà evitare la strategica strumentalizzazione di visioni etnocentriche per asservirle all’economicismo più che alla salute dei cittadini.
 
Qualcuno sostiene che se esiste il problema esiste anche la soluzione, siamo certi che questa occasione sarà cruciale per definire un sistema flessibile e lungimirante, adatto a rispondere ai bisogni di salute dei cittadini. Nel frattempo, ai veri fomentatori dello scontro interprofessionale un augurio di buona caccia alle streghe…
 
Francesco Biavati
Presidente Snami Emilia Romagna

03 novembre 2015
© Riproduzione riservata

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