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Ma esiste ancora un Servizio Sanitario Nazionale?

di Giulio Liberatore

27 MAR - Gentile Direttore,
il quesito più volte richiamato nelle discussioni accademiche e politiche sulla sostenibilità del Servizio Sanitario Nazionale, a volte, pare lontano dalla realtà in quelle aree del paese, e non sono poche e tutte meridionali, soggette a duri piani di rientro, blocco del turn over e carenza di personale ed attrezzature. In tanti luoghi di lavoro del nostro Bel Paese, stretto e lungo, il concetto di “ospedale sicuro“ viene spesso assimilato al concetto di vera e propria incolumità personale; basta leggere gli ultimi episodi descritti nella cronaca dei quotidiani.

Ci si chiede come si può parlare, in aree vaste del paese, ridotte in tali condizioni, di problemi quali intensità di cure, competenze infermieristiche, intramoenia come risorsa delle aziende. Problemi di una rilevanza inoppugnabile, ma che rischiano di apparire lontani dalla realtà in un luogo di lavoro dove l’emergenza è il pane quotidiano.

Cosa fare? Chiedere al presidente del Consiglio dei Ministri di sospendere le visite nelle scuole ed intraprendere un viaggio nei PP. SS. delle strutture ospedaliere? Potrebbe essere utile,dal punto di vista mediatico, ma non credo produttivo. Potrebbe essere,forse,più utile chiedere al presidente ed al suo governo quale idea hanno sul futuro del SSN e di dirlo con chiarezza agli operatori del settore e soprattutto ai cittadini. Per quanto ci si sforzi di comprendere, finora non è stata molto chiara l’agenda del governo sui temi della sanità. Si potrebbe riproporre un nuovo patto per la salute tra governo e regioni, di cui si parla sempre,ma la cui conclusione neppure si intravvede? Senza inoltrarci in temi istituzionali, quali la modifica del titolo V della Costituzione, e sulle competenze delle varie amministrazioni,io temo che i tempi sarebbero lunghi,mentre il settore avrebbe bisogno di una scossa immediata, per evitare il collasso.

Su grandi temi come l’accesso alle cure,la programmazione delle competenze e delle necessità future degli specialisti,la riforma delle specializzazioni e la programmazione del numero degli specialisti e, vivaddio, anche della sostenibilità del SSN, forse sarebbe più utile un patto per la salute fra gli operatori del settore ed i cittadini. Un patto fra gentiluomini che costringa la politica a scendere allo scoperto ed a dire con chiarezza all’opinione pubblica quale modello di sanità propone per il prossimo futuro, quali competenze per il pubblico e quale ruolo si propone per il privato. Piccoli, grandi temi che si intravvedono nebulosi in un panorama politico che tende ad auto referenziarsi se non ad auto perpetuarsi.

Potrebbe trattarsi di un sogno? Può darsi…
Ma se, come cita lo slogan renziano, bisogna cambiare verso, ci facessero sapere come.
Il nostro sogno è soltanto quello di immaginare di mantenere,per il futuro,un SSN unico e solidale, dalle Alpi alla Sicilia e non,come abbiamo più volte denunciato, di immaginare, per il futuro, un SSN povero per i poveri .

Giulio Liberatore
Segreteria Nazionale ANAAO ASSOMED


27 marzo 2014
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