Titolo V. Serve una riforma della governance multilevel
di Gianluigi Trianni
13 GIU -
Gentile Direttore,
l’appassionato dibattito qualche tempo fa ospitato da Quotidiano Sanità sulla riforma del Titolo V della Costituzione, mi induce ad esporre di seguito alcune considerazioni. In sintesi la proposta del governo Renzi prevede la redistribuzione della funzione di “governement”, cioè della funzione di emanare leggi, tra Parlamento nazionale e Consigli Regionali. Chi scrive sostanzialmente conviene con tali proposte poiché rispondono alla domanda di cittadini e professionisti di superare le discriminazioni interregionali indotte dalle differenziazioni normative e di accessibilità ai servizi sanitari venutesi a creare in questi anni di “inebriante federalismo”. Conviene anche però con I. Cavicchi ed i Colleghi dirigenti dei sindacati medici sul fatto che un intervento di riforma efficace non possa limitarsi alla modifica del governement ma debba estendersi prioritariamente ai meccanismi di governance, cioè i meccanismi di interazione e regolamentazione “non costituiti da leggi” ma che concorrono a definire il merito delle leggi e a rendere efficace la loro applicazione nell’interesse dei cittadini ed a tutela e del lavoro e della qualificazione dei professionisti dipendenti pubblici.
Nel modificare la governance, nel senso multilivello auspicato da Cavicchi, e ritrovando spazi per l’autonomia professionale dei medici dipendenti pubblici occorre però, a parere dello scrivente non eludere due nodi tanto evidenti quanto sottaciuti:
• L’attuazione della Costituzione non solo come fonte “scontata”(?) di valori ma come primo ed ineludibile vincolo normativo
• Il superamento della dipendenza dal potere politico della professione medica e, inevitabilmente e paritariamente, delle altre professioni della pubblica amministrazione indispensabili ad erogare direttamente ed a supportare l’erogazione di servizi per la salute.
Lo scioglimento dei due nodi è peraltro assolutamente interconnesso.
Il Servizio Sanitario Nazionale è ad oggi centrato su una sorta di “holding pubblica” a dimensione regionale finalizzata alla produzione e committenza di servizi sanitari e sociosanitari e, in tutte le regioni d’Italia, fatte salve la storia e le specificità di ciascuna, “soffre” nel perseguire la sua mission: la attuazione dell’art.32 della Costituzione: “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti … (omissis)”
Il richiamo alla Costituzione, va visto come lo propose P. Calamandrei “La Costituzione contiene in sé un programma politico concordato, diventato legge, che è obbligo realizzare “.
La attuazione della Costituzione, e nello specifico dell’art. 32, nella auspicata riforma “multilevel” della governance, deve essere il criterio primo dell’azione politico-amministrativa degli eletti (termine che preferisco a quello in voga di “politici” poiché richiama la funzione di rappresentanza degli interessi degli elettori e la responsabilità, sia essa praticata o inibita da “condizionamenti” mediatici e materiali, degli elettori nell’eleggerli!), e su tale dimensione va anche valutata sia che si esplichi a livello nazionale sia che si esplichi a livello regionale, (ed anche quando si esplica a livello metropolitano/comunale, poiché i sindaci e le giunte comunali non hanno funzioni di gestione diretta ma di rappresentanza politica degli interessi della polis si e sono quindi i più importanti tra gli stakeholders!).
Si tratta non di contenere la spesa sanitaria ma di garantire a tutti i cittadini la qualità delle cure, peraltro principale elemento di efficienza, cui finalizzare l’ottimizzazione dell’impiego delle risorse umane e materiali pubbliche.
Ciò vale a maggior ragione oggi, nell’epoca dell’evidente fallimento delle politiche neo-liberiste di ”austerity”!
Ma il richiamo alla Costituzione ha anche un’altra dimensione: quello degli articoli 54 “Tutti i cittadini hanno il dovere di essere fedeli alla Repubblica e di osservarne la Costituzione e le leggi. I cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina ed onore, prestando giuramento nei casi stabiliti dalla legge” e 98 “I pubblici impiegati sono al servizio esclusivo della Nazione” (omissis).
Questi due articoli della Costituzione costituiscono il vincolo valoriale e normativo della auspicata autonomia professionale dei medici e delle altre professioni del servizio sanitario nazionale.
La attuazione e la fedeltà alla Costituzione, e nello specifico all’art. 32, è quindi non solo criterio primo dell’azione politica degli eletti ma anche dell’azione professionale e manageriale dei professionisti pubblici dipendenti.
Faccio riferimento ad un rapporto diretto tra attività professionale dei pubblici dipendenti, e quindi dei dipendenti del servizio sanitario pubblico, medici e non, e la Costituzione, che comporta per essi, prima che, ed in sinergia con, gli obblighi deontologici, l’obbligo di adoprarsi per l’attuazione del diritto fondamentale alla salute, non solo nel rispetto delle leggi, ma anche mettendo a disposizione il proprio sapere, la scienza, esercitando quella autonomia professionale, che proprio sul sapere e sulla competenza tecnico scientifica si fonda, senza condizionamenti da interessi “terzi”.
Perché tale rapporto sia pienamente possibile occorre però liberare i medici e gli altri professionisti pubblici dagli attuali “vincoli” “nel conferimento e nella conferma degli incarichi direzionali”, oggi a cascata discendenti dalla nomina diretta dei Direttori Generali da parte dei Presidenti delle Regioni. E’ su questo squilibrio di potere tra “funzione di indirizzo politico degli eletti” (Presidenti delle Regioni in primis) ed autonomia professionale il nodo che occorre sciogliere operando a mio parere su due direttrici, parzialmente alternative:
a. investire gli eletti, oltre che della responsabilità politica cui debbono rendere conto agli elettori ad ogni scadenza di mandato elettorale, di una responsabilità sui risultati di gestione circa gli obbiettivi di salute, di servizio e di bilancio economico della “holding pubblica regionale”, che preveda la sanzione automatica della decadenza dal mandato elettivo in caso di mancato conseguimento dei predetti obbiettivi di gestione, valutati e certificati da organismi “terzi” indipendenti di valutazione. Un modello di responsabilizzazione di questo tipo ma non su tutta la predetta materia è stato introdotta nella legislazione italiana con il Dlgs n. 149 / 2011 Si tratterebbe di ampliare e perfezionare quanto già previsto includendovi gli obbiettivi di salute e di servizio a tutela del diritto fondamentale dalla salute previsto dalla Costituzione, si da trasformare una legislazione che vincola le regioni ai tagli lineari ed i professionisti della salute ad eseguirli pena la loro esclusione dalle progressioni di carriera, in strumento virtuoso di ottimizzazione della spesa per il miglioramento conseguibile della salute dei cittadini.
b. deprivare gli eletti, i Presidenti delle Regioni cioè, della facoltà di nomina dei direttori generali e quindi della responsabilità e del potere di condizionamento dei professionisti generato dal controllo della loro progressione di carriera, affidando:
a. ad organismi autonomi espressione dell’autogoverno delle professioni la gestione dei percorsi di affidamento delle responsabilità direzionali;
b. alle norme ed agli atti di programmazione delle Regioni, assunti con il concorso dei Sindaci ed alle loro forme associative, la funzione di indirizzo politico amministrativo;
c. ad organismi “terzi” ed “indipendenti” la verifica dei risultati e le eventuali correlate decadenze dagli incarichi direzionali a seguito del mancato conseguimento di obbiettivi di salute, di servizio e di bilancio economico, nell’insieme “definibili” Bilancio di Missione.
A completare il quadro di riforma necessaria della governance multilevel del sistema sanitario pubblico non può sottacersi l’esigenza, “last but not least”, di perseguire e diffondere con tenacia il diretto coinvolgimento dei cittadini utenti e delle loro rappresentanze a tutti i livelli, nazionale regionale e metropolitano/comunale. Ma ne parleremo in una prossima occasione.
Gianluigi Trianni
Medico Igienista
Esperto di Politica e Management Sanitario
13 giugno 2014
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