Ma quale riforma della PA senza contratto?
di Rocco Vergine
22 GIU -
Gentile direttore,
in questi giorni ho letto alcuni articoli sul vostro quotidiano nei meriti della riorganizzazione della pubblica amministrazione e di riforma sanitaria.Ma a mio parere con le retribuzioni degli Operatori Sanitari del Comparto della Sanità Pubblica ferme, non pensare di concedere alcun incremento salariale nei prossimi provvedimenti e tenere i Contratti fermi, significa vanificare in partenza ogni tentativo di riforma del sistema dell’assistenza sanitaria.
I lavoratori del comparto Sanità certamente non meritano questo trattamento sia economico che normativo, che va a svilire sempre più il livello qualitativo dei servizi offerti ai cittadini.
La crisi viene fatta pagare, come al solito, ai lavoratori dipendenti ed in particolare a quelli pubblici della Sanità.
Non si è avuto nemmeno un misero scatto retributivo di poche euro lorde,nessun nuovo inquadramento o incentivo e perfino il blocco degli scatti di anzianità.
Da Brunetta in poi, i dipendenti pubblici hanno solamente subito inasprimenti e riduzione dei margini di contrattazione con blocchi economici.
Tutte le professioni sanitarie non mediche del Pubblico Impiego hanno i contratti fermi da un decennio,e non hanno più avuto un adeguamento.
Alcuni valori economici di voci salariali non solo hanno ancora un valore in lire ma sono addirittura antecedenti gli anni ’90.
Il blocco della contrattazione rappresenta un’opportunità mancata per la valorizzazione delle professionalità esistenti in quanto, oltre a non trattare le materie che valorizzano i diversi ruoli (incarichi di coordinamento, posizioni organizzative, prestazioni aggiuntive libera professione e valorizzazione della contrattazione aziendale) non si affrontano alcuni aspetti da migliorare o colmare dal punto di vista normativo come, ad esempio, la sicurezza e salute nei luoghi di lavoro, la valorizzazione del ruolo della formazione specialistica in funzione del ruolo professionale, da garantire in maniera equa a tutti gli operatori, la rivalutazione del lavoro notturno e usurante,l’adeguamento dell’istituto della Pronta Disponibilità e di tutte le indennità professionali previste, oltre al riconoscimento di particolari condizioni di disagio.
Non ci si poteva del resto aspettare di meglio dal governo ma neanche da chi ha avallato le politiche contro i dipendenti pubblici fin qui operate dai Governi succedutesi.
E anche se a partire da maggio 2014 ci sono stati dei tagli al cuneo fiscale con l’intervento sull’IRPEF,questi hanno interessato solo alcune fasce e categorie di lavoratori.
Quest'ultimo intervento intrapreso dal governo non porterà nulla a tutti quei professionisti che superano di poco il reddito previsto per effetto delle indennità dovute per i rischi e i disagi correlati al ruolo.
L'iniziativa del Governo è buona,ma a mio parere,i soldi vanno dati alle categorie e alle persone che negli anni hanno subito i tagli maggiori e a quanti hanno visto nei blocchi del contratto una perdita procapite annua di circa 1400 euro tra scatti di anzianità persi e rivalutazione degli stipendi sul reale costo della vita.
Nella sanità si traduce in una perdita di circa 7000 euro in 5 anni.
A questo punto le forze sociali hanno il dovere d'intervenire sul governo che non da segnali di apertura ma anzi nella riforma della pubblica amministrazione del 13 giugno ci sono solo segnali negativi.
Tutto si può fare ma bisogna partire dal presupposto che
le risorse si possono trovare,e vanno investite in quota parte nel settore sanitario perché questi operatori sono stati i protagonisti che nonostante i contratti bloccati hanno dato il massimo per il cambiamento atteso nella sanità futura.
Senza risorse sarà un ulteriore svilimento e una sconfitta della Sanità.
Rocco Vergine
Coordinatore Infermieristico, Modena
22 giugno 2014
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