Concorso di Specializzazione 2015: il bene e il fiume
di Daniele Bissacco
01 GIU -
Gentile direttore,
da pochi giorni è uscito, per il secondo anno dalla sua costituzione, il Decreto Ministeriale per il concorso di accesso alle Scuole di Specializzazione di Area Medica, che si terrà a livello nazionale gli ultimi giorni di Luglio. Molte le novità: aumentano in maniera sostanziale il numero di borse, passando dalle 5514 della passata edizione alle 6383 di quest'anno (di cui 354 finanziate da Regioni e Provincie e 29 da Privati); si potranno scegliere massimo 3 tipologie di scuole per cui concorrere (a differenza delle 6 nello scorso concorso), decadendo in maniera automatica dalle restanti graduatorie nel caso si accedesse alla "prima scelta"; gli Atenei, e non i concorrenti, all’atto dell’iscrizione dovranno comunicare al Cineca l’effettivo conseguimento della laurea in Medicina e Chirurgia, la media ponderata e i voti degli esami sostenuti. Si prevedono circa 2500 candidati in più dello scorso anno, per un totale di circa 14000 aspiranti specializzandi, che si distribuiranno su tutto il territorio nazionale.
Per chi come me ha avuto occasione di partecipare allo scorso “Concorsone”, che è stato oggetto di rinvii, ingiustizie e grotteschi errori,
le nuove modifiche introducono una ancora parziale risposta alle problematiche sorte l’anno passato. Le scelte sono state diminuite da 6 a 3 con il modello di prima, seconda e terza scelta, per evitare l’intasamento delle graduatorie finali, ancora sottoposte ad infiniti ripescaggi per l’accavallarsi di numerosi nomi figuranti in più tipologie di scuole; le responsabilità stabilite per gli Atenei riducono sicuramente il rischio di brogli nella compilazione corretta delle domande di partecipazione; il cospicuo aumento delle borse fa ben sperare i nuovi concorrenti.
Tuttavia molti problemi rimangono aperti, come la sicurezza e la sorveglianza delle numerosissime aule parcellizzate su tutta la Penisola, la mancanza di una bibliografia sulla quale prepararsi, le differenze create dal numero di crediti per ogni esame nel calcolo della media ponderata nei diversi Atenei italiani. A questi si aggiungono problematiche meno contingenti ma più strutturali:
il numero di borse è ancora lontano da quello teoricamente stabilito come congruo al fabbisogno di medici specialisti da formare per il triennio accademico 2014/2017 e del fabbisogno di specialisti, sancito dalla Conferenza Stato-Regioni nella seduta del 7 maggio 2015 (7909 per l’anno accademico 2015-2016 e 7967 per quello 2016-2017), senza contare l’aumento spropositato di nuovi ingressi nelle facoltà di Medicina e Chirurgia negli ultimi anni (5000 studenti ammessi “con riserva” dal Tar solo nel 2014, senza contare l’aumento fisiologico) che inevitabilmente aumenteranno le domande per l'ingresso alle specialità, ad oggi unico modo per lavorare nel Ssn.
L’evidente disparità delle Università italiane nella preparazione dei giovani medici gioca un ruolo rilevante nel successivo ingresso alle scuole di specializzazione e gli studenti sono poco informati sul concreto stato delle Facoltà che frequenteranno perché non esistono criteri oggettivi e longitudinali che possano confrontare la diverse Università in termini di preparazione finale, aggiornamento alle nuove scoperte, possibilità di apprendimento, servizi dedicati allo studente (basti pensare che negli indicatori Censis 2014 i criteri metodologici per stilare le graduatorie delle facoltà riguardano principalmente il numero di iscritti in corso ed il tasso di regolarità dei laureati!).
Molte cose sono state dette su questo test e molte se ne diranno i prossimi mesi. A piccoli passi si sta tentando di creare un sistema oggettivo, meritocratico e che risponda alle esigenze del nostro Paese e alla domanda di lavoro dei medici. I passi tuttavia sono troppo piccoli, indecisi, ed ingiustificatamente gravati da continui errori (come gli innumerevoli rinvii di uscita del bando di quest’anno).
Se da un lato si pensa a rendere omogeneo il test, dall’altro si rimane ciechi rispetto allo stato delle università di Medicina in Italia; se da un lato si discute di meritocrazia e giustizia nelle aule, dall’altra non si fanno i conti con il percorso di studi degli studenti di medicina e il loro continuo incremento. C’è un problema di fondo: si vuole rendere nazionale una cosa che, fin dal principio, nazionale non è.
Di traguardi se ne sono raggiunti parecchi negli ultimi anni (si è eliminata buona parte della baronia imperante in alcuni Atenei italiani riguardo l’entrata in specialità), ma si stanno trascurando altre problematiche che, come un fiume in piena, stanno crescendo portando a valle tutti i detriti di un sistema universitario ancora antico e reazionario. Bisogna fare in fretta, senza intoppi, partendo da ciò che si sta costruendo con questo test nazionale, per evitare, come molte volte accade, di lanciare lo stato di emergenza quando gli argini del fiume saranno ormai frantumati.
Daniele Bissacco
Specializzando in Chirurgia Vascolare, Università degli Studi di Milano
Membro della Commissione “Giovani medici e precariato” dell’Ordine dei Medici-chirurghi e degli Odontoiatri di Milano
01 giugno 2015
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