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Competenze infermieristiche. Perché la Cabina di regia è un passo indietro

di Marcella Gostinelli

03 FEB - Gentile direttore,
vorrei provare a spiegare  perché io, che sono  infermiera e che avevo gioito alla notizia del 17 gennaio su QS in merito alla decisione di “trovare un accordo” sulla questione delle competenze avanzate, ora non sono  contenta di questo accordo e sono, invece, molto preoccupata. Sono preoccupata perché  la soluzione è banale, pertanto, la Cabina di regia che piace tanto al Dott. Proia, non può essere considerata  la “soluzione rivoluzionaria” che ci si poteva attendere, semmai potrebbe esserne un timido  strumento, volendo essere positivi. 
 
Affermare che la soluzione metodologica della Cabina di regia sia “un obiettivo che fino a pochi mesi fa appariva come un’utopia “è confondente e fuorviante, almeno per me, che credo nelle istituzioni e che vorrei continuare a crederci  e che credo che chi sta lì, dove si sceglie e si decide,  sia li per merito e per interessi di comunità, professionale,  civile e soprattutto perché sia “illuminato”.
 
L’affermazione è  confondente, per quelli incantati come me, perché , espresso cosi, fa capire quanto poco ambizioso invece  sia l’obiettivo della politica,  nei rapporti tra le professioni, con le singole  professioni e con le persone sane e/o malate, rispetto alle aspettative opportune  di transizione culturale delle professioni, portate  dalla comunità e dalla sua domanda.

Fuorviante perché,  evidentemente ,chi decide, chi conta, trovando queste soluzioni e definendole  con tanto  entusiasmo come rivoluzionari, sposta l’attenzione dai  veri problemi, confonde le idee a chi non le ha chiare già, perché questi crederà o continuerà a credere  che il problema sia stato  banalmente il mettere tutti dentro un contenitore e  mortifica  invece chi le idee le ha già chiare sul problema e vorrebbe cambiare davvero,  ma capisce che il cambiamento non avverrà da chi invece, per dovere istituzionale (Ministero, sindacato, Regioni, ordini, Collegi), dovrebbe promuoverlo, perché il primo a sentirne la necessità.
 
Dalle osservazioni  fatte dall’intersindacale, infatti,  i motivi per i quali i medici hanno detto no all’accordo, i linguaggi utilizzati, ci informano che il problema è altro dallo stare fittiziamente  insieme ed è  riconducibile al pilastro culturale e cognitivo  di una istituzione, pilastro che, mi insegna il Dott. Polillo,  se non livellato prontamente porta a modelli organizzativi, a team multidisciplinari ed a sistemi di cura non interconnessi e quindi lo stesso inadeguati. Leggendo il nuovo documento di accordo non si può onestamente dire che la soluzione della Cabina di regia sia stata perciò rivoluzionaria. I problemi, le osservazioni, le contraddizioni, le molte strade impraticabili e senza uscita che si ponevano nella lettera dell’intersindacale avrebbero richiesto  un impegno progettuale serio, profondo, con obiettivi chiari, a breve e lungo termine, con indicatori, condizioni e criteri precisi. Un progetto duraturo, un progetto per il futuro, un progetto nato con “l’arte lunga” della cura, quella cura che tanto stava a cuore a Ippocrate e con lui tanto più tardi, per farla breve, a Frugoni nel “70, e poi a Cosmacini nel suo Storia della medicina e della sanità nell’Italia contemporanea, e non solo,  e poi a Cavicchi in tutta la sua bibliografia (1979-2013), ma anche alla teorica infermiera  Marie Francoise, Colliere (2001)   nella sua bibliografia “sull’’assistere per aiutare a vivere” e penso anche al collega Duilio Manara, con meno storia, ma con tanta intuizione e attenzione all’arte lunga della cura (D. Manara, 2004) persone e personaggi , tanto per citarne alcuni a me cari, che sembrano sconosciuti alla politica e mi scuso ovviamente con  i più che qui non cito, ma che purtroppo  sono anch’essi sconosciuti alla politica.
 
In quella lettera le motivazioni, le osservazioni , il linguaggio usato, lasciavano un vuoto non soltanto di dominanza, di potere, ma anche di regole, di modi di rapportarsi e d’intendersi,  lo stesso vuoto di rapporto e di intesa  che senti quando il cittadino riferendosi al medico di medicina generale utilizza un linguaggio che nomina il medico in modo impersonale non dicendo  più il “mio dottore” ma “il medico” appunto, segnando una  distanza ed indicando, spesso, il modo in cui viverla: il contenzioso medico legale. Mi riferisco per esempio alle espressioni usate nella lettera dell’intersindacale là dove si dice a proposito delle motivazioni  apportate per rivisitare la bozza di accordo sull’ evoluzione delle competenze: “senza pericolose fughe in avanti che potrebbero avere ricadute negative sulla salute dei cittadini e sulla funzionalità del sistema sanitario”. Se la motivazione della rivisitazione del documento, secondo l’intersindacale, era  “la pericolosità per il cittadino” con un infermiere che acquisisce competenze avanzate ed il danno al sistema sanitario, la soluzione non può essere la cabina di regia e neanche quello che nel nuovo documento è scritto:
 […..] “il ruolo e le responsabilità  diagnostico terapeutiche e riabilitative , sono in capo al medico anche per favorirne l’evoluzione professionale  a livello organizzativo e ordinamentale”, e questo lo sapevamo già, ed anche :” [….] “ medici , infermieri e gli altri professionisti della salute riconoscono e convengono che , ferme restando le responsabilità gestionali , la responsabilità professionale sulle decisioni e gli atti compiuti nell’ambito dei processi di cui sono garanti è personale e posta in capo a colui che tali decisioni ed atti ha assunto e compiuto anche nell’esercizio di competenze avanzate o di tipo specialistico.
 
Allora ci chiediamo: se l’intersindacale, per amore del suo malato, si opponeva e voleva rivisitare la bozza di documento onde evitare” danni” come ha pensato di rimediare a quel pericolo per il suo malato? Con un bell’atteggiamento di medicina difensiva e lavandosene le mani? Dicendo in sostanza all’infermiere ed al mondo: “chi sbaglia paga” , l’intersindacale non ha cambiato idea nel merito delle competenze avanzate degli infermieri e questo mi fa pensare che non abbia cambiato idea neanche sull’infermiere, ma mi fa pensare anche, e questo mi preoccupa di più,  che il medico cosi facendo rinuncia definitivamente anche alla propria vocazione “umanologica”, si capisce che non intenda transitare culturalmente  verso una trasformazione comportamentale di colui che cura . Si è accorto che non può più guarire e rinuncia platealmente ad assumersi tutte le problematiche insite nel concetto di cura e di curante. Lascia il suo malato nelle mani degli infermieri che se sbagliano però pagano. 
 
Gli infermieri cosi detti di linea  che faranno ? Secondo le prospettive indotte da questo documento di accordo molti  continueranno a difendersi ed ad essere penalizzati e sottopagati, pochi faranno carriera e continueranno a fare  scelte inanimate. Alcuni potranno risvegliarsi e coraggiosamente protestare e per prima cosa togliere la tessera sindacale .Piano, piano ,piano però le cose miglioreranno, pensa la politica.
 
A questo punto chiedo ai Collegi e agli Ordini tutti, ad oggi silenziosi: Siete proprio sicuri che i medici e gli infermieri siano tutti d’accordo con il nuovo accordo? Non dite solo si o no, argomentate e fateci capire meglio.
 
Il problema, secondo me, dunque era ed è  “livellare”, togliere sporgenze, ispessimenti, aprire porte e portoni. Ma chi decide sa bene che un problema così impone coraggio, morale, etica, dovere, impegno serietà e scelte “compromettenti“ per l’attuale politica, che evidenzino prima di tutto una trasformazione comportamentale del politico e del suo modo di fare politica.
E allora si capisce perché si ha la necessità di essere cosi tanto, troppo autoreferenziali.
Ma si deve dire che noi, persone, professionisti seri e non personaggi, lo abbiamo capito, possiamo farci poco, ma lo abbiamo capito.
 
Marcella Gostinelli
Infermiera dirigente

03 febbraio 2014
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